Intervista a cura di Andrea Francesco Berni e Alessia Pelonzi

Salernitano, classe 1981, Sydney Sibilia scrive nel 2011, assieme a Valerio Attanasio, la sceneggiatura di quello che nel 2014 diventerà il suo primo lungometraggio e una delle (poche) sorprese del cinema italiano dell’anno: Smetto Quando Voglio, commedia nominata ai Nastri d’Argento e ai David di Donatello e arrivata a incassare 4 milioni di euro al botteghino. La strada del film non si è però fermata: mentre in Italia è uscito in home video, all’estero è stato presentato a diversi festival, tra cui quello di Bergen, quello di Reykjavik e quello di Londra (con il titolo I Can Quit Whenever I Want). Ed è proprio in occasione del  BFI London Film Festival che abbiamo incontrato il giovane regista: con lui abbiamo parlato del sequel del film, delle sue ispirazioni e di progetti per il futuro.

Come ti trovi a Londra? Hai già visto Gone Girl o Guardiani della Galassia?

Cavolo potrei andare a vederlo! Perché me lo ricordate solo adesso? Devo andare! È che mi fregano sempre: stasera c’è la cena, poi domani me ne vado… devo lavorare, poi ho Roma, una serie di eventi…

Sarai al Festival di Roma?

Sono giurato del Premio Taodue alla migliore Opera Prima.

Alla fine quanto ha incassato Smetto Quando Voglio?

Quattro milioni e passa. Ha avuto una coda molto lunga. Ed è uscito anche in home video ora, la cosa positiva è che sta andando benissimo nonostante il calo del mercato in generale. Addirittura a volte lo vedo esaurito, lo riordinano… da paura! Ci sono film che incassano molto di più e invece in home video vanno male, ma noi ci siamo impegnati a fare una bella confezione, riempirlo di contenuti speciali. Perché abbia ancora un senso è necessario arricchire questi prodotti di contenuti esclusivi, è presente anche il corto originale. Spendi quindici euro però ti rimane una cosa decente.

E il sequel? Quello che abbiamo pensato quando è uscita la notizia che probabilmente avresti diretto subito il sequel è stato: ma perché non concentrarsi su altro? Eppure a Hollywood spesso questo è il percorso “fortunato” di alcuni registi agli esordi. Il film è bello, è fatto bene… magari vuoi raccontare qualcosa di più?

Il sequel… beh quello che hai detto è giusto, motivo per cui non c’è ancora un sequel. Stiamo valutando le varie possibilità, ci sono valutazioni commerciali e le mie valutazioni personali che non sempre collimano con quelle dei finanziatori. Per questo ci stiamo prendendo un po’ di tempo per capire il da farsi. Le “operazioni” fanno sempre schifo, se trasformi una cosa che funziona in una operazione la gente scappa. In un momento del genere puzza un po’, e la gente non vuole sprecare soldi.

smetto quando voglioQuindi non si chiamerà “Smetto Quando Voglio 2”!

No no… l’idea è quella di fare… vabbè, non posso rivelare ancora nulla. Forse prenderemo altre strade, è una cosa che si deciderà a brevissimo. Potrebbe non uscire subito, però se faremo il sequel non ne faremo uno, ma il secondo e il terzo episodio insieme. Gireremo contemporaneamente il secondo e il terzo film.

Anche perché ormai se non fai la trilogia…

Il punto è che se vogliamo fare gli scemi, allora facciamo gli scemi bene. Funziona così. Si fa Reloaded e Revolution. Se deve essere una operazione facciamo l’operazione più para-americana, becera che fa ridere. Fatta bene, ma becera. Le idee ci sono, ho già lo sviluppo della trama e tutto quanto. Da qui a metterlo in cantiere subito è una cosa che valuteremo.

Spesso, a Hollywood, quando si tratta di opere prime o di operazioni come queste il regista viene ingabbiato in un accordo per cui può essere opzionato subito per dirigere il sequel. James Gunn… non è un regista di primo pelo ma ha un’opzione sul sequel di Guardiani della Galassia. È andata così?

