Un vecchio vedovo burbero e brontolone e un ragazzino paffuto non particolarmente sveglio che viaggiano a bordo di una casa volante attaccata a centinaia di palloncini, un cane parlante e un cattivo in età geriatrica evidentemente ossessionato dai fallimenti di quando era giovane e famoso. Un trio abbastanza fuori luogo per un film d'animazione ad alto budget rivolto al grande pubblico; d'altronde, come insegnano i pinguini di Madagascar bisogna essere “carini e coccolosi” per attirare le persone, oppure essere degli eroi spavaldi e baldanzosi o delle Principesse da salvare alle prese con pericoli vari ed eventuali.

Poi però c'è la Pixar che di queste regole sostanzialmente se ne sbatte e fa sempre di testa propria perché, diciamocelo, se lo può permettere. Ed ecco che decide di spendere quasi 200 milioni di dollari per un film i cui protagonisti sono proprio i quattro tizi citati nell'esordio del nostro articolo. Roba da mandare in panico gli addetti marketing standard di qualsiasi studio: dove sta il potenziale merchandise da tirar fuori da tutta questa combriccola di personaggi così poco vendibili? Come possono fare gli spettatori a identificarsi con dei character che rifuggono completamente da qualsivoglia idea patinata di fitness? Fortunatamente però, tanto la creatività di un gruppo di artisti, quanto la ricettività del pubblico non sono elementi prevedibili al 100% come molto spesso credono alcune persone che sono finite a lavorare nel settore cinematografico per qualche bizzarra fallacia dei moderni sistemi di assunzione e che vivono fra una proiezione in power point, un grafico a torta, e un istogramma di troppo.

Up, diretto da quello spilungone dinoccolato di Pete Docter, è arrivato al cinema dopo WALL*E di Andrew Stanton, un film che secondo molti era il punto massimo della creatività e della perizia cinematografica dello studio di Emeryville, specie grazie ai folgoranti venti minuti iniziali, tutti giocati sui silenzi dell'esistenza quotidiana del robottino arrugginito su una Terra ormai abbandonata. Ma ai ragazzi della Pixar piace sorprendere il prossimo. E, soprattutto, in maniera analoga ai colleghi nipponici dello Studio Ghibli, affrontano le storie dei loro film con estrema onestà e sincerità, senza nascondersi dietro al dito della facile carineria del racconto fantastico lezioso e ruffiano. Up è un film sulla perdita, sulla morte delle persone care, sulla vita che è sempre pronta a metterti i bastoni fra le ruote fregandosene dei tuoi programmi, dei tuoi sogni. A distanza di tre anni dalla sua uscita, appare quasi tautologico affermare che il prologo del cartoon è denso di un'intima poesia, di una delicatezza dolceamara che colpiscono inaspettatamente duro. Quante volte è capitato di assistere all'inizio di un cartone animato, genere tendenzialmente riconosciuto come l'humus di concetti come “rassicurante e conciliante”, che ci ricorda che siamo destinati a perdere quello cui teniamo, sia essa la compagna di una vita o le aspirazioni d'infanzia? Se nel 2009 siete andati a vedere il lungometraggio al cinema, probabilmente avrete vissuto un'esperienza abbastanza straniante in cui vi siete ritrovati circondati da decine di individui che, proprio come voi, trattenevano a stento dei lacrimoni grossi come un decanter. D'altronde, quando il compianto Steve Jobs presentava, nel gennaio del 2010, le funzionalità del nuovo device della Apple, l'iPad, Up è stato uno dei film scelti per mostrare ai presenti quanto fosse bello vedere un film sullo schermo del tablet. Mentre le immagini dell'ouverture scorrevano sul monitor Jobs affermava con evidente trasporto emotivo che quella era "one of my favourite sequences ever in any movie". Il geniale Jobs era uno che in materia di “ripresa post KO” aveva una certa esperienza. E ad ascoltare le sue parole dalla seconda fila c'erano anche alcuni volti noti della Pixar e della Disney come Bob Iger, CEO della Casa del Topo, Ed Catmull, presidente della Pixar e della Disney Animation, Bob Peterson, co-regista di Up, Lee Unkrich, regista di Toy Story 3 e Pete Docter, regista di Up.

