Male alle mani
Arrivati quasi in chiusura dopo una serie lunga di film sotto le aspettative, brutti, deludenti e senza senso, in un’edizione tra le più povere degli ultimi anni, la determinazione con la quale il pubblico delle proiezioni stampa continua ad applaudire sia alla fine di ogni film che all’inizio, quando compare il logo del festival, è urticante. Sa di consenso.

La proiezione a sorpresa
Terribile “sorpresa” del festival che sparge la voce di una proiezione aggiunta in extremis, senza rivelare di cosa, per attirare quanto più pubblico possibile. Arrivati alle 22.30 nella sala convenuta si scopre che non si tratta di un film ma di 60 minuti di immagini (trailer o scene) di film che devono uscire, la maggior parte delle quali già viste in rete (con la nobile eccezione dei nuovi film di Wong Kar Wai e Nicholas Winding Refn). Dal trailer di Brave a quello di Frankenweenie, più altro materiale francese, tutto ampiamente introdotto dal presidente del festival Thierry Fremaux, tutto in francese senza traduzione in inglese.
Fosse capitata in un festival italiano, una cosa del genere avrebbe generato gli strali della stampa unificata. Qui, niente.

La festa dell’unité
Si è svolto oggi il rituale pranzo con la stampa, un evento offerto dal festival nel quale ai giornalisti che richiedono l’invito viene offerto un pranzo in un castello tradizionale di Cannes vecchia. La location è molto carina, costellata di gente del luogo vestita in abito tradizionale e tutto è organizzato in lunghe tavolate comuni in uno stile tra sagra paesana e festa dell’Unità.
In fondo, gran patron di tutto (per quest’anno), siedeva Nanni Moretti con il suo tavolo della giuria a cui stava anche Ewan McGregor con panama bianco. Non è stato possibile vedere se al tavolone comune a mangiare uova, baccalà, fagiolini e patate (questo il menù) ci fosse anche il giurato Jean Paul Gaultier.

Il noto umorismo francese
Si è chiusa la Quinzaine con il film Camille Rewinds, praticamente un Peggy Sue si è sposata francese (la trama è identica all’80%), diretto con il piglio delle commedie italiane di medio livello. Non particolarmente divertente ma il pubblico in sala moriva dal ridere al solo vedere Mathieu Amalric con un parrucchino.