Lanciata da Gianni Boncompagni a quindici anni a Non è la Rai, Ambra Angiolini entrò prepotentemente nell’immaginario collettivo degli anni ’90 come regina delle “lolite” di quel programma recentemente rievocato in una scena madre della serie tv 1992.

La Angiolini, come Madonna (di cui si parlerà), per una larga fetta di pubblico è ancora un nome proprio: Ambra. Dopo quello strepitoso successo vissuto da adolescente, ha lavorato ancora in televisione, ha debuttato in radio, è diventata madre e poi, con Saturno contro (2007) di Ferzan Ozpetek ha fatto il suo ingresso nel cinema italiano in pompa magna vincendo subito un David di Donatello (l’Oscar italiano) e un Nastro d’Argento come Miglior Attrice Non Protagonista.

Da Saturno Contro a oggi ha lavorato in altri 15 lungometraggi, ha convinto tutti a teatro con il monologo surreale di Stefano Benni La Misteriosa Scomparsa di W e attualmente si appresta ad affrontare, sempre sul palcoscenico, un mostro sacro come Harold Pinter con Tradimenti, regia di Michele Placido a fianco di Francesco Biscione e Francesco Scianna. Con Placido ha recentemente recitato nel particolarissimo adattamento pirandelliano La Scelta (2015), film ignorato dai David di Donatello 2015 che le ha però regalato la seconda nomination ai Nastri D’Argento della carriera come Miglior Attrice Protagonista. L’intervista è avvenuta a casa di Francesco Alò dove BadTaste.it ha chiacchierato con Ambra… per circa tre orette.

Le foto sono di Andrea Francesco Berni, coautore dell’intervista. Grazie per la collaborazione a Riccardo Mancini e grazie infinite a Valentina Palumbo.

Partiamo da La Scelta di Michele Placido. E’ un film pazzo?

In Francia l’hanno preso in tante copie per la distribuzione. I film quando hanno un’anima così dannata interessano sempre.

Quando hai conosciuto Placido? Durante le riprese di Viva l’Italia (2012) di Massimiliano Bruno?

Sì, ci siamo incontrati per la prima volta in Viva l’Italia e non ci siamo rimasti nel cuore. Io avevo peraltro pochissime scene con lui (Placido recitava il ruolo di un potente uomo politico padre del personaggio di Ambra, N.d.R.). Michele era simpatico sul set ma rimaneva nel suo. Io poi sono pessima nel vendermi, penso di rompere le palle e quindi non mi espongo mai. Michele poi è stato trascinato da sua moglie Federica Vincenti a vedermi a teatro nel monologo di Benni La misteriosa scomparsa di W. Lui non ci voleva proprio venire e pensa che si portò una radiolina per sentire la partita. Si era pure messo le cuffiette.

Come prova a fare il Ragionier Filini nel pezzo della corazzata Potëmkin ne Il Secondo Tragico Fantozzi?

Esattamente. Dopo me lo disse con grande onestà. Mi disse: “Adesso io te lo racconto e tu magari ci rimane male Ambra. Io sono arrivato a vederti con una radiolina perché pensavo che non me ne sarebbe fregato un cazzo”. Io gli risposi: “Beh… almeno sei venuto! Altri che dovevano venire non si sono fatti vedere. Onore comunque a chi ci ha provato”. Lui proseguì dicendomi: “Vedevo Federica seduta vicino a me così assorta che ti guardava attentamente. Poi sento la gente cominciar a ridere, poi l’applauso e poi il secondo e poi al terzo applauso… mi sono sentito un coglione con quelle cuffiette addosso e ho spento la radiolina”. A quel punto mi ha detto che non è più riuscito a staccarmi gli occhi di dosso e poi alla fine ha pensato: “Ma questa ragazza è un miracolo”. Allora ha provato a venire in camerino dove c’era una coda che nemmeno sul raccordo anulare ed è dovuto andare via. Mi ha detto: “Su una cosa ti devo rimproverare: devi mettere uno alla porta che quando arrivano gli ospiti importanti li fa passare avanti”. Io gli risposi: “Ma Michele… la nostra è una produzione minuscola”.

Quindi ti aveva dato anche questo suggerimento “tecnico”?

Lui è fantastico. L’ho amato da subito. Quando ho saputo che era venuto a vedermi, gli ho scritto una mail che cominciava così: “Ho saputo che ieri sera c’era il Maestro in platea e volevo scusarmi per non averlo potuto far entrare in camerino”. Lui mi ha chiamato dieci minuti dopo dicendomi: “Ma mica dobbiamo finire di parlare qua io e te, eh?! Io ho dei progetti”. Poi, tipo una settimana dopo, mi chiama da un numero sconosciuto da cui io di solito non rispondo mai. Ero a cena con i miei due bambini – eravamo un trio- gli rispondo e mi dice: “No guarda… voglio che vieni tu per il film. Leggi il copione”. Io lo leggo (La Scelta, N.d.R.) di notte e gli dico di sì. Da allora non ci siamo più mollati. Abbiamo fatto tutta la preparazione, ho fatto con lui i sopralluoghi, la pre-produzione… l’ho visto nascere. L’ho perso solo durante la fase del montaggio ma perché quella fase non mi appartiene e non metterei mai il becco. Mentre giravamo La Scelta Michele mi ha proposto Tradimenti di Pinter e io gli ho detto di sì. Quindi abbiamo ripreso una frequentazione assidua ed è interessante quando conosci un regista sempre meglio.

