Douglas Booth è già stato il figlio di Noè, il Romeo di William Shakespeare… e Boy George. In Posh è il sex symbol del gruppo. L’eccellente schermidore Harry Villiers.

Ecco il nostro incontro con lui in occasione della visita romana del cast (qui l’intervista a Sam Claflin, qui l’intervista a Max Irons)

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Cosa pensi del tema del film?
Mi pare spaventoso. Quando ho letto la sceneggiatura ho  pensato:  “Ma questi qui esistono veramente?”. La risposta è: sì. E questa consapevolezza è stata scioccante. E’ facile quando si è molto giovani essere sedotti dall’idea di quello che rappresentano questi rampolli inglesi ma alla fine non penso che il film li renda particolarmente carismatici. Era fondamentale all’inizio del film renderli minimamente simpatici per poi cambiare le carte in tavola con il passare dei minuti.

Ti aspettavi un’accoglienza così calorosa in Italia?
No. E’ tutto molto sorprendente ed eccitante. Tanta energia, tante donne… e anche ragazzi. Perché il topic su twitter #PoshCastInItaly è andato così bene? Forse Sam Claflin e Max Irons sono già molto famosi!

Conoscevi la pièce teatrale da cui il film è tratto?
Sì. L’avevo vista nel West End nel 2010. Mi piacque molto. La pièce comincia già a metà della storia mentre con il film abbiamo avuto la possibilità di far vedere i personaggi ben prima e far capire in che mondo vivono e come sono. Mi ricordo che la vidi dal fondo della sala 4 anni fa. Non mi ricordavo molto… è stata una buona ispirazione ma grazie al cielo… abbiamo dovuto rifare tutto come se la pièce non esistesse.

Ci racconti la tua formazione familiare e scolastica
Mia madre ha origini spagnole e olandesi. Il bisnonno materno era uno chef mentre quello paterno faceva il fruttivendolo. Mio nonno paterno era impiegato e mio padre seguì le sue orme facendo il bancario. Mia madre ha sempre parlato spagnolo, olandese e francese. Ho girato per molte scuole partendo dalle statali. Ero un pessimo studente, non andavo bene e avevo problemi di dislessia. Ho lasciato la scuola a 16 anni per cominciare a lavorare. Sapevo benissimo che non sarei mai potuto diventare un dottore o un avvocato. Adoravo Louis Armstron e volevo diventare un trombettista jazz. Ero ossessionato. Passavo tutte le serate a suonare la tromba. A 10 anni fui stregato dalla recitazione dopo uno spettacolo scolastico che aveva a che fare con Agamennone.

Parlaci del tuo personaggio Harry. Da dove viene?
Era fondamentale per me sapere dove si era formato. Lui proviene da Eton e quindi dal college inglese numero uno. Quello della classe dirigente. Se tu vai ad Eton… trovi tutti i ritratti di tutti i Primi Ministri. Harry a diciannove anni è già un lord. Ci sono dei club nei college che funzionano in modo piuttosto simile al nostro inventato Riot. Anche Eton ne possiede qualcuno al suo interno.

Sembra il più disturbato dal punto di vista mentale…
Lui è intrappolato in una gabbia dorata. Sa benissimo che il suo futuro sarà quello di preservare il nome della sua casata. Dovrà fare in modo che il suo mondo non crolli del tutto. Harry non è particolarmente intelligente. E’ uno di quelli abituati ad avere sempre il controllo della situazione ma se qualcosa, o anche qualcosina, non va esattamente come vuole lui… ecco che gli occhi gli tremano leggermente e comincia a comportarsi come uno psicopatico. Ne ho incontrati tanti come lui. Non è uno sveglio, sa quello che vuole e cerca di ottenerlo senza porsi molte domande.

Tu ti sei mai trovato in una dimensione simile a quella del film nella vita reale?
Sì. E credimi… quando entri in una di quelle stanze dei club… è come trovarsi improvvisamente a Narnia! E’ un altro mondo. Completamente. E i personaggi come Harry Villiers… sono degli psicopatici.

Max Irons ha visto La grande bellezza di Paolo Sorrentino e non si è esaltato più di tanto. Tu che ne pensi?
Io l’ho adorato! E’ un grandissimo film.