Ma va! Siamo in Italia. Le cose si decidono a pranzo, si parla di calcio e quasi sempre si finisce per dire che quest’anno la Roma è fantastica. Non è proprio organizzato così. Siccome in Italia non c’è la priorità dell’incasso stellare o delle operazioni, è il suo pregio e il suo difetto. Da noi è tutto più provinciale e artigianale, si valuta insieme. Io trovo giusto che il cinema abbia una dimensione industriale, l’industria occupa dei professionisti e io voglio lavorare con professionisti, non con persone che visto che non riescono a sopravvivere con questo lavoro hanno anche altri lavori e lavorano in maniera approssimativa o amatoriale. Purtroppo è quello che sta succedendo adesso in Italia, gli anni ottanta e novanta hanno incasinato tutto, poi c’è stato il boom dei multiplex che hanno cambiato le cose, un momento di vacche grasse che è stato frainteso. Io sono sicuro che la nostra generazione riporterà il cinema sul binario giusto. Non ci preoccupiamo. Uno deve pensare di far parte di un certo sistema, sono pochi mesi che io sono dentro a questo sistema, bisogna fare analisi e fare attenzione.

Nel frattempo hai ricevuto molte altre offerte per dirigere film?

Sì, arrivano le proposte, qualcuna la declini con educazione, altre le valuti… dipende da che percorso vuoi fare. Mi hanno anche proposto delle serie tv… ma non siamo come in America. Non è che in Italia si facciano così tante serie tv. Si fa solo Gomorra e poi sono in cantiere delle cose che però non si sa mai se verranno fatte. Io cerco di scegliere quello che mi piacerebbe fare. Sono stato coinvolto in una cosa piccola piccola dei The Pills, la serie “Zio Gianni” che andrà in onda su Rai 2 a novembre e per la quale ho diretto due puntate speciali. Loro sono molto intelligenti, non so come la prenderà il pubblico di Rai 2… l’hanno scritta loro, sono stati bravi ad adattarsi da YouTube alla Rai. Mi chiedo sempre: se fa ridere me farà ridere la casalinga di Macerata? D’altronde YouTube non paga, l’old media non ha i cash. La Rai ha lasciato piena libertà, ha censurato solo una cosa perché era veramente pesante! Non è che non ci siano parolacce comunque, ma andrà in onda alle otto-nove di sera. Loro sono i primi che ridono, i dirigenti Rai si sono ammazzati dalle risate quando hanno visto il premontato.
Per il resto ti propongono varie cose, un po’ di pubblicità… Io faccio le pubblicità della Wind per esempio. Però ho un problema: non faccio mai nulla con la mano sinistra, quindi non riesco a fare troppe cose. Di carattere mi deconcentro. Se devo mandare tre mail quel giorno devo mandare tre mail. Non sarò mai oberato e mai ricco!

E c’è qualcosa che vorresti fare a tutti i costi, un supersogno?

Sì sì, ci sono due o tre cose che non sono in linea, non sono commedie ma per esempio un film storico, in costume, ambientato nel passato. Sempre divertente ma non becero. A me piacciono tantissimo le storie vere, del passato anche recente. Piano piano, quando i tempi saranno maturi cercherò di farli.

Qual è il tuo film preferito? E il tuo regista?

Regista… non penso mai ai registi, i registi sono sopravvalutati nella loro importanza, la cosa importante è l’opera, deve sopravvivere lei. E poi il cinema è un lavoro collettivo. Forse ad oggi il mio film preferito… è Il Bambino d’Oro, quello con Eddie Murphy. Era stupendo. Un Tibet improbabile. Rapiscono un Dalai Lama assurdo. Eddie Murphy deve andare a riprenderlo. E tutto questo fa morire dal ridere, ma è anche superserio. Sono i film che mi hanno formato. Salto nel Buio… sono film bellissimi. Commedie che siccome avevano una componente artigianale, visto che la computer grafica era agli esordi, venivano scritti bene perché dovevano quadrare e funzionare. Adesso la nuova commedia americana si affida troppo ai trucchi, è tutta un po’ storta. Impacchettano tutto troppo bene. Una volta non c’erano escamotage, dovevi scrivere una cosa a orologeria.