Perché?

Perché alcuni dettagli che lui ti consegna… li capisci perfettamente solo dopo che hai capito come è fatto lui. Nel nostro mestiere ci sono tante sovrastrutture che a volte sviano la nostra lettura della realtà. Ora che conosco meglio Michele mi diverto ad osservare come anche gli altri ci entrino meglio in collegamento. Anche Francesco Scianna, con il quale Michele aveva girato Vallanzasca, sta entrando bene nel mondo di Placido.

Che compagno di viaggio sarà Scianna?

Mi piace. Un tipo tranquillo. Arriva con l’autobus… e poi non avrebbe accettato un impegno così grosso come Pinter se non avesse avuto la testa giusta. Avrebbe potuto fare altro. Abbiamo entrambi detto di no a delle cose anche difficili da rifiutare per buttarci in un’impresa che magari sarà dolorosissima, soprattutto il primo anno. Io ho consigliato di dire in conferenza stampa: “Signori: saranno tre anni di tournée. Il primo farà cacare, il secondo comincerà ad essere buono ed il terzo sarà un capolavoro. Venite direttamente il terzo anno… così è perfetto!”

Sarà stato contento Placido!

Ma no, ma no! Non mi riferivo al pubblico ma agli addetti ai lavori. Mi riferivo ai critici… tu lo fai dai… lo sai com’è. Gli occhi di un critico sono completamente diversi da quelli di uno spettatore. Uno che si siede e che non ha visto 200 milioni di film ma che sceglie quello spettacolo cinematografico… o ci rimane male oppure si innamora di qualcosa e con quel candore di quel ceto e di quella realtà… si appassiona a un testo. Sai per esempio… il film con Edo (Edoardo Leo, Nd.R.) diretto da Rolando (Ravello, N.d.R.)… possiamo dire che non è andato bene, no? Eppure io ora non posso girare per le Scuole Elementari.

Ai bambini piace tanto Ti Ricordi di Me?

Ma tu non puoi capire!

Tu hai presa sui bambini. L’ho notato anche ne La Scelta. Sei molto a tuo agio tra loro e loro lo sono con te…

E’ incredibile. Ieri mi ha fermato una bimba di 6 anni con la mamma che le diceva: “Lei è Bea (il personaggio di Ambra in Ti ricordi di me? di Rolando Ravello, N.d.R.)!”. Poi mi porta da una parte e mi fa: “Ho dovuto cercare il librone di Bea” (è un collage di foto e disegni che racconta la storia d’amore di Bea e Roberto, personaggio interpretato da Edoardo Leo, N.d.R.).

Perché pensi che Bea piaccia così tanto ai bambini?

Per la sua emotività. Sono molto affezionata a quel film. Mi piace quell’assurdità di linguaggio. C’è qualcosa di nuovo, di pulito. Non lo definirei una commedia romantica.

Ambra Angiolini

Ambra Angiolini – foto: Andrea Francesco Berni

Una domanda tecnica per cambiare argomento: che tipo di rapporto hai con i direttori della fotografia? Conosci l’effetto di un certo tipo di luce sul tuo corpo, sul tuo volto?

Non sono una miniera di conoscenza tecnica ma, a livello istintivo, la luce la sento. Specie sul volto. E’ una roba che arriva da anni e anni di sensazioni. Non è tanto una questione tecnica. Io però ti so dire se la luce sul mio volto è sbagliata e se è sbagliata volutamente perché c’è una ragione dietro. Ma è una cosa di pancia che nulla ha a che fare con tecnicismi. E’ l’istinto. A volte sento di non dover vedere un film perché so che qualcosa è andato storto ma anche questo atteggiamento mi piace perché credo che ci debba essere un rapporto imperfetto per un attore tra lui e la sua immagine.

In che senso?

Se ti piaci troppo, è un casino. Rischi la mediocrità in fretta. Se mantieni invece un distacco, secondo me riesci a non avere quell’atteggiamento un po’ piacione. Quando un attore è troppo consapevole di come appare, alla lunga non funziona secondo me. Le persone interessanti non sono così. Nemmeno se ne accorgono di come sono. Sei tu che le vedi da fuori e dici: “Porco Giuda… ma questo perché continuo a guardarlo?”. E’ una roba che non capisci. E’ qualcosa d’altro. Io me ne accorgo sempre quando sono spettatrice.

Allora parliamo un po’ di Ambra spettatrice. Tu hai dei gusti particolari in campo cinematografico come, per esempio, la passione per Videodrome di Cronenberg…

Sono sempre stata una punkettona. Sono sempre molto divertita dalla reazione delle persone di fronte ai miei gusti. Mi incuriosisce sempre come mi vedono gli altri e di solito… è sempre diversissimo da come sono realmente.

I gusti attoriali e cinematografici della giovane Ambra?

Mi sono sempre piaciuti tanto gli horror. Li adoravo. Ne vedevo a pacchi, anche di quelli supertrash.

Tipo?

Che so… tipo Paganini Horror! Ma quanto è bello quel film?

A me piace tanto la scena in cui Donald Pleasence apre una valigetta con la combinazione 666. Perché ti piace tanto l’horror?

