Nascosta dentro Boyhood c’è un’esperienza nuova ed inedita, una che nessuno aveva mai “subito” da un film.

È la prima volta che un lungometraggio ci mette di fronte all’indescrivibile e malinconico romanticismo del tempo che passa sul corpo umano. O quantomeno la prima volta che lo fa davvero, senza trucchi posticci che suonano sempre fasulli e senza cambiare attore in momenti diversi dell’età del personaggio. Solo il vero e impietoso passaggio del tempo riflesso dai mutamenti del corpo. È tutto finalizzato a questo Boyhood, l’incredibile impresa di Richard Linklater, il film che racconta 12 anni nella vita di un ragazzo e che è stato girato effettivamente lungo 12 anni.

Al di là della facile fascinazione per un’opera come non ne sono mai state fatte e come (probabilmente) mai se ne faranno, Boyhood è una fantastica indagine nella vita di un bambino (poi ragazzo) che nega lo svolgimento consueto, quello dei grandi eventi che cambiano il corso dell’esistenza, delle scene madre e delle i...