In seguito a un articolo pubblicato su BadTaste al momento della chiusura della catena BlockBuster in Italia Roberto Guerrazzi, presidente dell’associazione Univideo, ci ha contattato per correggere delle informazioni sulle quali non era d'accordo, specie quelle riguardanti l’associazione da lui presieduta.

A tale scopo gli abbiamo offerto la possibilità di replicare attraverso un’intervista sui temi della situazione del mercato Home Video in Italia.

Ci ha contattato per un articolo nel quale dicevamo che il videonoleggio va scomparendo, perchè non era daccordo. Eppure andando a vedere l’ultimo rapporto sul sito di Univideo si legge che le cifre sono in costante e inesorabile calo. Quest’anno il 16% per il noleggio e il 17% per la vendita, mentre solo un paio d’anni fa almeno la vendita si salvava ed era il noleggio a tirare giù tutto. Non è così?
No, non ho detto proprio questo. Il noleggio è effettivamente in calo, non lo nego, ma questo non significa che sia morto. Significa che è diverso.
A fronte di 1.400 videoteche (una volte erano 3.000) la chiusura della catena di vendita e noleggio BlockBuster (200 punti sul territorio) è stato un evento molto importante e l’industria lo ha sentito, però non significa la morte. Il calo del settore potrà proseguire o meno, non lo sappiamo, noi lavoriamo per fare il nostro lavoro al meglio possibile con offerte che riguardano il fisico e il digitale. E in questo modo il noleggio è vivo.
Ad esempio la chiusura di BlockBuster ha consentito a punti vendita più traballanti di incrementare le vendite. Non vediamo la morte, quanto meno non in tempi brevi.

Crede che nei prossimi anni questi numeri che parlano di un calo nel noleggio o nella vendita si invertiranno?
Il calo da un anno a mezzo è dovuto anche alla crisi. Le aziende che lavorano in questo settore si sono ridimensionate e sono pronte ad affrontare un momento non espansivo del settore. Però è un settore che ha ancora molti consumatori. Beato chi può dire che 75 o 100 milioni di fatturato di solo noleggio non sono niente! Per come andiamo secondo me è molto! Se poi consideriamo tutto il comparto (vendita, noleggio, e-commerce e abbinamenti editoriali) vediamo che
è solo del 20% sotto agli incassi delle sale.
Vediamo anche l’iniziativa Ultraviolet che effetti avrà, al momento lo stanno sperimentando negli USA appoggiandolo al fisico. E non è un caso. Vedremo quale sarà il metodo di commercializzazione migliore.

Sempre nel rapporto c’è anche una voce ecommerce ma con mio stupore non identifica la vendita di file quanto la vendita di DVD o Blu Ray attraverso internet. Non rilevate la vendita o il noleggio di file?
Il monitoraggio lo fa GFK e l’ha fatto solo sul fisico. La ricerca è molto dettagliata e su un campione molto esteso. Abbiamo chiesto se fosse possibile avere dati sull’online ma per il momento su questo non sono in grado di dirci granchè, solo dati sommari. Dunque siamo interessati ma al momento abbiamo una carenza di dati, anche perchè solo nell’ultimo anno il commercio di file audiovisivi in rete si è sviluppato, anche per problemi di diffusione banda larga che significava problemi di tempo di sicurezza che di qualità.

Ma la banda larga non c’era anche per la pirateria che invece è sempre andata bene….
Perchè l’industria quando si muove ha dei requisiti di sicurezza, qualità e redditività, deve curare più aspetti e non ultimo era ed è molto spaventata dalla concorrenza (sleale) della pirateria, un fattore ha creato diffidenza. E’ come se anni fa nel settore del fisico avessimo avuto pirateria dilagante nei medesimi negozi di CD o Videocassette in cui si vendevano i supporti legali.

Gli utenti al momento non trovano l’offerta audiovisiva online di buon livello.
Non si può fare di tutta un’erba un fascio. L’offerta non è tutta identica per qualità, così come non lo sono i servizi dei negozi. Più l’offerta si espande più i consumatori faranno le loro scelte e si può solo che migliorare. Per quanto riguarda il prezzo, è dovuto a vari operatori tra cui i provider, non solo dai fornitori di contenuti.

In America hanno la medesima catena distributiva ma i prezzi sono migliori.
Sì ma è un altro paese anche il fisico ha un prezzo migliore lì. E questi paragoni sono fuorvianti. I prezzi sono l’incontro tra domanda e offerta e in questo momento il mercato è così. Certo se i consumatori sia del fisico che del digitale vengono dallo scarico gratuito troveranno qualsiasi prezzo troppo caro in entrambi i segmenti.