Perché… adesso parte la canzone di Lady Oscar… perché mio padre voleva un maschietto. Io sono la terzogenita, la più piccola, arrivata dopo molti anni dai miei due fratelli. L’ultima prima di me era stata una femmina e lui desiderava un maschio. Alla prima festa dell’asilo mi vestirono da Capitan Harlock. Io vedevo le bambine attraversare la classe vestite da mimosa, da Cenerentola… io le guardavo con la mia bella cicatrice tutta sbavata. C’è anche una foto che documenta il tutto. Quella foto già fa presagire quella che sarebbe stata la mia esistenza futura. In quella foto c’era pure mia cugina, abbastanza sovrappeso, vestita da Alì Babà. La coppia era questa. Significativa, direi. Io avevo anche la benda sull’occhio. Avevo un fidanzatino dell’epoca: uno che mi aveva scritto su un foglio: “Vuoi diventare la mia fidanzata: SI o No? Metti la croce”. Io avevo risposto subito sì ma a dire la verità quella modalità non mi piaceva granché. Mi lasciava pure le rose… non lo sopportavo. Insomma… questo signore arriva a quella festa vestito da Principe Azzurro e io… ero Capitan Harlock. Mi misi a piangere disperata con lui che mi faceva: “Ma no… sei bellissima. Sei diversa dalle altre”. Ma tu pensa che genio che avevo già incontrato! Tutti quelli che sono venuti dopo di lui… un disastro.

Quanti anni avevi?

Cinque anni. Mi ricordo molto bene quell’episodio perché lì ho capito lo scollamento e da quel momento in poi mio padre mi ha cominciato a regalare il robot e non la Barbie. Andavamo al cinema insieme e ovviamente andavamo a vedere Rambo e tanti altri action movie. E poi papà adorava gli horror. Io credo di aver visto a otto anni L’esorcista di William Friedkin, mentre tutti gli altri bambini andavano a vedere i cartoni animati. Peraltro vorrei precisare che… io mi coprivo gli occhi pure nel pezzo della strega di Biancaneve e i Sette Nani (1937) quindi non è che fossi proprio una dura. Eppure dovevo abituarmi con papà a vedere gli horror.

Un altro incubo cinematografico visto con papà?

La Casa dalle Finestre che Ridono (1976). E’ un film meraviglioso. Mi ha fatto sentire quella paura là… l’unica che veramente mi spaventa. Lo splatterone mi diverte… però a me quel film di Pupi Avati fa venire l’inquietudine. Anche la fotografia era bellissima… e la casa… inquietante. La camera non faceva tanti movimenti ma come Avati riprendeva quella casa… da brividi.

Bad Taste (1987; Fuori di Testa in edizione italiana, N.d.R.) di Peter Jackson, invece, sappiamo che ti manca dal nostro video del badstage di Un Natale Stupefacente. Lillo sembrava abbastanza preparato sulla materia…

A Lillo ho regalato la filmografia completa di Chucky – La Bambola Assassina. Ho scoperto che nel mondo c’è un film che da noi è uscito solo in homevideo -mi pare sia il terzo della saga- dove si raccontano le gesta del figlio di Chucky. Si tratta di una bambola gay… o perlomeno dall’ambigua identità sessuale, disperato perché “sotto” è liscio. Ma tu non puoi capire quanto è bello quel film! Il cofanetto della saga costa tipo 70 euro. Io ce l’ho a casa e l’ho studiato fotogramma per fotogramma perché rasenta il genio assoluto. Il regista ci prende per il culo e tu sei felice di essere preso per il culo ed è una storia inconsistente: i due genitori si risvegliano da morti (Lei e Lui nella Sposa di Chucky morivano alla fine, N.d.R.)… prima però voglio ricordare che ne La Sposa di Chucky c’è quella scena meravigliosa ripresa dall’alto dove loro scopano e lui ha un amplesso con la bambola sotto di lui piena di cicatrici. Per me quella scena è molto romantica e assurda.

Ma ti piacerebbe fare un film così?

Da morire.

Sei mai stata contattata da qualcuno in Italia per fare un horror?

No. Però sai penso che l’horror, tranne alcune importanti eccezioni come The Others (2001) con la Kidman… di solito non sceglie mai la faccia troppo famosa. Anche se vedi la saga di Insidious te ne rendi conto. In un certo senso nella tradizione dell’horror tu vedi gente che è diventata famosa DOPO, come Johnny Depp che veniva da Nightmare (1984) o Jamie Lee Curtis in Halloween (1978).

L’horror ha bisogno di mostri e atmosfera più che di attori?

Più che altro l’attore, diciamo, noto sposta l’attenzione dello spettatore da un’altra parte. Se io devo credere che una poveraccia venga accoltellata… deve essere una sconosciuta. Io penso che anche Dario Argento, dopo le cose meravigliose che ci ha regalato, a un certo punto ha inserito troppe guest star che hanno sviato l’attenzione dalla storia. Mi riferisco al Fantasma dell’Opera o Il Cartaio dove c’era Silvio Muccino. Era un salto per chi guardava troppo grande. Molte volte mi sono proposta di fare la morta sgozzata o la salma sulla quale qualcuno inciampava per il solo piacere di partecipare a quelle produzioni… ma non mi hanno mai filata! Io porterei i caffè su un set horror.