Ma poi, dopo quest'inizio emotivamente devastante e la naturale introduzione del contesto e dei personaggi dello scontroso vedovo Carl Friedericksen e del volenteroso, ma poco “brillante” boyscout Russell, Up decolla verso una delle avventure cinematografiche più emozionanti, divertenti e ben orchestrate che si siano mai viste, in un turbinio di gag e situazioni letteralmente esilaranti frutto della creatività degli spiriti liberi della Pixar.

Dopo la prima distribuzione in home video avvenuta nel 2010, Up torna nuovamente nei negozi grazie alla Walt Disney Studios Home Entertainment. E lo fa con una ricca versione in 3D Triple Play contenente il Blu-Ray, il Blu-Ray 3D e la Disney E-Copy (compatibile anche con MacOs). La pellicola è stata la prima incursione dello studio di Emeryville nella stereoscopia. A livello di fruizione domestica viene riproposta la medesima esperienza della sala cinematografica, ovvero un utilizzo del 3D non ancora pienamente consapevole, anche se ben fatto. Ci spieghiamo. La qualità dell'immagine è sempre molto buona e gli occhialini non vanno ad inficiare la percezione dei dettagli degli ambienti e delle texture, ad eccezione del manto di Dug che tende forse ad apparire un po' troppo omogeneo. A livello di transfer non c'è quindi nulla da eccepire. Quello che salta all'occhio, specie paragonando la stereoscopia di Up a quella di Toy Story 3 – La Grande Fuga o Cars 2, è la non piena gestione della spazialità, dell'immersività data dai giochi nello sfruttamento del parallasse. Sia ben chiaro, l'effetto tridimensionale c'è e si vede tanto nella percezione della dimensionalità dei personaggi – in tal senso è abbastanza sconvolgente constatare come gli occhi di Carl siano effettivamente dietro le lenti degli occhiali – quanto in alcuni passaggi aerei, ma la sensazione globale è decisamente più acerba rispetto ai film Pixar arrivati nei due anni successivi (e la visione del trailer in 3D di Ribelle – The Brave inserito negli extra del disco fa presagire grandi cose anche per la pellicola di Mark Andews).

Il mix sonoro in DTS 5.1 è sconvolgente tanto nella resa della colonna sonora di Michael Giacchino, giustamente premiata con l'Oscar, quanto degli effetti sonori. A colpire, per la precisione della resa ambientale, sono i passaggi in cui la casa di Carl viaggia nel cielo con i vari scricchiolii del legno che arriveranno alle nostre orecchie grazie ai satelliti del surround.

Gli extra presenti sono i medesimi proposti nel disco 1 dell'edizione in doppio Blu-Ray arrivata nei negozi nel 2010:

 

  • Il corto Parzialmente nuvoloso (Partly Cloudy), diretto da Peter Sohn

  • Il corto La Missione Speciale di Dug che ci racconterà come il buffo cane si è imbattuto in Carl e Russell

  • L'avventura è qua fuori (22'17''). Il viaggio in Venezuela effettuato da Pete Docter e i suoi collaboratori per studiare le montagne Tepui che hanno fornito lo sfondo ambientale per le cascate Paradiso

  • Scena Alternativa. I Molteplici finali di Muntz (4'56''). Un approndimento dedicato al villain, specie agli studi fatti per la sua dipartita nel film.

 

CONCLUSIONI

Il Blu-Ray 3D di Up propone un transfer di ottimo livello che, tutt'al più, risente di una consapevolezza non ancora del tutto approfondita della stereoscopia. Il numero di extra proposti è inferiore rispetto all'edizione in doppio disco uscita nel 2010, un vero peccato considerato che al plus costituito dalla versione 3D della pellicola da fa contraltare una minor possibilità di esplorazione virtuale del dietro le quinte di questo acclamato capolavoro Pixar.