Attenzione: l’intervista con il regista di Ant-Man contiene spoiler sulla pellicola e sul futuro dell’Universo Cinematografico Marvel


Alcuni non si sono ancora ripresi.

Quando è arrivato l’annuncio nel maggio del 2014 che Edgar Wright, e il suo sodale cosceneggiatore Joe Cornish, avevano abbandonato la posizione di guida al timone di Ant-Man, i tanti fan della coppia inglese hanno gridato allo scandalo. Al posto di Wright è arrivato lui: Peyton Reed. In passato aveva a lungo flirtato con i cinecomic per I Fantastici Quattro, ma fino ad oggi non aveva mai diretto un superhero movie essendosi specializzato in commedie scatenate come Ragazze Nel Pallone (2000), Abbasso l’Amore – Down With Love (2003), l’agrodolce Ti Odio, Ti Lascio, Ti… con Jennifer Aniston e Vince Vaughn (2006) e l’if comedy Yes Man (2008) con Jim Carrey.

BadTaste.it ha avuto l’occasione di una chiacchiera schietta con quello che ci è sembrato un uomo sinceramente entusiasta di aver portato a casa il suo primo superhero movie. Non tutti la pensano come Alan Taylor quando si tratta di commentare la propria esperienza di regista dentro la Marvel. Attenzione: l’intervista contiene molti possibli spoiler e rivelazioni su Ant-Man (nelle sale italiane dal 12 agosto) e sulle prossime avventure legate alla Fase 3 dell’Universo Marvel.

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Eri scioccato quando ti chiamarono all’improvviso per girare Ant-Man?

Sì. Ero scioccato. Come fan avevo seguito il progresso del film. Da ragazzino ero cresciuto leggendo i fumetti Marvel, amo i fumetti Marvel e non vedevo l’ora di vedere Ant-Man al cinema. E poi, come chiunque altro, ho letto la notizia e sì… la cosa mi ha scioccato. Poco dopo mi hanno chiamato e mi hanno fatto la proposta.

La tua prima reazione?

Francamente… ero perplesso. Per una serie di ragioni. A nessun regista piace prendere il posto di un altro regista dopo che quest’ultimo ha abbandonato un film a cui aveva lavorato tanto. Devo dire però che dopo qualche chiacchiera con la Marvel su come avrei voluto fare il film e le loro reazioni a riguardo… ho sentito che loro erano pronti a compiere i cambiamenti che avevo chiesto ed erano pronti anche a prendere Adam McKay e Paul Rudd per una riscrittura. Conosco Adam da tempo e mi piace la sua sensibilità, la sua ironia ma anche la sua grande conoscenza dell’Universo Marvel. McKay è un puro nerd ed è anche eccellente con le strutture dentro una sceneggiatura. Volevo fare un film così da qualche anno, conoscevo i personaggi e ho letto tutte le versioni della sceneggiatura di Ant-Man. Era una vita che con Rudd volevamo lavorare insieme. Tutti questi elementi mi hanno tranquillizzato e portato a pensare che nonostante l’operazione sarebbe stata complessa… sapevo che potevamo farcela. Lo spirito era giusto e tutti andavamo nella stessa direzione. Siamo riusciti a creare un’atmosfera incredibile.

Il film è molto difficile da un punto di vista visivo perché chiede allo spettatore di vivere in tre mondi: 1) quello in miniatura di Ant-Man 2) quello di Scott quando non è miniaturizzato 3) il mondo sub-atomico (d’ora in poi “quantum realm” o “microverse”, N.d.R.) quando il processo di miniaturizzazione è così spinto che rischiamo di scomparire nell’universo come si racconta in Tre Millimetri al Giorno di Richard Matheson (film da cui Jack Arnold trasse nel 1957 il mitico Radiazioni Bx: Distruzione Uomo, N.d.R.). E’ difficile trovare un film con tre mondi così impegnativi da visualizzare come regista e da vivere come spettatore. Come hai gestito questa difficoltà?