Si vede che ti piace la recitazione fisica. A me piace molto quell’inquadratura che ti fa Massimiliano Bruno in Viva l’Italia (2012) in cui sei svenuta con il viso spiaccicato sul vetro perché la tua Susanna Spagnolo ha preso qualche sonnifero di troppo…

Provammo con Massimiliano a vedere se quella gag poteva “passare”. E’ una gag strana. Uno humour particolare.

Ti piace recitare la comicità slapstick?

Tantissimo. Tutto Stai Lontana da Me (2013) era così e non mi sono mai divertita così tanto. C’era tutta la parte action dove prendevo il vetro in faccia.

Ami quel film?

E’ stato una vacanza. Alessio (Maria Federici; il regista, N.d.R.) lo conosco bene e quando mi chiedeva: “Ma sei sicura che non vuoi una stunt?” io gli rispondevo: “Alessio, ti prego, ho scelto di fare questo film per la comicità slapstick. Non mi togliere la gioia di poter fare quello che fisicamente sento di poter fare”. Anche in Ti Ricordi di Me? c’è la scena in cui lei sviene e non avevamo materassi, né niente. Anche in quel caso Rolando (Ravello; il regista, N.d.R.) dolcissimo mi fa: “Ma sei sicura Ambra? Non è che ti fai male?”. E io gli rispondo: “Ti devi fidare”.

Perché ti piace tanto la comicità fisica?

Ma non lo so… forse perché ho un fisico preparato, faccio un sacco di sport. E’ anche una questione, anche in questo caso, professionale. Ma scusa… tu come fai a far fare una scena al tuo stunt per poi tornare in scena e convincere lo spettatore che ti è successo un trauma fisico? Come fai? E’ strano, no? Ho paura che verrebbe fuori qualcosa di stereotipato. Io non ho mai avuto paura né di sfregiarmi di fare altro.

Ma a volte non è pericoloso?

Ma non è vero. Devi metterci la testa è ovvio ma devi pensare che nessuno di loro vuole farti morire davvero. Guarda… anche l’idea di essere struccate davanti alla macchina da presa è hardcore… peggio che se mi chiedessi, ora, di buttarmi giù dal tuo terrazzo. Però a volte sai che è necessario perché se ti fai truccare sei ridicola e rendi ridicolo tutto quello che ti sta intorno. Perché mi sono trovata così bene con Placido? Perché la pensa allo stesso modo. Chi se ne frega se l’immagine non è patinata. Non si può più ragionare oggi in quel modo, ragazzi. Un attore deve entrare nella storia e per entrarci deve fare tutto quello che viene chiesto. Con Placido si lavora così. E’ una scelta che fai e nessuno ti obbliga a firmare un contratto del genere anche perché non stiamo parlando del film in cui tu guadagnerai cifre colossali. Anche da un punto di vista economico si tratta di una scelta diversa. Per quanto riguarda le altre produzioni… ci mancherebbe, sono divertenti. Ma tranne alcuni casi come con Massimiliano Bruno o con Rolando Ravello… difficilmente in quel tipo di commedie superi certi tuoi limiti. Se io devo pensare a una scena in cui ti svegli e vedi il parrucchiere che viene e ti fa i capelli finto sconvolti… io divento matta e a volte capisco che posso dare la sensazione di essere una persona troppo dura. Io lo capisco che è il tuo lavoro di parrucchiere e truccatore ma tu devi capire che è anche il mio lavoro di attore quello di fare in modo che il mio aspetto non appaia troppo “bello” quando in realtà, in base alla sceneggiatura, dovrebbe risultare sciupato.

Ambra Angiolini

Ambra Angiolini – foto: Andrea Francesco Berni

Nel film di Angelina Jolie Unbroken (2014) c’è una fase del film con tre uomini persi in mezzo al mare. Il protagonista del film è un sopravvissuto dal look impeccabile… mentre i due non protagonisti sulla scialuppa con lui hanno invece un look convincente da veri dispersi. Lì tu vedi anche quanto conta la gerarchia dei personaggi in un film hollywoodiano. Quindi questa identità artificiale del cinema non ti piace?

No… ma soprattutto… questo aspetto lavora sulle nostre insicurezze perché magari il reparto trucco sa benissimo che quella è una cosa finta ma allo stesso tempo ha paura di ferire l’ego dell’attore. E’ un discorso complesso ma dipende da noi. I truccatori capiscono benissimo questo discorso se tu glielo fai in modo pacato e rispettoso. Il problema è che se l’attore sta zitto, loro, per una forma di rispetto, vengono ed esagerano. Più tu arrivi sul set e hai le tue certezze, più contagi gli altri. Più tu vuoi rimanere star, più quella artificiosità non la smonti perché gli altri non ti verranno mai contro. Io cerco di cambiare sempre. Un conto è Laura de La Scelta, dove il look è quotidiano, e un conto è Susanna Spagnolo, attrice cagna figlia di papà di Viva l’Italia.

A me piace molto Susanna. Parliamo un po’ di quel personaggio che ti regalò la seconda candidatura ai David di Donatello come Miglior Attrice Non Protagonista?

Beh.. per quanto riguarda il trucco… lì possiamo dire che abbiamo veramente esagerato. Avevo i tatuaggi in faccia! Quando Bruno arrivava sul set faceva ironicamente al truccatore Ermanno Spera: “Ma mettiglielo un po’ di trucco dai!”. E io gli dicevo: “Massimiliano, credimi che queste donne sono così. E’ quell’eccesso di vuoto interiore che le porta ad essere così”. A volte i registi ti rispondono: “Ma no… è impossibile, non ci posso credere”. Ma tu prova ad andare negli ospedali a vedere le infermiere. Non ti dico tutte… ma molte sono truccate come Susanna.

