E’ sempre stato fast & furious.
Veloce nell’esecuzione e furioso nell’espressione.
Esilarante il suo commento alla richiesta del Sundance Film Festival 2004 di ammorbidire il suo crudelissimo thriller spaccaossa Saw: “Dovrei essere penalizzato… per aver fatto troppo bene il mio mestiere di regista?”.
Qual è il segreto del nemmeno quarantenne James Wan, nato in Malesia, ma cresciuto e svezzato cinematograficamente in quella terra libera e un po’ pazzerella che è l’Australia?
Sappiamo che ride molto, che sembra il cinesino simpatico di uno stoner movie hollywoodiano e che, come molti registi specializzati nel filmare terrore e orrore… è estremamente gioviale e solare.
BadTaste.it lo incontrò al Festival di Roma 2011 e Wan non la smetteva di ridere.

Ora però si tratta di cambiare marcia, passare da bambole assassine e pupazzi da ventriloquio a razzi su quattro ruote e bambolone arrapanti. Cambia il target e cambia il prodotto. In attesa di vederlo regista del tormentato Fast & Furious 7 (l’ultimo film che vedrà la presenza nella saga del compianto Paul Walker, N.d.R.) riflettiamo sulla carriera prodigiosa del piccolo grande cineasta, anche produttore dell’ottimo spin-off dal suo L’evocazione. Ci riferiamo ad Annabelle, ennesimo successo low budget per quello che è diventato in 10 anni il James Cameron dello scary movie.

 

jigsaw

 

Il buon James, amante da spettatore delle commedie con Hugh Grant e già allontanatosi dall’orrore ai tempi della sua sottovalutata versione de Il giustiziere della notte ovvero Death Sentence, è il membro dello “splat pack” sopravvissuto meglio al passare degli anni.

Splat Pack? Già dimenticati? Erano, secondo il noto critico Alan Jones, quei ragazzacci che a inizio nuovo millennio riportarono brutalità e truculenza primordiale in un genere diventato “molto meta” (come si direbbe ne L’amore bugiardo – Gone Girl), ironico e fin troppo cervellotico dopo i garruli exploit di Kevin Williamson a fine anni ’90 nati dal suo seminale script per il Craven di Scream.
Eli Roth, Rob Zombie, Alexandre Aja, Darren Lynn Bousman, Neil Marshall, Greg Mclean, Leigh Whannell… e il piccolo e mingherlino James Wan.
Esempi di film? Hostel (2005) di Roth, Le colline hanno gli occhi (2006) di Aja, The Descent (2005) di Marshall, Saw (2004) partorito dalla coppia di colleghi del college Leigh Whannell e James Wan.
Fu un periodo bello tosto. Anche perché Roth e Aja li condirono anche di pesanti riferimenti politici (Hostel e Le colline hanno gli occhi possono essere visti come critiche all’interventismo militare Usa in Iraq post-11 settembre) mentre Whannell e Wan si divertirono un mondo a giocare con i colpi di scena, le ossa frantumate, l’omicidio come una delle belle arti… e il pupazzo da ventriloquio Billy the Puppet. Tale Billy veniva utilizzato dal serial killer moralista figlio del John Doe di Seven John Kramer, alias Jigsaw, per avvertire e introdurre le sue future vittime agli strazi e trucchetti delle sue dettagliate torture volte a punire grandi colpevoli della società.
Figlio dell’innovativo film di David Fincher (ancora oggi copiato e ripreso vedi Liberaci dal male), Saw ha prodotto 7 film in 7 anni. Exploitation? Ma certo! E’ proprio quello che ci piace di questo gioco chiamato cinema di genere. Una volta che il rapporto con lo spettatore è diventato onesto e corretto, la ripetizione meccanica dello show è direttamente proporzionale alla nostra voglia di vedere e rivedere sempre la stessa cosa. Perché?
Per combattere la fine di una storia, di un personaggio, di una nostra fonte di eccitazione.
Per combattere la nostra stessa morte, sostanzialmente.
L’importante era vedere e rivedere morire e ri-morire in modo pirotecnico ed acrobatico degli sgradevoli poveri diavoli giustiziati dal serial killer più retorico e trombone della Storia del Cinema, incarnato perfettamente dall’attore Tobin Bell, un Robert Englund meno sardonico e smorfioso. Jigsaw, a ben pensarci, potrebbe essere il fratello alfiere del Super-io rispetto al mostro “battutaro” dell’Es Freddy Krueger.
Saw (2004, l’unico diretto da Wan), Saw II (2005), Saw III (2006), Saw IV (2007), Saw V (2008), Saw VI (2009), Saw 3D (2010)… e fra non molto il Saw VIII cucinato con calma da Dan Heffner della Lionsgate.