E’ stata la vera sfida del film. Il quantum realm non era nelle sceneggiature precedenti di Wright e Cornish. Io e McKay ci siamo impegnati ad averlo perché era presente nei fumetti dove era chiamato microverse. Amavamo quell’universo perché se per tutto il film giocavamo con l’idea della miniaturizzazione di Scott Lang… perché non esagerare nel terzo atto e chiederci noi stessi: “E se andassimo avanti dove arriveremmo?”. Il quantum realm ci serviva anche per una tappa fondamentale del viaggio di Scott Lang verso il vero eroismo nei confronti di sua figlia Cassie. Per lui il quantum realm rappresenta l’ultimo sacrificio finale, forse quello definitivo. Poi… in riferimento all’idea di Matheson di concludere il suo capolavoro facendo piombare il suo eroe in quel mondo… ci chiedevamo che livelli differenti potessero esserci all’interno del quantum realm. Il primo livello sono germi e aria poi al secondo livello arrivano energia, protoni e neuroni poi al terzo livello si va ancora più in profondità per entrare in contatto con questa “cosa” caleidoscopica da ricondurre alla nostra perdita di coscienza sensoriale. Una volta arrivati a questo ultimo stadio che chiamavamo con gli effettisti speciali della ILM The Void la cosa diventava quasi esistenzialista perché le conversazioni con la ILM assumevano dei contorni veramente surreali.

Fammi un esempio… Peyton Reed

The Void doveva essere il nulla e allora io chiedevo il nulla alla ILM come soluzione visiva e sonora. Loro mi rispondevano che non era possibile che fosse il nulla perché qualcosa doveva pur esserci sullo schermo. Le conversazioni si facevano folli perché allora io chiedevo nuovamente che mi mettessero il mio nulla dentro il loro qualcosa. Devo dire che il microverse o quantum realm… mi ha veramente fatto andare fuori di testa e vorrei esplorarlo di più.

Nel prossimo Ant-Man?

Se mai dovessi farlo… sicuramente ci sarebbero più sequenze nel quantum realm

Il fascino di questo luogo è anche legato al fatto che la mogie di Pym si trova lì…

E’ vero. E’ un luogo altamente drammatico e il personaggio di Pym è strettamente connesso all’esplorazione di quell’universo. Quando Scott sopravvive al quantum realm… hai visto quanto è scosso Hank? E’ la prima volta che lo vediamo realmente preso in contropiede da qualcosa, essendo lui un genio. Se dovessi fare un Ant-Man 2 vorrei proiettare Hank di più dentro il quantum realm perché è un luogo fondamentale per il suo personaggio. E’ anche un elemento molto romantico.

Sì… così romantico che come spettatore avrei desiderato che Scott vedesse brevemente la moglie di Pym. Anche solo per un secondo. Perché lei si trova lì…

Forse se tu vedessi il film una seconda volta con grande attenzione durante quella sequenza…

Veramente?

E’ subliminale e molto, molto veloce. Anche se Scott non se ne accorge… il pubblico potrebbe accorgersi di qualcosa di molto importante.

La tua scena preferita del film?

E’ più una sequenza. E’ quando dall’elicottero andiamo sulla valigetta e poi sul barbeque nel cortile e poi nella camera da letto. E’ una sequenza di quattro scene d’azione in cui abbiamo cercato di dare una personalità a ogni singola scena. In elicottero c’è paura, nella valigetta c’è surrealismo anche grazie ai Cure in colonna sonora, la rissa nel barbeque nel cortile è una commedia da fish-out-of-water e poi arriviamo alla camera da letto dove c’è un cocktail di tutte quelle scene precedenti con molta comicità ma anche surrealismo perché faccio uno stacco in regia che mostra come in realtà non stia succedendo niente nell’angolo della camera da letto da un punto di vista diciamo normale. Tutta questa sequenza mi esalta perché l’avrei potuta concepire solo in un Ant-Man movie. E’ così specifica.

Vedendo il film ho avuto l’impressione che non stessi vedendo Michael Douglas in un superhero movie, ma un superhero movie nella carriera di Michael Douglas. E’ una strana sensazione legata alla stabilità e rilassatezza della sua prova. Sei d’accordo?

Assolutamente. Forse è legato al fatto che ho cercato di coccolarlo il più possibile. Ho cercato di farlo sentire a casa e ho passato letteralmente ore e ore sul set chiedendogli aneddoti sulla sua carriera meravigliosa. Per lui era l’occasione di interpretare un personaggio cui non era abituato. Per noi era l’occasione di evolvere e far esplodere una sceneggiatura dove il suo personaggio è motivato dal senso di colpa e dalla perdita di sua moglie. Il momento in cui Hank confessa alla figlia Hope cosa accadde a sua madre Janet… è un momento bellissimo grazie al pathos e dolcezza che Michael mette in quella scena. Vediamo un Pym alla fine del film molto diverso dal Pym iniziale. E’ un mentore ma non zen. E’ un ragazzo… problematico.

