La ciliegina sulla torta degli Incontri ravvicinati della Festa del cinema di Roma di quest’anno è lui, Jude Law, che a Roma risiede da diversi mesi per le riprese di Young Pope sotto la direzione di Paolo Sorrentino ma che in questo incontro è venuto a parlare di tutta la sua carriera. Non mancherà una parte sulla serie HBO che sta preparando con il regista italiano, ma come era prevedibile è autorizzato a dire pochissimo e soprattutto niente di succoso.

Si presenta con una giubbotto e stivali, molto informale, molto divertito e subito confessa di non vedere mai se stesso e i suoi film dopo l’uscita. Li vede una volta quando sono finiti e basta, quindi assistere alle clip, alcune delle quali che non vedeva da diversi anni, lo mette un po’ a disagio.

JUDE LAW: Per me è abbastanza inusuale tutto ciò, è la prima volta che vedo questi pezzi di film da quando sono usciti. In effetti molte cose ora le farei diversamente, quello che vedo però è anche una persona così tanto più giovane di me e ricordo solo vagamente cos’è che volessi fare in quei momenti, quali fossero le intenzioni.

[CLIP tratta da A.I.]

Lavorare con Spielberg è un sogno, come ci sei arrivato?

JL: Venne da me con uno script che era un’espansione di quello scritto da Kubrick che doveva produrlo ma quando iniziammo morì. A quel punto il lavoro diventò un progetto molto caro a Steven, anche per la volontà di realizzare un’idea di Stanley, lavorare su uno script a cui lui aveva messo le sue mani per anni. Per me era emozionante mettermi nelle mani di Spielberg, uno dei registi più importanti, credevo sarei stato un piccolo ingranaggio in una macchina gigante nell’entrare nel mondo di questo straordinario regista, invece fin dall’inizio volle i miei consigli. Alla fine è un’idea mia che il robot balli, e presi delle lezioni di danza apposta, come anche i costumi li abbiamo decisi insieme. Alla fine è un ricordo che mi riempie d’orgoglio.

C’e un film di Spielberg che ami in particolare?

JL: Si, Incontri Ravvicnati Del Terzo Tipo ha avuto un impatto molto forte su di me, lo vidi da piccolo ero allo stesso tempo terrorizzato e intrattenuto come solo lui sa fare. Negli anni successivi poi l’ho rivisto molte volte notando come sia costantemente cresciuto dentro di me. Ha una maniera di guardare alla vita familiare, ai problemi familiari e poi ai genitori single, che poi Spielberg avrebbe elaborato ulteriormente in seguito ma che qui forse erano alla perfezione.

[CLIP tratta da Il Talento di Mr Ripley]
[CLIP tratta da Ritorno a Cold Mountain]

Quando interpreti personaggi storici o letterari qual è il tuo approccio? Studi libri di storia? Ti confronti con il regista?

JL: È un viaggio interessante perchè se torno indietro a quando iniziai a recitare da teenager, lavoravo molto con l’intuizione e seguendo tutto quello che il regista chiedeva. Poi ho capito che la parte migliore di questo lavoro è la possibilità di educare te stesso, imparare il background storico, apprendere delle abilità o avere una cultura sul mondo dei personaggi che interpreti. Questo tipo di ricerche alle volte possono essere fantastiche come attore e necessarie per la professione ma spesso anche troppo indulgenti, mi capita di studiare molto più del necessario per sola curiosità, magari indugio troppo su uno scenario o un aspetto del personaggio anche se non è proprio necessario o interessante.

[CLIP da Sherlock Holmes]
[CLIP da Wilde]

Durante la clip di Wilde dicevi “No no…” perché?

JL: Cavolo non so cantare, sono stonatissimo, sono arrossito vero? Ma quanti anni sono passati?

Una ventina.
Nel primo film che abbiamo visto sei un personaggio molto amato, Watson, nell’altro uno terribile, l’amante che ha rovinato Oscar Wilde. È meglio fare i simpatici o gli antipatici?

JL: Quando accetti un personaggio non lo giudichi, il clichè vuole che nessun cattivo pensi di essere il cattivo, ma di essere il buono e che il buono sia il cattivo. Quindi non ho preferenze, dipende quale sia il più divertente, credo dipenda dal bilanciamento tra lati oscuri e luminosi del personaggio.

Stai lavorando con un grande regista italiano e stai interpretando un papa. Come va? E come ti trovi con sorrentino?