Di Susanna mi piace molto la ciocca di capelli che cade a destra. Una ciocca di capelli che lei raccoglie nervosamente, ad esempio, in una scena in cui si è appena svegliata. Poi cambierà il taglio di capelli nella seconda parte del film. Hai lavorato molto ai capelli di Susanna?

Sì, tanto. Sai… io mi ricordo che da ragazzina avevo la fissa della mezza codina perché ero convinta di star bene solo così. Tutte le mie foto dalle elementari alla medie… io sono conciata così. Al mio primo provino televisivo andai con la mezza codina. Avevo solo una piccola ciocca di capelli dietro che tagliavo da sola. Era una virgola… quasi non c’era. La mia amica del cuore aveva un “bananone” cotonato. Questo per dire che… con Massimiliano per il personaggio di Susanna volevamo recuperare quelle manie che hai nella preadolescenza in cui ti convinci che stai bene in un modo e non c’è verso di cambiare. Susanna è un’insicura ed è convinta che quella capigliatura la renda speciale. Avevamo preso tanti lacci per capelli nei negozi cinesi per intonarli con le scarpe. Susanna rappresenta quella ricchezza che non sfocia mai nell’eleganza.

E’ impossibile non volerle bene…

Massimiliano Bruno da questo punto di vista è fantastico perché ti lascia sempre molto libera. Lui capisce ma ti lascia spazio. Quando con il costumista proponevamo dei costumi meno già visti ma sorprendenti puntando ad esempio su cromatismi come il verde acqua… lui ci assecondava. Quando arrivavo sul set ero sempre esplosiva sia per quello che avevo addosso che per come ero truccata e avevamo sempre delle belle idee. Bruno è un regista che sa farsi contaminare e per questo le sue commedie sono fuori dalla norma.

Tu sei molto espressiva con gli occhi. Sembra che li preferisci alla parola. E’ una cosa di te che sai oppure che non sai, in base anche all’elogio che hai fatto prima della necessaria ignoranza di sé che deve avere un attore o, più semplicemente, non sei d’accordo con questa osservazione?

Ci sto pensando… perché effettivamente d’istinto io mi tolgo spesso delle battute. Mi sembrano sempre eccessive. Non arrivo a pensare di essere così brava a comunicare con gli occhi però posso dire che le parole spesso mi sembrano ridondanti. A volte non voglio proprio parlare. E allora vado ad asciugare, asciugare, asciugare. Di solito i registi non disdegnano… anche se a volte mi hanno anche detto: “Questo “beh” lo devi dire però!”.

In Saturno Contro il tuo momento più bello è quando Luca Argentero ti dice: “Io vorrei essere come te” e tu hai un guizzo con gli occhi come se volassi via. Ti ricordi quel momento?

Benissimo. Stavamo provando questa scena e Ferzan mi spiegava come cercare di essere naturale nel parlare del problema del mio personaggio con la droga… mi ricordo molto bene quel momento. Peraltro è buffo… scelse me per quel ruolo di drogatona… io che non c’entravo proprio niente perché poi all’epoca avevo appena partorito e quindi avevo quest’aura della salute che mi permeava tutta. Non c’era un “lato b” in quella persona. Ferzan diceva che questo candore poteva essere più interessante perché effettivamente quando meno te lo aspetti… le persone fanno uso di queste sostanze in ambienti e ceti sociali apparentemente insospettabili. Roberta (il nome del personaggio di Ambra nel film, N.d.R.) aveva un aspetto che si scontrava totalmente con il tirare coca. Tra l’altro… io non ero in grado di farlo sul set ed ero molto imbarazzata quel giorno. Mi sentivo una cogliona anche se poi era una scelta cosciente che avevo fatto da anni in base all’idea che mio padre fosse ovunque e poi potesse sgridarmi. Io questo timore con lui ce l’ho ancora un po’ oggi quando è diventato l’uomo più buono e gentile del mondo. Si è trasformato con me. Lo amo forse da non più di cinque anni mio padre. Prima di lui conoscevo solo le paure che mi provocava e che in un certo senso mi hanno anche salvato la vita. Tornando ad Ozpetek… mi ricordo che quando dissi a tutti sul set che non avevo mai “pippato”… non ci credevano. Insomma… è un ciak che ho dovuto ripetere dieci volte con Ozpetek che alla fine commentò dicendo: “Ambra l’aveva detto però! L’aveva detto che non lo aveva mai fatto!”. Aspiravo con tale forza che sembrava che oltre alla coca… mi stessi “pippando” tutti gli acari di quel set. Infatti se ci fai caso non c’è il dettaglio di io che “pippo” semplicemente perché al montaggio Ferzan non era riuscito ad inserirne nemmeno uno. Ho fatto la figura proprio della ragazza di campagna.

Che cosa ti “pippasti” per dieci ciak?

