Leggendo l’altro ieri la lista dei film che saranno al Festival di Toronto (che per due giorni si sovrappone a Venezia e quindi è in concorrenza diretta) ci eravamo fatti l’idea che molti dei titoli succosi sulla carta potessero in realtà essere presentati prima alla Mostra di Venezia com’è spesso capitato in passato. In realtà vedendo oggi i titoli che effettivamente saranno al Lido l’impressione è che le “sovrapposizioni” non riguardino i titoli migliori e che per quest’anno Toronto sia riuscita ad avere i film più interessanti tra i disponibili. Il dettaglio “tra i disponibili” non è da poco, perchè già tre tra i più attesi in assoluto erano “indisponibili”, parliamo di Interstellar (che non fa festival), Gone Girl di David Fincher (precettato dal festival di New York) e Inherent Vice di Paul Thomas Anderson (anch’esso a New York).

Saranno quindi a Venezia in anteprima mondiale il nuovo film di Andrew Niccol con Ethan Hawke (la coppia di Gattaca), la nuova commedia di Bogdanovich dopo anni di silenzio, il nuovo horror ironico di Joe Dante, The Humbling di Barry Levinson con Al Pacino, Manglehorn di David Gordon Green e Birdman di Iñarritu. Sono questi in buona sostanza i titoli per i quali c’era da litigare, lottare e fare pressione che Barbera e soci sono riusciti a strappare alla concorrenza. Nulla che sulla carta e senza averli visti faccia gemere d’eccitazione ma non se ne preoccupa troppo il direttore che, dopo aver spiegato le motivazioni per le quali non c’è quel che più si attendeva (“Questi erano i film pronti ora”), ha ricordato come la Mostra sia un evento con una missione, che non si deve occupare del marketing delle grandi case ma di proporre e raccontare i cambiamenti del cinema.
Dall’altra parte infatti c’è la parte meno sensazionale del festival su cui quest’anno sembra opportuno concentrarsi.

All’avventore occasionale della Mostra infatti varrebbe la pena consigliare di buttarsi sulle molte piccole perle che Venezia71 proverà a regalare più che cercare i film più altisonanti. C’è un documentario di Ulrich Seidl fatto in giro per vecchie cantine, un film in grande stile di Fatih Akin sul genocidio armeno (“Ha i toni del cinema di Lean, un tipo di film che non si fa più” ha detto Barbera), un altro film sulla guerra di Shinya Tsukamoto (per la prima volta in concorso) che possiamo solo immaginare che furore cinetico ci sia, ci sarà il nuovo documentario di Joshua Oppenheimer che dopo The act of killing torna su quei luoghi, c’è un piccolo film americano di Saverio Costanzo, i nuovi film di Hong Sangsoo e Franco Maresco (per la prima volta senza Ciprì), nonchè Roy Andersson, l’immensa Ann Hui e una miniserie tv di Lisa Cholodenko prodotta e interpretata da Frances McDormand (4 ore da farsi tutte di fila).

Insomma più che avere dei grandi pianeti intorno ai queli orbitare la costellazione di quest’anno è fatta di piccoli asteroidi in cui sparpagliare il proprio interesse. Del resto anche Cannes ci ha proposto (dal punto di vista dei grossi nomi) un’edizione senza eccessi.
A questo punto le novità più interessanti paiono quelle che solitamente sono taciute. Innanzitutto ci sarà una sezione nuova, quella dei documentari sul cinema (spiccano quello su Altman per interesse e quelli su Andreotti e Gian Luigi Rondi per il LOL) e una collaborazione con Google Play che non si tradurrà nella trasmissione dei film del festival (quella come l’anno scorso ci sarà, in streaming e nei medesimi luoghi di internet in cui si era palesata in passato) ma in una serie di “contributi speciali” realizzati ad hoc per il canale film di Google Play.