JL: Beh come molti altri adoro il lavoro di Paolo e lo seguo da tempo. Dopo La grande bellezza lo menzionavo a tutti, volevo lavorarci a tutti i costi. Dopo un mese mi è arrivato uno script, che era il suo prossimo progetto. Si tratta di un film di 8 ore in cui interpreto un papa americano inventato in un ambientazione contemporanea, non so cos’altro posso dire ma diciamo che sta andando molto bene.

Qual è la cosa più difficile per un attore nell’interpretare un papa?

JL: Quel che posso dire è che al momento devo stare seduto su uno sgabello scomodissimo tutto il giorno perché è l’unico modo di non rovinare il costume di scena. Alle volte posso anche passare 14 ore senza sedermi. Certo l’aspetto è stupendo ma è molto faticoso.

[CLIP tratta da Sleuth]
[CLIP tratta da Era mio padre]

Sam Mendes viene dal teatro hai trovato qualcosa di diverso nel modo in cui lavora che ne riveli le origini?

JL: Io non direi che pare venire dal teatro, no. Ho appena fatto un film con un regista di teatro, Michael Grandage [intitolato Genius ndr] con cui avevo fatto anche due lavori teatrali, ecco lui usa molto gli schemi da regista teatrale, molto più di Sam, almeno nella fase che precede il set. In buona sostanza la parte di prove è più intensa, mentre con Sam Mendes ricordo che benchè avesse fatto solo American beauty c’era lo stesso l’idea di essere nelle mani di un regista esperto, la sua attenzione al dettaglio era fantastica. Il mio personaggio l’abbiamo creato insieme.

Cosa hai portato tu?

JL: Sapevo di stare all’opposto di grandi calibri come Tom Hanks, Paul Newman e Daniel Craig, quindi pensai di farmi piccolo, come una lucertola o un furetto, pelato con unghie lunghe, peri anche del peso. Pensavo sarei stato la lucertola bastarda e viscida.

[CLIP tratta da Gattaca]
[CLIP tratta da Anna Karenina]

Da dove hai cominciato a preparare Anna Karenina, dalla letteratura o dal dialogo con il regista?

JL: Ho cominciato dalla sceneggiatura, sapevo la storia ma non avevo letto il libro ed ero molto interessato a come il film non facesse del mio personaggio il cattivo ma lavorasse sul potere dell’innamorarsi. Ho anche letto il libro, di cui conoscevo solo la storia. Molti dopo aver visto il film mi hanno detto che Karenin veniva riscattato e non era più isto come la causa della fine del rapporto.

[CLIP tratta da Closer]
[CLIP tratta da Grand Budapest Hotel]

Quasi tutte le sequenze che abbiamo visto sono da film diretti da registi inglesi, queste invece no. Hai notato una differenza industriale o artistica lavorando nel cinema americano?

JL: Credo che alla fine dipenda tutto dai soldi, dipende tutto da quanti soldi hai da spendere. Alcuni di quei film sono stati fati con molti soldi e da grandi studi basati su grandi racconti e altri con pochi soldi, anche se fatti da americani. Quello che però non si riflette sullo schermo è lo spirito con cui approcci il progetto, se sei coinvolto non per soldi allora è solo per l’amore verso i progetto, quindi ti approcci in una maniera diversa.

Ho chiesto a Jude Law di scegliere un film che ama particolarmente, vediamo qual è

[CLIP tratta da La morte corre sul fiume]

JL: Mia madre me lo fece vedere quando avevo 17 anni e stavo iniziando ad immergermi nell’amore per il cinema. Averlo visto mi ha sollevato in tantissime maniere, mi ha spiegato cosa si può fare con il cinema. Ho fatto molto a teatro e amo la magia, il potere dell’immaginazione e cosa un regista o un cast intelligente possano creare. Credo però che alle volte la teatralità sia sottoutilizzata al cinema, il cinema è ossessionato dal realismo, dal sembrare vero ma la teatraltà in realtà è molto potente e questo film ha un bilanciamento tra storia vera e favola bellissimo. Sono contento che abbiate scelto questa clip, quella in cui i due bambini mentre scivolano nel fiume mentre le creature della notte si arrampicano dietro di loro, è un momento significativo rispetto a quello che dicevo, come anche quello in cui si vede la silhouette del cacciatore. Mia madre poi mi disse che Laughton aveva fatto questo film ma lo studio non l’aveva compreso, glielo levò e non gliene fece fare mai più, il che mi è sempre sembrato un delitto imperdonabile.

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