Avrei voluto mostrarvi di più, ma non avrebbe avuto senso. Vi sareste persi. Gli ultimi 10 minuti sono folli“.

Inizia così la nostra chiacchierata con Luc Besson. Dopo aver visto 30 minuti di Lucy, le domande sono tante. Parlando con il regista francese – sempre diretto e a tratti pungente – appare evidente che il nuovo film con Scarlett Johansson è molto più di quello che sembra.

 

Parlando di Lucy, cos’è che la fa cambiare tanto dall’essere una brava donna?
Il prodotto – che è molto potente – si è sparso nel suo corpo. Ne consegue che puà raggiungere territori inesplorati del tuo cervello. Appena raggiungi il 10 per cento di sfruttamento, sei abbastanza potente da raggiungere il 20, poi il 30 e così via. E’ come un effetto domino. Non riesce a fermarsi. Tutto ciò che ci rende umani: dignità, moralità, amore, amicizia, tutto sparisce dopo che raggiungi il 50 per cento.

E’ bello il paragone tra la prima volta che chiede al signor Kang “Parli inglese?” e la seconda in cui lo chiede al tassista. Passa dall’essere una ragazza spaventata e indifesa a una donna sicura di sè e pronta a uccidere.
Non è una questione di uccidere. Lei vuole raggiungere l’ospedale quanto prima, e sa che se spara alle gambe di un tassista, l’altro – impaurito – non farà altre domande e non le farà perdere tempo. Non è cattiva, non prova nulla. Ogni sua azione è regolata dalla logica.

E’ come una macchina.
E’ ciò che noi chiamiamo macchina. La vera macchina è il suo cervello, lei si limita ad assecondare i suoi impulsi.

Solitamente quando si scrive uno script si tende a esagerare, a dare libero sfogo all’immaginazione. Quando si arriva alla produzione, poi, bisogna abbassare le proporzioni. E’ stato così anche per te?
Non più. Cerco di fare il bravo ragazzo, non sono stupido, non mi piace buttare i soldi. Mi trovo semplicemente nella situazione che se voglio davvero fare qualcosa, trovo i soldi per farlo.

Ho adorato l’inseguimento automoblistico. Ha uno stille e un ritmo decisamente fuori dal comune. E’ stato difficile passare dalle parole ai fatti? La definiresti la tua sfida per questo film? 
E’ un metodo unico e molto complesso, ma non è stato così difficile dopo tutto. C’è solo bisogno di un po’ di organizzazione, come per tutte le sequenze più intricate e impegnative. Nel film sono altre le sfide: ad esempio, far capire a Scarlett come deve recitare quando raggiunge il 50 per cento. Quando raggiunge un certo livello, non può usare niente di se stessa. Nella scena in cui tutti cadono nel corridoio, e lei si avvicina al poliziotto, appare come una creatura spaventosa ma seducente. Ti fa sentire calmo, perchè non ne avverti il rischio. E il mondo in cui si muove, in cui parla, il mondo in cui lo guarda, ti fa capire che è come se venisse da un altro mondo. Proprio perchè non sta usando le emozioni e gli atteggiamenti tipici degli umani.

Sei riuscito a instaurare un rapporto con lei in modo da aprirla? Perchè in questo film recita come non l’ho mai vista prima.
Be’ prima di iniziare le riprese lei era molto nervosa, perchè doveva partire da zero. Non poteva usare niente di tutto ciò che aveva già imparato. Ma poi siamo riusciti a instaurare un bel rapporto. Quando le spiegavo cos’è che volevo, pendeva dalle mie labbra, non sbatteva le palpebre. Leggevo nei suoi occhi che era decisa a fare del suo meglio.

Avevi in mente altre attrici o sei andato subito da lei?
Oh, ne ho incontrate un paio. Ci sono tante persone che sanno recitare, ma davvero poche saprebbero affrontare una sfida del genere. Ho incontrato alcune attrici che avevano davvero paura, non sarebbero state in grado.

Credo di aver trovato una citazione a uno dei tuo film precedenti…
Oh, la specialità dei giornalisti. Se avete due punti, cercate sempre di unirli.

Mi riferisco alla scena in cui prendono i pacchetti dallo stomaco. Nel Quinto Elemento c’è una parte molto simile.
Oh, sì me l’ero dimenticato. Il punto è che quello che si vede è una cosa vera. Si chiamano drug mule. Quindi non ho cercato di inserire alcuna citazione. Per me è importante fare sempre cose nuove, mai indugiare nel passato.

