Quando leggi un racconto di fantascienza come quello di Daniel H. Wilson, inevitabilmente lasci che l’immaginazione, alimentata dalle descrizioni dell’autore, costruisca un mondo parallelo in cui i personaggi prendono vita. Se poi ti fai influenzare dalle atmosfere arrugginite e polverose dei film di Giacomo Cimini (penso a “The city in the sky”, La Città nel Cielo), sai già cosa ti puoi aspettare.

Quando raggiungo il set di The Nostalgist – un’immensa vetreria abbandonata nel cuore di Londra, avvolta nella nebbia e nel nevischio – penso che nessun altro posto avrebbe potuto essere migliore.

Ganci sospesi, vetri appannati, pavimenti di legno scricchiolante, spifferi gelidi e sotterranei poco illuminati – dove la squadra di Giacomo ha lavorato senza un minuto di pausa per ricreare a ogni angolo scenari sempre più incredibili. Passare da un piano a un altro dell’edificio significa fare un salto temporale: dal salotto con poltrone e scacchiera a un corridoio surreale illuminato da neon fluorescenti.

Mentre Giacomo corre su e giù per il set, con il suo inseparabile borsello a tracolla e un enorme sorriso stampato sul volto  – Pietro Greppi, uno dei due producer (l’altro è Tommaso Colognese) mi tira per una manica e mi presenta Daniel – quel Daniel. Il papà di The Nostalgist e di Robocalypse (il romanzo da cui è tratto il film che dirigerà Steven Spielberg) si aggira per i sotterranei, assolutamente a suo agio tra computer e manichini. Lo abbiamo intervistato su entrambi i progetti: potete vedere il video in questa pagina.

Poco dopo, salgo al secondo piano e m’imbatto in Lambert Wilson (lo ricorderete come il Merovingio in Matrix: Reloaded e Revolutions), in pausa tra una scena e l’altra:

 

Scivolo in un altro camerino, e Samuel Joslin (il cui viso è stampato su ogni red bus per promuovere l’uscita di The Impossible) mi accoglie con un gran sorriso – rivolto più al mio iPad arancione che alla sottoscritta.

Non c’è dubbio che, come diceva Lambert, il ragazzino ci sa fare. Non si fa intimidire dalle domande, gioca con la voce e con il corpo come se fosse un attore consumato.

Samuel, cosa ti piace di più di questo film?
Il fatto che io interpreto un robot! Io adoro i robot.

Quale costume vorresti portarti a casa di questo film?
Questo! – dice infilandosi una casacca verde e dorata che lo fa sembrare un piccolo Lord.

Qual è il tuo film preferito?
The Hobbit, adoro i film d’avventura. E non vedo l’ora di vedere Vita di Pi.

Com’è stato lavorare con Giacomo?
Mi è piaciuto moltissimo e spero di poter lavorare con lui ancora! Mi aiuta un sacco.

E Lambert?
Fa un po’ paura, all’inizio, perché è un attore bravissimo e quando sei all’inizio della tua carriera non sei altrettanto bravo.

Ma tu hai già fatto una parte importante in The Impossible. Come è stato lavorare con Ewan McGregor?
Molto divertente. Lui mi ha insegnato come si fare le parti tristi, sul set ho imparato a piangere.

Come fai? (L’ho appena visto girare una scena col viso rigato di lacrime, ndr)
Devo pensare a una cosa molto triste, a una cosa brutta che potrebbe succedere – entri in uno stato di tristezza e inizi a piangere.

E qual è stata la tua scena preferita in The Impossible?
Quella in cui facciamo snorkeling: è stato molto divertente!

Chi vorresti diventare da grande?
Brad Pitt, perché è molto cool.

Prima di tornare nelle trafficate vie di Londra, dove la gente cammina veloce, ignara del mondo magico che si nasconde dentro l’antica vetreria, riesco a scambiare due chiacchiere anche con Jean Claude Nouchy, il supervisore agli effetti visivi del film – ovvero colui che nei prossimi sei mesi si prenderà cura del robot e lo trasformerà in un personaggio digitale:

Cosa succede quando finiscono le riprese?
Noi di Inkymind ci occuperemo di integrare il robot nel film attraverso una modifica digitale dell’ambiente.  

Ovvero?
Dobbiamo estendere digitalmente tutto il palazzo, e aggiungere gli effetti speciali.

Che fai qui sul set?
Sto a stretto contatto con Giacomo, con il direttore della fotografia e con l’operatore di camera: mi occupo di vedere cosa dovrà essere integrato con la computer grafica e cosa dovrà essere inserito (gli oggetti e il robot stesso).
E poi scattiamo un sacco di fotografie, per avere tutti i punti di riferimento necessari e far sì che il robot si integri con l’ambiente che lo circonda.

Quali sono i prossimi passi?
Il robot verrà costruito in un paio di mesi, poi inizieremo a creare l’ambiente 3D da integrare al girato.