La mannite, un lassativo per bambini. Magnesio naturale che tu tiri veramente su dal naso. Visto che con tutti quei ciak sbagliati ne avevo aspirato tantissimo… si era stabilita questa gag tra me e l’attrezzista con lui che mi guardava e chiedeva premuroso: “Ma è tutto a posto?”. Anche la mattina dopo mi chiese: “Ieri sera… tutto ok?”. Che ricordi belli che ho di quel film.

Ma non è che erano tutti convinti di trovarsi di fronte la “lolita” già bruciata di Non è la Rai? La ragazza dannata?

No. Ferzan aveva visto subito un candore e una timidezza che l’ha conquistato. Io ero già nell’altra fase della mia vita. Avevo avuto i figli, lavoravo poco perché non avevo capito bene cosa sarei potuta diventare da quel momento in poi, sapevo che era un’occasione preziosa perché io i figli li volevo ma ero in una fase intermedia dal punto di vista professionale. Non ero quella di prima e non ero quella di adesso. Non c’ero ancora. Per rimanere neutra e non sporcarmi troppo le mani me ne ero rimasta su Rai Tre a fare questo programma super di nicchia dal titolo Cominciamo Bene. Ho dovuto studiare per almeno due anni le pensioni, le assicurazioni, il mutuo, le polizze. Dovevo intervistare l’assicuratore più fico di Roma e non sapevo un cazzo di assicurazioni! Passavo le serate a pensare: “Ma maledetta me… ma non potevo fare un’altra cosa?”. Poi però c’è stata quella botta di fondoschiena che ti cambia come per quanto riguarda l’incontro con Ferzan

Tu pensi di essere fortunata?

Sì. Penso di esserlo, sì.

Cambiamo argomento. Quale era il tuo timore principale per Un Natale Stupefacente?

La mia preoccupazione era quella di non essere all’altezza di quel tipo di film là.

Ma all’altezza… da un punto di vista di bellezza fisica?

Sì… diciamo estetico. Mi divertiva l’idea di trasformarmi, cosa che poi ho cercato di fare per tutta la mia carriera. Se io cambio… rompo meno le scatole al pubblico. E anche il pubblico… è diverso quello che va a vedere La Scelta rispetto a Un Natale Stupefacente. La mia preoccupazione per Un Natale Stupefacente era: vado in un film che mi diverte un sacco, con Lillo & Greg che mi piacciono… su Volfango De Biasi (regista di Un Natale Stupefacente, N.d.R.) ne avevo sentite tante… e invece ho incontrato un ragazzo di generosità e gentilezza straordinarie. Cosa che mi fa piacere ribadire perché di lui ne avevo sentito parlare male veramente a vanvera.

Le leggende metropolitane. Una cosa che riguarda molto anche te…

Ma infatti tutto il lavoro che io ho dovuto fare dopo Non è la Rai è stato proprio quello di togliere dei veli di mediocrità messi da altri che dividevano me dalle persone che non erano mai entrate realmente in contatto con me. Vi dico questo non perché io sia umile… è un’espressione che non mi piace. Io, semplicemente, non ho paura degli altri. Se vado a Disney World a Parigi e mi metto a fare la fila con i miei figli… è ovvio che qualcuno venga a parlarmi e si possa conversare. Io lo capisco Carlo Verdone che si fa i selfie con il mondo intero perché lo faccio anch’io. E non penso che sia io che lui lo facciamo perché siamo dei paraculi. Io lo faccio perché penso che sia un tributo a quelle persone che carinamente, e con un entusiasmo che a me francamente ricarica, mi dicono delle cose interessanti di quello che si vede da fuori di me e del mio lavoro. Io dopo il monologo a teatro di Benni avevo sempre bisogno almeno di un’ora e mezzo di chiacchiere in camerino perché così mi ricaricavo. Io ho bisogno che “il pubblico”, se mi passi questa espressione generica, mi venga a parlare perché io non mi fido di me.

Questa me la devi spiegare meglio…

Non penso delle cose belle di me. Certe volte so che perdo il metro di giudizio giusto. Mi serve il referendum. Sarei un’illusa se pensassi che dopo 23 anni di lavoro in tutti gli ambienti del mondo, io possa essere ancora lucida. Non lavoro perché sono lucida, grazie a Dio.

Tu hai una squadra che ti protegge? Quella che a Hollywood chiamano “entourage” e che circonda un attore particolarmente popolare?

No.

E’ ancora più stancante così…

No. Mi diverto un sacco. Io per esempio viaggio da sola perché preferisco organizzarmi per i fatti miei dal punto di vista logistico. Chiedo alla produzione se mi dà il rimborso spese e da brava diligente porto gli scontrini. Decido io sempre come e quando spostarmi da una produzione all’altra. Ti dico che io soffro così tanto di sensi di colpa che se mi accompagna un’autista perché la produzione me lo ha messo a disposizione, io ci passo la serata intera a chiacchiere mentre guida. A me piace tanto viaggiare in macchina. Questo per tornare alla squadra. Se io avessi una squadra che mi protegge… perderei completamente il contatto con la realtà.

Chirurgia estetica. Come ti poni?

Non la voglio fare. Ma questa purtroppo è una società che non ti permette di invecchiare. Non le vogliono le persone anziane.

C’è una battuta interessante di Ninni Bruschetta in Viva l’Italia dopo che ti ha fatto il provino nei panni di un regista pieno di pregiudizi nei confronti della tua Susanna Spagnolo. E’ già la fase 2 di Susanna in cui ha cambiato look e perso la zeppola. Lui la ascolta e poi dice all’assistente: “Questa qua è brava” e allora l’assistente gli fa: “La prendiamo?” e lui secco: “No!”. Questa scena ti è successa a te personalmente? Sei stata scartata per qualcosa al cinema perché eri Ambra Angiolini?