Non so se tu l’hai detto, ma quando ho visto Smetto Quando Voglio ho pensato: ecco una nuova Commedia all’Italiana…

Non l’ho pensato io, ma devo ammettere che qualcuno lo ha detto.

Il finale colpisce molto, c’è una commistione di comicità e serietà…

Io cerco di non prendermi sul serio, il finale mi sembrava giusto. Anche se c’era un finale alternativo, siete i primi con cui ne parlo. Lui andava in Africa: non andava in galera, accettava una borsa di studio in Suriname dove non c’erano università “ma ci sono scuole parificate”… Finiva con lui e questi guerriglieri, doveva analizzare l’acqua potabile: “Quest’acqua è marrone, ma che l’analizziamo a fà?!” Poi andava dal prete della missione per chiedere la sua parcella, e il prete gli diceva “Ma non lo sa? Anche qui ci sono i tagli purtroppo…” E lui prendeva un passaggio dai guerriglieri. “Chi è quel signore simpatico?” “Quello ha fatto centomila morti” “Ma secondo me l’hanno messo in mezzo, non c’entrava…”

Il finale che c’è adesso, però, vuole anche mostrarci come comunque non si possa spacciare senza finire impuniti. No?

No il punto non era quello, anche perchè loro non avevano commesso alcun crimine. Mi piaceva l’idea che fosse tutto legale. Oddio, in realtà sulla strada poi commettono qualche crimine di “percorso” perché sono stupidi… soprattutto con il farmacista! L’idea era chiudere con un paradosso, è un film paradossale, e così chiudiamo con lui che vuole rimanere in carcere. Ma rimane una cazzata, non volevo prendere la cosa seriamente. Doveva far ridere.

Ma invece visivamente? La fotografia è molto particolare…

Instagram. In realtà i motivi sono tre: avevo paura dell’invisibilità, del fatto che nessuno notasse il film. Solo che quando abbiamo finito con la color correction ho pensato che quando la gente avrebbe visto il trailer al cinema sarebbe rimasta sconvolta e non avrebbe capito nulla. Seconda cosa, avevo visto una serie tv inglese, Utopia…

Che hanno appena cancellato!

Ma infatti ragazzi… pure sti inglesi… ma mi sa che non se la vedeva nessuno, solo noi nerd. A parte che sono i nerd a muovere l’industria dell’intrattenimento mondiale, eppure forse manco troppo. Comunque mi sono detto: facciamo tipo Utopia. In realtà non c’entra niente ma ce l’abbiamo messa tutta. Terzo motivo, appunto, Instragram: volevo fare qualcosa con una estetica che i giovani potessero riconoscere come “attuale”. La gente è abituata alle cose filtrate. Avevamo una color correction molto più semplice, ma mi sono detto: questo è tipo Tutta Colpa di Freud, non dobbiamo farcela addosso. Oggi come oggi i film sono tutti saturi, ma noi volevamo fare qualcosa di ultra-estremo.

Immagino che per il sequel coinvolgerete ancora Federico Mauro per la comunicazione…

E che facciamo, lo licenziamo? Abbiamo vinto molti premi per quella campagna! Ci siamo impegnati un sacco per cercare di farci vedere, lunghe riunioni… perché sennò finisce che fai tre pubblicità e nessuno va a vedere il film. Anche la campagna su internet ha funzionato moltissimo, anche perché non avevamo soldi per fare campagne sui media tradizionali e la Rai ci aveva censurato il trailer, ironicamente, pur avendo prodotto il film. Non c’era nemmeno una immagine di lui con il ca**o disegnato in faccia!

 

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