E’ durata quasi due ore la lezione di Carlos Saldanha sul cinema d’animazione offerta al pubblico dal Future Film Festival di Bologna.

Un lungometraggio d’animazione in computer grafica dall’inizio alla fine, dall’idea fino alle rifiniture, dal moltissimo lavoro a mano fino alla sua digitalizzazione e sonorizzazione.

Rispetto alle lezioni simili dei grandi nomi della Pixar e della Dreamworks, viste in passato al Future che di questo format ha fatto tradizione, questo racconto di quali siano i meccanismi della Blue Sky (lo studio con il quale Saldanha ha sempre lavorato dai 3 film di L’era glaciale passando da Robots fino a Rio) è subito evidente che le differenze sono pochissime, la catena dell’animazione appare la medesima per tutti gli studi, a cambiare sono le maniere in cui i diversi talenti sottopongono il proprio lavoro ad un giudizio altrui. Dettaglio che a quanto pare fa la differenza.

 

 

Per Rio e Rio 2, che sono serviti da esempio, si è iniziato dalla trama, non dalla sceneggiatura vera e propria ma da un accenno della storia e una struttura generale, quella sulla quale poter ipotizzare personaggi e azioni. E’ una delle fasi più lunghe in assoluto perchè comprende la generazione di tutte le interazioni fondamentali, quale sarà il cuore del film, cosa accadrà, cosa si intende raccontare e quali siano le forze in ballo.

Deciso tutto questo c’è un’idea di come siano i personaggi ed è così possibile cominciare ad idearli.

Qui entrano finalmente le matite. Si fanno una valanga di prove di disegno, volti, espressioni, corpi, piumaggi e anche le più piccole caratteristiche come la forma di ogni becco, insomma i dettagli che fanno il carattere di un personaggio. Si passa attraverso un lungo processo di raffinazione per il quale ogni volto ha decine di varianti dalle quali si sfrondano le parti non essenziali e si seleziona la migliore espressione ogni volta. Decisa la sua apparenza se ne fa una scultura, una scultura vera, in argilla, che lo rappresenti in 3 dimensioni, quindi anche con la sua grandezza e tutte le proporzioni.

Fare un modello reale serve per avere ben chiare tutte le caratteristiche e sveltisce la creazione del modello tridimensionale al computer (si fa uno scan 3D della statuetta). A questo punto è la volta dei movimenti. Come ride, come cammina, come vola, perchè i movimenti di ognuno determinano la sua personalità ed è una parte per la quale si fanno prima dei test a matita, cioè si anima il personaggio in 2D non al computer, perchè in questa maniera è più semplice e sbrigativo. Solo una volta scelti i movimenti più opportuni si decide quale sia la movenza ufficiale del personaggio e si comincia a lavorarci sopra al computer.

 Infine arriva la “superficie” cioè il piumaggio, la morbidezza del pelo, lo spessore ecc. ecc. Come se fossero gli abiti.

Ogni momento della creazione si alimenta dunque di prove ma soprattutto di informazioni “rubate dal mondo reale”. Fotografie di veri uccelli dell’Amazzonia o anche strutture vere che possono essere utilizzate, movimenti di veri animali, tutto è usato per aggiustare il tiro o avvicinarsi al vero (l’altra tendenza, quella di creare qualcosa che abbia uno stile visivo invece è fornita dai singoli artisti che lavorano ai concept). Perchè alla fine l’obiettivo è sempre partire dal fotorealismo e contaminarlo con lo stile del disegno.

Deciso tutto questo si può finalmente fare lo storyboard che è l’unione della sceneggiatura, con i personaggi il cui look è ormai deciso, e del montaggio, cioè il film disegnato a mano inquadratura per in quadratura. Questa fase di fatto costruisce la scansione del film e in essa si incontrano chi scrive la storia e i dialoghi con chi la animerà, è qui che nascono le gag visive (che necessitano della competenza di un disegnatore) e altre idee nuove ma è anche l’ultimo momento in cui è possibile modificare qualcosa (se ne fa anche un versione con dialoghi e musica di sottofondo per capire il funzionamento delle scene).

Ciò che è nello storyboard quando questo viene considerato definitivo diventa intoccabile e comincia il processo di trasformazione in animazione computerizzata.

Questa lavorazione è tutto sommato la medesima raccontata da tecnici Dreamworks e Pixar, dunque dov’è la differenza tra un film molto canonico come sono Rio e Rio 2 e i film migliori della Pixar? Stando alla sola scansione del processo produttivo sembra essere nella fase di scrittura. Là dove alla Blue Sky si lavora molto sulla realizzazione di una trama generale, alla Pixar il grande board dei direttori (Lasseter, Stanton, Unkrich, Bird…) partecipa ad ogni storyboarding come fosse quello del proprio film, in un continuo avanti e indietro di idee, scartando tutto e il contrario di tutto, raffinando di continuo gag e movimenti di camera, fino a che ogni scena non ha una dinamica che tutti ritengono perfetta.

Sembra quindi che concentrando la propria attenzione in quella fase lì la Pixar ottenga non solo una resa coerente per tutti i film ma anche di potersi permettere svolgimenti originali e diversi da tutti gli altri senza perdere niente in fluidità di racconto.