 

the conjuring
Una volta messo in piedi il franchise Lionsgate, gli amiconi produttori Leigh Whannell e James Wan hanno provato a deragliare distinguendosi per la realizzazione di strani film collegati tra loro da bambole, titoli e casting, come a convincerci a livello subliminale che in fondo… è sempre la stessa storia, e lo stesso show, preparatoci dai nostri amiconi Leigh e James.
In mezzo al franchise Saw portato avanti da registi secondari, ecco allora per Wan Dead Silence (2007) e Death Sentence (2008). Stesse iniziali, una bambola nel primo, riferimenti nel secondo a Billy the Puppet. Risultato? A volte ancora oggi molte persone li confondono. Business? Due cosiddetti flop, tanto per dirvi che non sempre la ciambella è riuscita con il buco per il nostro James.
E poi? Insidious (2010), Oltre i confini del male – Insidious 2 (2013), L’evocazione – The Conjuring (2013), Annabelle (2014; Wan produttore).
Qui il regista è passato dalla cassa toracica segata alla casa stregata. La regia di queste storie maledette è veramente benedetta, soprattutto ne L’evocazione, per quanto Wan sia diventato bravo nei piani sequenza e nello sfruttare ogni singolo pezzettino del mosaico dell’audiovisivo per ottenere un effetto di incantamento terrificante dello spettatore.
Lo sanno tutti quelli in gamba. Lo dicevano Scorsese, De Palma e Coppola: l’horror è il campo da gioco più divertente e stimolante per un regista che sia sinceramente interessato a sfruttare tutti i giocattoli del sacco di Babbo Natale.
L’horror è quanto di più simile al cinema puro che si possa trovare nell’industria dell’audiovisivo mainstream.
Giochi di fuoco, suoni, montaggio, movimenti di macchina, sguardi degli attori, make up, effettistica, musica.
Le case maledette, i fantasmi della nostra infanzia e il paranormale diventano per Wan il pretesto per fare anche una commedia umana leggermente straniante attraverso le due squadre di investigatori dell’occulto che mette in scena: quella guidata da Lin Shaye in Insidious (Whannell è uno dei due buffissimi membri; c’è un pizzico di Lynch qui) e quella dei coniugi Warren de L’evocazione (nel loro magazzino di oggetti magici… c’è la bambola Annabelle; qui siamo decisamente più spielberghiani).
I tre film costano complessivamente 26.5 milioni di dollari (Insidious 1,5; Insidious 2 5; L’evocazione 20) e, worldwide, portano a casa 576 milioni di dollari (Fonte Boxofficemojo.com).
Continua questo gioco di calibrata confusione tra film con Patrick Wilson di qua (Insidious) e di là (L’evocazione), realtà e fantasia, Storia e storie individuali.
Wan si muove con grande rapidità, conclude operazioni a basso budget, convince attori importanti a lavorare per due dollari.
Una volta Timur Bekmambetov ci disse a muso duro: “Il cinema pop è come cucinare continuamente per qualcuno che ha sempre fame e non vuole MAI ricordare cosa ha mangiato la volta prima”.
Ovvio che sia così. James Wan lo sa bene ma in lui, a differenza del formidabile kazako Bekmambetov svezzato dal grande Roger Corman, alberga anche l’anima del cineasta indipendente che vorrebbe giocare al gioco pop con un po’ di classe, e intensità, in più rispetto a tanti suoi colleghi meno meticolosi.
Il momento di forma è smagliante e la stima del papà del cinema indy mainstream Quentin Tarantino una prova evidente dei fatti visto che il regista di Pulp Fiction colloca L’evocazione nella sua prestigiosa top ten del 2013. E come dargli torto? E’ un bellissimo gotico in costume west coast con fantasmi di streghe e una famiglia concreta alla Poltergeist (uno dei film più amati da Wan del sottogenere “casa maledetta” insieme al poco noto Carnival of Souls e al seminale Gli invasati) aiutata dalla coppia di investigatori dell’occulto Lorreine e Ed Warren.
A nemmeno quarant’anni Wan è King of the Scary World.
La passione per le bambole? L’ossessione per i pupazzi?
C’è molta Italia e un pizzico di Oriente per l’interesse feticistico numero 1. Leggete qui quando lo abbiamo messo alle strette sull’argomento nella lontana intervista del 2011.
Quando Vin Diesel non aveva pensato ancora a lui per Fast & Furious 7.
Quando Tarantino non era andato fuori di testa per L’evocazione.
Quando James Wan, però, era già fast & furious.