Futuro. Uno degli aspetti del film che mi è piaciuto di più è il ponte che si crea tra Scott e gli Avengers. Come si comporterà Scott con loro in futuro? Che tipo di rapporto di classe avrà con loro? Mi sembra che hai impostato queste scene tutte sul rapporto di classe e soggezione no?

Assolutamente. Tutto il rapporto tra Scott Lang e gli Avengers passerà per Hank Pym.

In che senso?

Nella prima scena del film vediamo Pym sospettoso e in contrasto con Howard Stark. Hank ha una totale e motivata, dal suo punto di vista, sfiducia nei confronti degli Avengers e S.h.i.e.l.d. Il problema è che Hank passerà questi sentimenti a Scott e qualsiasi cosa accada a Scott in Captain America: Civil War… Scott affronterà quella situazione influenzato dalle opinioni di Hank in merito. Anche Scott proverà sfiducia.

E dire che sembra un fan degli Avengers in Ant-Man!

E lo è. Dice subito: “Penso che dovremmo chiamare gli Avengers”.

I’m a huge fan”

Esatto. Quando incontrerà un personaggio molto importante la prima cosa che gli dirà è: “I’m a huge fan”. E lo fa sinceramente perché Scott inizialmente adora gli Avengers. In seguito… penso che cambierà idea e sarà più d’accordo con Pym.

Torniamo a Wright e Cornish. Forse il loro approccio era troppo inglese? Troppo distaccato e cinico?

Assolutamente no. Non direi proprio. E’ stata una loro idea fare il film di Ant-Man e non dobbiamo mai dimenticarlo. Mai dimenticare che non esisterebbe un film su Ant-Man se non fosse stato per Edgar e Joe. Questo non smetterò mai di ripeterlo. Un’altra loro brillante idea è stata quella di realizzare un heist movie e infine forse la più importante: rifarsi a un albo del 1969 Marvel Premier numero 47 ovvero il fumetto che introduceva Scott Lang nella storia. E quel fumetto era intitolato: To Steal an Ant-Man. E’ stata una loro idea di prendere Hank come mentore e Scott come suo pupillo discepolo. Un’altra loro bellissima idea è che durante il terzo atto il grande scontro finale si svolga nella camera da letto di una ragazzina. Il senso dell’umorismo della loro sceneggiatura non era diverso da quello della nostra. Quando io, Paul e Adam McKay siamo arrivati a bordo volevamo mantenere quel tono ma aggiungere elementi come il quantum realm (totalmente assente nella versione di Wright e Cornish), l’incontro con un certo personaggio di un certo ensemble di supereroi di cui parlavamo prima in relazione alla battuta: “I’m a huge fan”.

Non c’era quell’incontro nella loro sceneggiatura?

ant-man1poster2No, non c’era. E quella scena ci serviva per mandare Scott a mettere alla prova le sue abilità prima della missione per cui era stato allenato da Pym. Quella scena ci serve a rendere il mondo del film più grande e poi c’è anche il ragazzino di dieci anni che è in me che vuole, come tanti membri del pubblico, mettere a  confronto questi supereroi per vedere chi vince. Abbiamo voluto inserire più tragedia nel personaggio di Pym e più frustrazione nel personaggio di Hope (la figlia di Pym, N.d.R.) per chiarire che lei pensava di potersi trovare al posto di Scott. Un ultimo inserimento è Michael Peña e i suoi monologhi deliranti. Il personaggio di Louis era presente nella sceneggiatura di Edgar e Joe ma non con quei monologhi così divertenti. Quelli li abbiamo di fatto improvvisati.

Tutti i monologhi di Peña sono vostri? Sembra veramente farina del sacco di Wright e Cornish…

Beh… se vedi le mie prime due commedie… ci sono dei momenti molto simili. Ma capisco che quelle scene possano ricordare lo stile di Wright. Adam McKay ha studiato tutta la sequenza del furto della tuta dalla cassaforte di Pym sia per l’idea delle impronte digitali che per l’idea di ghiacciare la cassaforte. Infine Janet, la moglie di Pym, veniva citata una… al massimo due volte nel copione di Edgar e Joe. Io e Adam volevamo che il suo personaggio avesse molto spazio perché nei fumetti Ant-Man e Wasp (il nome di battaglia della moglie di Pym Janet, N.d.R.) erano inseparabili e noi volevamo mantenere quella linea nel rapporto tra padre e figlia. Insomma… ci sono stati dei cambiamenti.