No. Non penso che possa dire di sì perché quando ho cominciato a fare dei provini per il cinema… io veramente non conoscevo nessuno.

Ma dopo Saturno contro ti è successo? Dopo quella vittoria ai David… ti è successo?

C’è sempre una parte dell’ambiente cinematografico che non ci crede. Ma il mio atteggiamento è cambiato. Ora mi sento meno un ospite. Quando mi convinco che devo far cambiare idea a una certa persona mi ci metto con l’anima e con il cuore e faccio provini su provini fino a che non mi viene chiusa anche l’ultima porta in faccia. Quando mi rendo conto che il pregiudizio su di me è presente in un progetto… sono io la prima ad allontanarmi anche se sulla carta mi piacerebbe tanto fare quel film. Quando Nanni Moretti dice: “Guardate il mio film e non pensate che l’ho fatto io” ha totalmente ragione. Io non dico: “Sono Ambra faccio questo film”. Io dico: “Sono un’attrice e ho preso questo lavoro”.

Cambiamo discorso. Ti piacciono i blockbuster hollywoodiani?

Non troppo.

Avrai visto con i tuoi figli un superhero movie, no?

Avengers: Age of Ultron (2015). Mi sono addormentata a tratti. Mamma mia… mi sono sentita la nonna dei miei figli… e non ho capito niente. I bambini fanno finta di capire perché si aggrappano a delle cose che a noi adulti non interessano più. Ho fatto l’anziano di Up così… con il mento giù (mima un assopimento improvviso, N.d.R.). Il primo Avengers mi era piaciuto di più. Per un po’ mio figlio ha avuto la passione di Thor. A lui piacciono molto i film catastrofici come The Day After Tomorrow – L’Alba del Giorno Dopo (2004). Adora quella roba là. E’ come me perché siamo entrambi così fifoni che quando una cosa ci spaventa la eleviamo al cubo nella nostra testa. Abbiamo visto anche Gravity (2013) e Interstellar (2014)… quest’ultimo complicatissimo. Sono andata a Brescia con i miei figli a vederlo. A loro è piaciuto molto. Non si sono mossi. Erano superfelici. Io l’ho trovato un film molto interessante. Anche incomprensibile, ripeto, ma molto affascinante. L’onestà di chi guarda è anche quella di non sentirsi una “cima” (espressione romana a significare “cervellone”, N.d.R.) rispetto alle cose che non conosce.

Chi sono i tuoi attori stranieri preferiti?

Cate Blanchett.

Ok… qui stiamo al top. Lei è una che cambia tanto…

Lo può fare grazie alla sua bellezza particolare. Lei è bella di suo. Lei è bella come non è bella nessun’altra. Guarda che ci vuole una forza pazzesca per un’attrice. Se lei non fosse riuscita a diventare quel tipo di creatura lì, sarebbe rimasta una caratterista interessante ma imperfetta. Una di quelle attrici per cui in Italia c’è il modo di dire: “Che le famo (altra espressione romana per “facciamo”) fa’?”. La Blanchett possiede qualcosa che anche tu vorresti. Lo dico da attrice. E ripeto: è un lavoro che lei ha fatto negli anni. Non è naturale.

L’hai mai incontrata?

Sì…

E che le hai detto?

Niente. Sono stata un’ebete, lo riconosco. Non avevo niente da dire. Mi è successo anche con Ozpetek. Purtroppo mi capita…

Magari era un’occasione in cui c’era poca intimità…

Ma nemmeno. Lei mi si è avvicinata, mi ha sorriso e io… ho subito totalmente quel sorriso. Non potevo credere che stesse sorridendo a me. Non ho fatto il salto da “collega” con quelli che mi piacciono. Aveva un sorriso meraviglioso e io ero così assorta nel fissarla per capire da dove provenisse quel suo brillare che vedevo sullo schermo e che pensavo fosse anche frutto di quei film complessi che aveva fatto… e invece mi resi conto che era una scintilla tutta sua. Sono rimasta senza fiato. Anche quando ho incontrato Madonna, la quale è stata uno dei miti da ragazzina, io non ho detto una parola. Niente.

Con Madonna dove eravate?

A una festa con 20 persone di numero. Quindi le potevo parlare. Ma è stato uno di quei momenti in cui ti chiedi: “Ma ti interessa davvero?” e la risposta è: “No”. Perché vuoi che quell’artista rimanga solo nel tuo immaginario. Quanto mi piaceva da ragazzina.

Cosa ti piaceva di lei?

Era una matta che cambiava aspetto e ci invitava a crederci ogni volta. Come se fosse sempre carnevale. Era un modo interessante di agganciare la vita.

E in Italia chi ti piace?

La Morante mi piace tantissimo. Ha uno sguardo che mi fa pensare. Una carriera di scelte particolari. Non puoi metterla in nessuna categoria. E’ dannatamente bella ma di un bello che, come la Blanchett, ha inventato lei. La Trinca mi piace da morire. Poi Jasmine ha una verve spiccata, rumorosa, simpaticissima. La stimo molto.

