Come fa un regista che non ha esperienza con il cinema d’azione a dirigere il quarto episodio di una saga che ha ridefinito l’action statunitense?
Come può un attore che fino a 4 anni fa era sconosciuto e ora sta in tutti i principali franchise hollywoodiani prendere il posto del protagonista dei 3 film precedenti?
E infine: che centra Edward Norton con i capelli bianchi in un film di spionaggio e perchè dice di non essere il villain?
Con questi dubbi in testa riguardo The Bourne Legacy, il quarto episodio della saga di Jason Bourne (il primo senza il protagonista, l’attore che lo interpreta e il regista che l’ha reso famoso) ci siamo approcciati alla conferenza e poi alle interviste agli attori e al regista del film.

 

La trama, l’abbiamo capito dal numero di volte in cui è stato ripetuto, sarà una grossa novità e avrà a che vedere solo tangenzialmente con gli altri tre film. Non un prequel, non un sequel ma un film che prende gli eventi che conosciamo e ne amplifica la portata a partire da quella frase usata come tagline: “Jason Bourne non era l’unico”. Non a caso i primi 15 minuti di The Bourne Legacy si sovrappongono temporalmente agli ultimi 15 di The Bourne Ultimatum ma da un altro punto di vista.
L’idea è di Tony Gilroy che gli altri film li ha scritti e che questo quarto lo dirige anche. Le riprese del film sono state completate solo qualche giorno fa e l’uscita è prevista per il 14 Settembre. Nelle sue parole la trama è questa:

Jason Bourne faceva parte del programma Treadstone della Cia ma era solo uno di tanti. Edward Norton è la mente che coordina tutti i diversi programmi, uno dei qualli è quello del nuovo protagonista, Aaron Cross, il programma Outcome. Il personaggio di Edward Norton ora si è creato una nicchia a Washington DC, all'incrocio tra governo, spionaggio e industria e da tempo ha abbandonato il vecchio lavoro.

Il programma di Cross è quello degli assassini, quindi è un osso duro come quelli del programma Treadstone ma molto più sociale, curioso, adatto al mondo e quindi più aggressivo nella sua intelligenza, questo lo rende più efficace ma ha delle controindicazioni davvero uniche.

Una volta tanto, visto che le notizie le sanno tutti, il racconto della genesi del film è onesto. Gilroy non doveva saperne nulla e Jeremy Renner non era la prima scelta, lo racconta sempre il regista.

 

Avevo finito lo script per The Bourne Ultimatum ancora prima di iniziare Michael Clayton, tanto tempo fa. Non era più una parte della mia vita anche se sapevo che in un certo senso sarebbe andato avanti. Lo studio non sapeva bene come poter proseguire con un personaggio il cui arco narrativo era così ben chiuso e alla fine anche il team originale (tra cui Greengrass e Matt Damon) ha deciso di abbandonare il progetto. A quel punto sono stato chiamato io per un meeting informale nel quale ho buttato giù l’idea base di questo quarto film, come collegarlo agli altri. Ed è piaciuta molto. Non fare reboot nè prequel ma espandere la portata della storia. Ci abbiamo messo un po'a trovare un personaggio che valesse questo film e quando ho dato vita ad Aaron Cross ho capito che ci voleva anche per lui un problema simile alla memoria di Bourne, lì mi sono eccitato davvero e ho deciso di dirigerlo.

Abbiamo cercato molto un attore per interpretarlo, ne abbiamo provinati molti e Jeremy non era previsto, perchè proprio non era disponibile. Poi quando abbiamo capito che forse poteva essere disponibile, l’abbiamo raggiunto dicendogli: "Dicci che non sei stanco perchè ora ti apriremo il culo".

Non era la prima scelta ma si è fatto in quattro davvero anche perchè il tono della serie Bourne è rimasto lo stesso, anche a dire di Renner:

 

Io non interpreto eroi, non lo so fare, quello che faccio è rendere i miei personaggi onesti. Quello che so è che questo film ha una grande intelligenza oltre alla sua azione.

Gilroy lo spiega meglio

 

Ogni serie ha delle sue caratteristiche, in Bourne è l’assenza di cinismo. Non c'è merchandise, strizzatine d'occhio o ironia, è tutto molto onesto e dotato d'integrità.

Ma come può un regista non d’azione dirigere un film che ha nell’azione il suo fulcro?

 

Questi film sono come musical in cui le canzoni sono le scene d'azione. E quando un musical funziona la musica guida la storia, stessa cosa qui. Io ne ho scritti molti di film d'azione e ho partecipato anche a molte riprese a partire da Rapimento e riscatto di Taylor Hackford, la mia guida.