Direi parecchi…

Sì… ma non così significativi da sovvertire il tono che Edgar e Joe avevano stabilito. Sai… si riscrive sempre un film. Quando Adam McKay ha finito il suo lavoro Paul Rudd ha addirittura aggiunto qualcos’altro in sceneggiatura con Andrew Barrer e Gabriel Ferrari, i nostri due production writer purtroppo non accreditati.

Cambiamo discorso. Perché così tanti anni tra Yes Man (2008) e Ant-Man (2015) come regista cinematografico?

Ho fatto Ti Odio, Ti Lascio, Ti… (2006) e Yes Man (2008) praticamente back-to-back. Due commedie back-to-back anche seTi Odio, Ti Lascio, Ti… aveva forti elementi di dramma. Avevo finito con le commedie e volevo lanciarmi in un tipo di film come Ant-Man. Mi sono concentrato in questi anni in progetti lontani dalla commedia. Uno lo sto seguendo ancora adesso. Mi sono tolto dal mercato e ho avvertito Hollywood che volevo fare dei film con una fortissima componente visiva. Non era un segreto che volessi lanciarmi nella fantascienza e se non fosse stato per Ant-Man… avrei fatto sicuramente un altro film dello stesso genere. Ho sviluppato I Fantastici Quattro nel lontano 2003… e sì… stavo in questa zona già da molto tempo. Ho fatto una sorta di provino per dirigere Guardiani della Galassia tre anni fa. Volevo assolutamente fare un film così.

Che tipo di strana famiglia è questa della Marvel? Siete tantissimi registi che gravitano attorno alla figura sempre più dominante di Kevin Feige. Come descriveresti questa famiglia e il suo “padre” Feige?

Kevin è in Marvel da sempre. La prima volta che l’ho incontrato fu nel 2003 quando lui era il giovane junior executive di Avi Arad. Si può dire che loro due incontrarono tutti all’epoca perché tutti i registi della mia generazione, e non solo, erano cresciuti leggendo i fumetti Marvel. Quindi già in quegli anni penso che Kevin abbia incontrato tutti i registi di Hollywood. Lui ha una eccezionale memoria fotografica e una sincera passione per questi personaggi. Una cosa che adoro della Marvel è quella di lavorare per uno studio dove tu puoi incontrare direttamente il capo dello studio e il capo dello studio… conosce perfettamente i personaggi su cui tu stai  facendo il tuo film. Se lui ti passa degli appunti, sia che tu sia d’accordo sia che tu non sia d’accordo, sono sempre degli appunti intelligenti. Kevin capisce cosa fa funzionare i suoi film e allo stesso tempo non vuole ripetersi troppo e provare ad andare anche in direzioni inusuali. Guardiani della Galassia poteva essere un fiasco colossale e invece il suo successo è nato dal rischio. Io mi sono trovato in una forte connessione creativa con Kevin e con l’ambiente Marvel. C’è una postivita dentro la Marvel che mi piace veramente tanto. E’ liberatorio. Ho amato dirigere Ant-Man.

E vuoi tornare…

Mi piacerebbe molto. Voglio tornare… soprattutto nel quantum realm!

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L’uscita di Ant-Man è fissata al 17 luglio 2015, in Italia al 12 agosto 2015.

Nel cast del film Paul Rudd (che sarà Scott Lang, ovvero Ant-Man), Michael Douglas (che sarà il Dr. Hank Pym), Evangeline Lilly (Hope Van Dyne, figlia di Hank Pym) e Corey Stoll (Calabrone). Al loro fianco John Slattery (Howard Stark), Judy Greer, Abby Ryder Fortson, Bobby Cannavale, Michael Pena, David Dastmalchian, Wood Harris e il rapper e attore T.I. (Clifford Joseph Harris Jr.).
Questa la sinossi ufficiale:

Dotato della sorprendente abilità di restringersi e al contempo accrescere la sua forza, il truffatore Scott Lang deve assecondare il suo eroe interiore e aiutare il suo mentore, il Dr. Hank Pym, a proteggere il secreto che si cela dietro la sua spettacolare tuta di Ant-Man da una nuova proliferazione di minacce. Intralciati da ostacoli apparentemente insormontabili, Pym e Lang devono escogitare e mettere in atto un piano per salvare il mondo.