Quando vieni a sapere di un progetto che ti interessa che strategia adotti? Ti proponi a un regista?

No… non ce la faccio. Sono troppo timida. Penso di disturbare. Non sono capace. Io poi se non sono voluta… sicuramente faccio male. Mi sento più solida dopo tutti questi anni ma devo sentire minimamente che anche loro sono interessati a me. Se non sento anche solo una minima curiosità… non mi interessa.

Un film che hai rifiutato e poi ti sei detta: “Ma perché ho rifiutato”?

No. Li ho fatti tutti! Quando ci credo mi butto e non ho mai avuto un rimpianto. Ti sembravo triste sul set di Un Natale Stupefacente?

No, anzi…

Mi sono divertita molto anche quando ho dovuto indossare la guepiere. Lì per lì, quando stavo per indossarla, mi sono detta di voler fare subito un film di guerra con il fango sulla faccia e i vermi addosso. Ho chiamato la mia fidata Valentina Palumbo e le ho detto: “Valentì… ma sono due film in cui sono praticamente nuda!”. Perché devi sapere che anche ne La Scelta di Placido c’erano molti nudi ma Michele alla fine non li ha montati. Mi sono detta… va bene in questo momento devo fare i film mezza nuda. Ok.

Sulle nudità come ti gestisci?

Sono molto brava sul set a farmi rispettare. Volfango poi è stato veramente un gentleman. Gli dovrò una pizza al mese per tutta la vita. Ho un debito con lui. Poteva rendermi molto più volgare nel film e invece ha scelto di rappresentare Jenny (il personaggio di Ambra nel film, N.d.R.) come una che giocava a fare la fatalona più che esserlo. Il che poi era stato proprio il mio modo di interpretare il personaggio.

Complessivamente cosa pensi di Un Natale Stupefacente?

Un film che ha funzionato molto bene. Con un’impronta buona, fresca. Volfango ha un grandissimo talento e deve sentirsi solo più sicuro. Era un po’ troppo spaventato sul set. Si è preso tutte le pressioni addosso e non ha battuto ciglio. Lo stimo molto e gli auguro il meglio.

Cara Ambra, siamo quasi in conclusione. Per una persona autocritica come te… qual è il complimento maggiore che ti faresti dopo questi 23 anni di carriera?

Di aver fatto un viaggio con un pubblico un po’ pazzo come me. La cosa di cui vado più fiera è che chi ha sposato il progetto “Ambra” nella sua follia, non si è mai spaventato. Io sono il cubo magico di Rubik dove i lati non riescono mai ad avere le faccette con il colore giusto. Sono rimasta un cubo di Rubik irrisolto e mi piace pensare che accanto a me ci siano tante persone che hanno fatto questo stesso percorso un po’ folle. Mi piace pensare che qualche pazzo come me abbia deciso di seguirmi anche a teatro. Tu pensa che dopo il successo del monologo di Benni, che in principio per molti era un azzardo totale, mi sono arrivate due proposte cinematografiche e dieci offerte teatrali. E’ come se tu dessi dei segnali e improvvisamente ti si apra un varco davanti. Per Benni io ho avuto le groupie e i groupie del teatro che mi seguivano ovunque, di data in data. A un certo punto ho detto loro: “Ma mi volete avvertire… che ve lo pago io!”. E loro… niente. Venivano a vedermi per la 50esima volta e rifacevano la fila. Come la chiami questa cosa qui? In certe serate avevo la sensazione che se avessi puntato il microfono in sala… loro avrebbero eseguito il pezzo di Benni al posto del mio personaggio. Mi sentivo Mick Jagger, cavolo! Io li invito a cena ormai quei signori, ci parlo, li considero il mio friends club perché l’espressione fan club non mi piace. E sto parlando di persone con un background culturale molto semplice come il mio. Si sono trasformati. Adesso mi dicono con tono distaccato: “Ah… fai Pinter?” e stanno già lì a leggere Pinter. Io trovo tutto ciò fantastico.

Chiudiamo allora con Tradimenti di Pinter, dai. In fondo è stato presente fin dalla partenza dell’intervista…

Allora: Placido alla regia, Francesco Biscione con me e con Scianna. Questa estate la passo sul copione, fine. Niente cinema per un po’. Mi fa bene un attimo di pausa. Durare è difficile nel mio mestiere, quindi è necessario bloccare i film ogni tanto. Poi ovviamente ho degli attacchi di panico perché il set mi manca ma ora sono conscia di aver fatto la scelta giusta. Mi sveglio contenta. I miei compagni di viaggio sembrano adorabili.

E prima ti sei goduta la candidatura al Nastro d’Argento come Miglior Attrice Protagonista per il “maledetto” La Scelta. Fu una sorpresa?

E’ stata una grande sorpresa ed io ero veramente emozionata il giorno delle cinquine perché non ce l’aspettavamo. Anche Michele era tanto felice e anche se il film aveva solo una candidatura ed ero solo io la sopravvissuta… lui era felice. Questo mi ha molto colpita dal punto di vista umano. Lui ancora adesso dice: “Ambra ce l’abbiamo fatta! Volevo giustizia per gli attori”. Io pensavo che fosse amareggiato e invece… sono arrivata alla nomination senza alcuna speranza di vittoria trovando una stima alla conferenza dei Nastri che mi ha emozionata. Sono andata via di lì che ero veramente felice.

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