Hai dovuto aggiornare il tuo script nel corso del tempo visto che ci lavori da anni?
No, il film tratta di intelligenza, e io non ero abbastanza intelligente. Ecco perchè ci ho messo 10 anni. Per un film simile devi studiare molto, devi capire come funziona il cervello, che è un organo davvero complesso nonchè fonte di grandi misteri. Io però non volevo girare un documentario sul cervello, ma un film. Ci voleva azione, emozione e intrattenimento; è sempre difficile fare un film d’intrattenimento intelligente, perchè oscilli tra il banale e il pretenzioso. Ecco perchè ci ho messo tanto.

Quando vedi Inception – e non mi sto paragonando a quel film – è bello da vedere, ma allo stesso tempo ti fa riflettere. Io volevo giocare con il pubblico, volevo sfidare la sua intelligenza. Per capire questo film bisogna concentrarsi, perchè altrimenti ti perdi. In Lucy ho inserito delle distrazioni: vedi un topo, una scimmia, una medusa. Sono tutti espedienti per farti abituare alla fine; la fine sarà un caos. Ma se ti senti partecipe, se sfidi te stesso, adorerai la conclusione. Se ritieni più importante strafogarti di pop corn alla fine dirai: “Ma che cazzo è sta roba?”. Un po’ come Inception. Molte persone sono uscite dal cinema dicendo: “Oh, ma che figata. Bellissimo” e altri: “Non ho capito un tubo!”. Anche se il finale di Inception è aperto: la trottola si ferma o continua a girare?

E Lucy avrà una conclusione definitiva? 
Per me sì. Se lo seguite con attenzione, capirete.

Come sta andando il montaggio? Fila tutto liscio?
Mancano musica, missaggio ed effetti speciali. Il montaggio è praticamente fatto. Adesso aspiro a fare una cosa molto importante: vorrei togliere della musica. Voglio che in alcuni momenti il pubblico si focalizzi sull’impatto visivo di alcune sequenze. Il tempo è un tema molto importante del film. E’ l’unico modo legittimo per attestare la vita. Senza il tempo, noi non esistiamo.

A un certo punto vediamo Lucy riflettere su questa cosa. Come fai a dimostrare l’esistenza di qualcosa che non vedi? Se porti la velocità di un’auto alla massima potenza, questa scompare. Quando alziamo gli occhi al cielo, di notte, vediamo stelle che in realtà non sono lì, perchè sono morte da tempo. Noi ne vediamo solamente la luce, l’ombra di un corpo che non esiste da tempo.

Parlando dei permessi, sei riuscito a girare tra le strade di Parigi senza problemi? Ho sentito che non è così facile ottenere i permessi.
Io amo loro e loro amano me. Ho girato tanti film a Parigi in cui la mostro sotto una splendida luce. Abbiamo girato il 15 agosto, le strade erano deserte. Le riprese sono durate 3 giorni dall’alba a mezzo giorno.

Sei coinvolto nella promozione?
No, non mi interesso di questo aspetto. Sono regista e anche produttore. La produzione non è così impegnativa. E’ un po’ come l’allenatore di una squadra di calcio, che durante una partita si trova… in panchina! E incita la squadra. Il ruolo di un produttore è limitato a prima e dopo un film. Durante le riprese l’unico vero pilota è il regista. E io posso dirlo perchè sono un regista. Olivier Megaton sta girando Taken 3, ma il compito di supervisionare è tutto suo. Io ci sono sempre nel caso abbia bisogno di aiuto o consigli, ma sa cosa sta facendo.

Per quanto ispirato a fatti scientifici, Lucy non è un vero e proprio sci-fi. Ti piacerebbe tornare alla fantascienza con il tuo prossimo film? Tempo fa parlasti di una trilogia di Valerian…
Ecco il problema di voi giornalisti. Non puoi dire nulla che già dopo è spiattellato sul web. Devo essere molto cauto con ciò che dico e la cosa mi secca, mi piacerebbe avere una conversazione normale!

