Doveva uscire direttamente in DVD e Blu Ray e invece è passato al cinema con un successo (viste le previsioni) incredibile, e un paio di repliche (nelle città più grandi), nonostante fosse un prodotto pensato in due parti per la HBO e quindi (se visto tutto insieme) della durata di più di 4 ore. Ora finalmente arriva in Home Video in due versioni splendide per resa e packaging.
 

 

Siamo dalle parti del capolavoro. Dei film girati dal regista italoamericano negli ultimi 4 anni (momento nel quale ha cominciato a lavorare al doc) Living in the material world è nettamente il migliore, il più compiuto e il più scorsesiano pur non avendo a che vedere con una storia di finzione.
La trattazione è semplice: vita di George Harrison letta dall’inizio alla fine, dalla nascita alla morte, seguendo gli eventi in ordine cronologico e lasciando che siano i protagonisti a commentarli tramite materiale di repertorio e apposite interviste, come nel più ordinario dei documentari biografici. Eppure sotto la lente di Scorsese questa biografia diventa una parabola sui temi cari al regista. La spiritualità, il cambiamento, la possibilità per un uomo di aspirare a qualcosa di superiore dei beni materiali (che ad un certo punto della sua vita Harrison aveva in quantità superiori a qualunque altro essere umano) senza necessariamente passare per una religione codificata ma agendo dalle parti dello spiritualismo. Insomma una parabola non diversa a quella dell’autore stesso che in gioventù stava per farsi prete e invece scelse di diventare regista, senza però cambiare interessi.
“Era chiaro che non potevamo trascurare la fase con i Beatles, ma dovevamo liberarcene il prima possibile” così Scorsese spiega il modo particolare con il quale il suo documentario è pieno di musica pur non avendo strettamente a che vedere con essa. Per quasi metà si parla di Ringo, Paul e John ma essi non sono mai il cuore di questa storia, perchè, lo si capisce andando avanti, da un certo momento in poi anche se li vedeva tutti i giorni non erano il centro della vita di George.

Come già in No direction home (al cui centro era Bob Dylan), la forma del documentario diventa un modo per raccontare quelle storie che sembrano aderire di più agli ideali dei personaggi delle trame di finzione. Le interviste, le mille incredibili immagini fotografiche e i video amatoriali (tutto è partito perchè l’ultima moglie di Harrison si è presentata da Scorsese offrendosi di aprire il proprio archivio di famiglia), le amicizie meno note con i Monty Python o con i molti piloti di Formula 1 britannici ma anche i passaggi più noti, come la spiritualità indiana o le diatribe amorose con Eric Clapton, diventano momenti di un percorso che guardato con gli occhi di Scorsese è incredibilmente lineare nella sua complessità, perchè dotato di quella cosa che una vita di suo non ha, una chiave di lettura.

“Se George avesse potuto scegliere tra avere molte vite diverse o farle convergere tutte in una sola avrebbe scelto la seconda” è una delle frasi che meglio rendono il senso di questo splendido doc che arriva in Italia in una doppia versione.
Da una parte Feltrinelli ha editato come suo solito il DVD assieme ad un libricino scritto da Federico Pontiggia per l’occasione (“All things must pass”), dall’altra Koch Media ha invece portato sugli scaffali un Blu Ray in cui la traduzione in alta definizione del materiale d’epoca ma soprattutto la resa delle molte foto (su cui troneggia quella, bellissima, che fa da locandina) è impressionante.
In entrambi i casi gli extra sono molto risicati, tre filmati non entrati nel montaggio finale da circa due/tre minuti l’uno, eppure di assoluto valore individuale.