Quando si parla di Lars von Trier, il primo aggettivo che si sente pronunciare solitamente è quel “controverso” che, assieme a “visionario”, è tra i termini più cari alla non sempre ispirata stampa nostrana. Nel giorno in cui cade il sessantesimo anniversario del cineasta danese, tuttavia, è doveroso riservargli un trattamento diverso, che sorvoli sulle tante – troppe – polemiche sollevate, in percentuale paritaria, dal regista stesso e dai giornalisti che, di volta in volta, gli ronzano attorno con la curiosità vagamente morbosa di un giovane torero alla prima corrida.

Già, perché al di là di ogni controversia, il cui etimo rimanda a un’inconciliabilità tra due parti avverse, vi sono meriti oggettivi che nessuno può negare a questo brusco, umorale maestro e, cosa più importante, al suo cinema. Cinema che, va detto, racconta molto della sua natura e, benché non siano queste righe la sede ideale per una seduta di psicanalisi, ne fa emergere R...