Ma la pirateria ha proprio una velocità e una qualità maggiore e i consumatori si attenderebbero da ciò che pagano una qualità e un servizio migliore.
Sulla qualità audio/video ho risposto precedentemente. Se i “pirati” – che sono spesso individui o organizzazioni molto abili e attrezzati – riescono a offrire una copia tecnicamente valida io non posso che prenderne atto (non posso certo complimentarmi). Il paragone che fa è però sbagliato perchè se rubo una macchina, non ho la pretesa che quella che compro debba essere migliore.

Anche il suo paragone è sbagliato però. Sarebbe più corretto dire “Se trovo auto liberamente in giro pretendo che quelle che pago siano migliori”
La libertà di offrire contenuti tutelati senza averne il diritto andrebbe combattuta e quella
di scaricarli liberamente andrebbe limitata, poiché viola dei diritti altrui. Sono d’accordo
sull’importanza dell’educazione al rispetto della proprietà intellettuale ma c’è stata invece
sull’argomento una controinformazione, parzialmente pilotata speculando sul sacrosanto
diritto alla libertà di espressione e alla privacy sulla rete.

Però intanto il malcontento sposta il consumatore sull’illegale.
Si, c’è questo rischio ma la concorrenza sleale dell’offerta illegale non può essere un
condizionamento assoluto del mercato legittimo. Ecco perché andrebbe attuata una più efficace tutela dell’offerta legittima e contrastata quella illegittima. Il settore della musica che per caratteristiche tecniche ha affrontato tutto questo prima dell’audiovisivo non è a mio avviso uscito totalmente rafforzato dall’arrivo e dallo sviluppo dell’offerta legale, pur di grande successo, online, e si confronta tuttora con la pirateria.

No, ma è certo che non si faranno mai più i soldi che si facevano prima, perchè tutto è cambiato anche intorno a questo mercato. Ad esempio in America ci sono soluzioni come Netflix.
Guardi, la musica ce l’ha fatta, arriverà anche il cinema. Bisogna però limitare, se non
eliminare, la pirateria perchè è una delle causa della scarsa espansione.

Si potrebbe anche dire il contrario però, cioè che la pirateria è la causa dell’espansione di un’offerta legale che altrimenti l’industria non avrebbe mai approntato.
Può essere, ma è una sua idea, io credo che sarebbe arrivata comunque. Sono problemi complessi e difficili da esaminare in 4 parole. La pirateria ha comunque effetti troppo distorsivi del mercato e sta colpendo soprattutto, ma non solo, l’online ostacolandone le grandi potenzialità di sviluppo.

Cercare di migliorare e unificare la qualità dell’offerta del settore non è tra i compiti di Univideo?
Assolutamente no. Univideo non ha scopi commerciali, opera a favore della tutela e dello
sviluppo dei suoi settori di riferimento e può analizzare le tendenze del mercato, non
influenzarlo o esercitare pressioni sugli associati e non associati.

A un proprietario di punto vendita fisico di videonoleggio in crisi oggi lei che cosa suggerirebbe di fare?
Banalmente analizzerei i motivi della crisi. Molti dei nostri clienti hanno migliorato l’offerta
muovendosi con delle promozioni, del resto il mercato in tutti i settori è diventato molto
dinamico. Il negoziante tradizionale che aspetta che il compratore arrivi e non fa nulla, a meno che non viva di vantaggi concorrenziali particolari, non può che essere in crisi.

Cambio la domanda allora: qualora suo figlio decidesse di aprire un negozio di videonoleggio lei avallerebbe questa scelta o glielo sconsiglierebbe?
Se non sapesse nulla e non fosse esperto di cinema gli direi: “Perchè farlo ora?”.
In questo momento non consiglierei a un neofita di avviare da zero un’attività di videonoleggio tradizionale. Ma non sconsiglierei a priori un’attività di noleggio con modalità innovative o integrata in altre attività ("fisiche" o "digitali"). Alcune realtà del videonoleggio hanno peraltro intrapreso questo percorso innovativo tra cui, ad esempio, alcuni franchisee di BlockBuster che hanno deciso di continuare in proprio la loro attività. Quando in un settore c’è il boom, come il videonoleggio al suo inizio, diventa la Mecca degli improvvisati. Di certo non è il momento del boom di questo settore e questo va considerato. Ma se io mi intendo di cinema e sono preparato e ho la voglia di fare orari duri e di sacrificarmi allora forse non la sconsiglierei necessariamente, valutando anche l’investimento certo. In questo momento in certe condizioni può funzionare…