Ad ogni modo qui serviva di più e mi sono fatto aiutare dal regista di seconda unità di tutta la saga, quello che in ogni film di Bourne si è occupato delle scene d’azione, Dan Bradley, lui è il Michelangelo delle scene d'azione. Mi sono subito incontrato con lui e gli ho detto che la cattiva notizia era che non sarebbe stato il suo show ma la buona era che avremmo lavorato insieme e io l’avrei sempre citato come faccio ora.

Già sapevamo un anno e mezzo prima di iniziare come sarebbe stata l'azione in termini di stile, tutto dev'essere reale, il dolore fa male, la gravità è reale e le cose si rompono. Non ricorriamo a molte soluzioni abusate, non facciamo mai soggettive, non seguiamo il missile che parte dal drone, non seguiamo con mille camere un’esplosione, tutto viene dal personaggio cerchiamo di essere fedeli al suo punto di vista. E anche quando usiamo la CG tutto è pianificato visivamente come se fosse possibile per una camera fare quelle inquadrature.

Quindi anche l’inseguimento in moto l’ha girato lei?

 

L'inseguimento in motocicletta è stato difficilissimo, io adoro quello di Terminator 2 e so che ce ne sarà uno anche nel prossimo film di James Bond anche se non so di che tipo. Buona fortuna a loro e sono contento che esca prima il nostro film!

Curiosamente Jeremy Renner ha raccontato un’altra versione dei fatti:

 

Quando si tratta delle scene azione Tony è il primo a dirti di non essere un regista d'azione e sta imparando da Dan Bradley. Quindi quando c’erano scene di lotta o inseguimenti c'era sempre Dan, e solo se la scena d’azione prevedeva dello storytelling Tony interveniva pensatemente, altrimenti era dietro a supervisionare.

 

A proposito dell’azione è vero che ha fatto quasi tutti gli stunt da solo?

 

Almeno il 90%, di certo mai quando in macchina o accanto a me ci sono altri attori, non voglio queste responsabilità.

Ma perchè? Una volta gli attori non facevano quasi mai gli stunt (tranne alcuni noti per questa caratteristica) ora invece sempre di più si tende a rifiutare la controfigura.

 

A me piace, è divertente. Sono stato un atleta e ne sono capace. Inoltre è meglio sia per il regista che lo sceneggiatore che per il pubblico. Non si deve evitare di inquadrare la faccia dell’attore e il pubblico crede di più a quel che vede. Inoltre in un film come Bourne non puoi simulare l’azione devi imparare a fare tutto ciò che fai e ci vuole molto molto tempo.

Questa filosofia me l’ha insegnata Tom Cruise, anch’egli abituato a non usare controfigure, sul set di Mission: Impossible. Era il mio primo film d'azione e ho imparato molto, Tom diceva: "In tanti sport ci sono misure di sicurezze per evitare di farsi male, qui invece devi essere un atleta abituato a rischiare di farti male". Dunque quel che facevo era prepararmi a ripetere ad oltranza qualcosa di pericoloso senza farmi male, per rendere tutto più autentico.

E’ della partita anche Edward Norton chiaramente, sulla carta villain della storia, ma nelle sue parole assolutamente no.

 

Nello script che Tony ci ha dato era chiaro che ogni personaggio era ugualmente venuto a patti con quel che deve fare per poterlo fare. Si tratta di persone che fanno brutte cose in nome di un bene superiore e mi sembra interessante perchè molto del male che vediamo nel mondo esiste perchè la gente pensa di fare il male per un bene superiore, queste razionallizzazioni sono parte della cultura in cui viviamo oggi. Una volta al mese gli USA sparano un missile su qualcuno in paesi con cui abbiamo poca confidenza tipo Yemen. Ci sono stanze in cui persone prendono queste decisioni, incluso il presidente. Voglio dire, sparare ad un cittadino americano nello Yemen, quando nemmeno sei in guerra, va contro tutte le nostre regole, viola al meno 5 principi a cui dovremmo attenerci e c'è sempre qualcuno in una stanza che giustificare l’atto. Non c'è dubbio che quello che raccontiamo nel film accada anche con una certa regolarità.

Ma perchè i capelli bianchi?

 

C’è questo politico in America, Rahm Emanuel, ora è sindaco di Chicago ma prima era il capo dello staff di Obama, quando ha iniziato a lavorare alla Casa Bianca nel 2008 era giovane e con capelli neri. In soli due anni però i capelli gli sono diventati tutti bianchi. Quando parlavo del mio personaggio con Tony pensavo spesso a queste persone giovani con grandi responsabilità, lui tra l’altro è come me, un magrolino che è noto per essere tosto, così ho pensato di ispirarmi a lui e l’idea dei capelli bianchi su una persona giovane è subito piaciuta anche a Tony.