Mi spiace, ma è così che funziona! Comunque, sul serio, Il Quinto Elemento è un classico della fantascienza. Non senti il bisogno di rituffarti in quel mondo?
Be’, sì, ammetto che ho dei progetti di fantascienza in cantiere. Ma questo non vuol dire niente. Forse lo farò, forse non lo farò. Il Quinto Elemento è stato l’ultimo film in cui gli effetti visivi erano fatti a mano, non in digitale. È stato molto frustrante, perché adesso l’unico limite che hai è quello dell’immaginazione. E questo è eccitante, perché voglio vendetta. Adorerei lavorare a un nuovo sci-fi con gli strumenti di oggi, sarebbe un sogno.

Ci sono attori con cui vorresti lavorare in futuro?
Voglio lavorare con chiunque sia adatto per la parte che cerco. Per un film, se parli in generale, tutti i bravi attori sono adatti. Ce ne sono tanti, ma è necessario coinvolgere i più adeguati. Quando giro Lucy, non c’è niente per George Clooney.

Quindi non scrivi con attori in mente?
No, se scrivi per un attore, scrivi cose che può recitare. E’ molto meglio scrivere una parte per un bianco, e proporla a un nero. Perchè l’attore nero aggiungerebbe altro al personaggio che non ti aspetti. Immagina Terminator con Dustin Hoffman. Quella sì che sarebbe una bella sfida per l’attore. La cosa buffa è che il potere di Terminator non deriva dal fatto che è grosso. E’ comunque potente. Non ha bisogno di essere grosso, quello è un trucco. Il suo potere è più importante della sua stazza. E non ho nulla contro Arnold. Immagina Schwarzenegger come Mrs. Doubtfire…

Devono girare il sequel. Magari ingaggiano lui!
Ah sì? Davvero fanno un sequel di Mrs. Doubtfire?

Sì, lo so che è assurdo. Negli ultimi anni c’è questa tendenza a resuscitare dei cult con operazioni di remake, reboot, sequel. Si sente un po’ la mancanza di idee originali.
Sì, lo fanno perchè gli studi hanno dei veri e propri fascicoli, un mucchio di diritti di sfruttamento. Ma credo che, in futuro, si accorgeranno del loro errore. Bisogna rischiare, provare. Mi fa piacere aver instaurato un rapporto con la Universal, perchè se vedi i loro progetti nell’ultimo anno, sono quelli che hanno rischiato di più. Va bene, hanno Fast and Furious su cui puntano tanto, ma hanno provato con TED. Devi avere le palle per fare un film con un orscacchiotto parlante. Sanno che i sequel non sono l’unica soluzione.

Lucy è un azzardo. Picasso una volta mise un orecchio al posto di un occhio. Il risultato? Tutti a gridare allo scandalo, e ora quei quadri valgono milioni di dollari. Ha aperto la mente ad altri pittori, è così che si comincia una rivoluzione. Lo studio non voleva fare Inception. E Star Wars? Non ne parliamo…

Vi racconto una storia. Parliamo di un film di qualche anno fa. Riprese finite, anche il montaggio. Il regista viene convocato dallo studio che ha visto il film e non sembra contento. Gli proprongono una release direttamente in home video. Lui è sconvolto: “Non potete farmi questo”. Propone allo studio di trovare qualcun altro interessato alla distribuzione. Dopo una difficile ricerca, si trova finalmente un partner. Pochi mesi dopo, il film incassa centinaia di milioni di dollari e vince 8 Oscar. The Millionaire.

E sapete qual è il punto? Lo avevano visto. Tutti i pezzi grossi dello studio lo avevano visto, e non si erano resi conto del gioiello che avevamo tra le mani perchè avevano paura di rischiare. Anch’io ho paura di rischiare, ma sento la necessità di farlo. Lucy è il mio azzardo.

 

 

Ecco la sinossi ufficiale:

Da “Nikita” e “Léon” fino a “Il quinto elemento”, l’autore e regista Luc Besson ha messo in scena alcune delle più memorabili e crude protagoniste del cinema d’azione. Oggi, Besson dirige Scarlett Johansson in Lucy, un thriller d’azione che racconta la storia di una donna casualmente coinvolta in loschi affari ma comunque in grado di prendersi la rivincita sui propri ricattatori, trasformandosi in una spietata guerriera capace di superare ogni logica umana.

Lucy è interpretato anche dal Premio Oscar® Morgan Freeman ed è prodotto da Virginie Besson-Silla per EuropaCorp.

La pellicola sarà nei cinema italiani il 25 settembre grazie alla Universal.