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Era predestinata al mondo dello spettacolo come figlia della coppia Eddie Fisher e Debbie Reynolds ma poteva emergere anche come attrice provocante e sessualmente precoce come il suo primissimo ruolo. Era Lorna in Shampoo (1975) di Hal Ashby, addentava le carote, non aveva il seno schiacciato da fasciature strette e proponeva rudemente a Warren Beatty se era interessato ad accoppiarsi con lei. Non aveva ancora 18 anni.
È entrata nell’immaginario collettivo come saggia, coraggiosa e ben educata nei panni principeschi, e stretti al petto, di Leia di Guerre Stellari (1975). Carrie Fisher, dopo il capolavoro di Lucas, è stata maledetta da quella altolocata, integerrima, pasionaria intergalattica.
Spiritosa e sempre autoironica, cosa è stata questa scapestrata ma simpaticissima figlia dello show biz oltre Star Wars?
La donna misteriosa sedotta e abbandonata, ben due volte di seguito, da John Belushi in The Blues Brothers (1980). Poi l’amica florida e dall’aria vispa di Meg Ryan in Harry, Ti Presento Sally… (1989), a destra del segmento centrale nel celeberrimo split screen a tre (con quattro attori) in cui sia Harry che Sally comunicano ai rispettivi amici più intimi che hanno fatto l’amore (lei è uno dei due amici). Fu un momento d’oro quella fine anni ’80 perché con Cartoline Dall’Inferno (1990) Meryl Streep metteva in scena addirittura la sua vita e recitava le battute di un suo copione diretta dal gigante Mike Nichols. Postcards From The Edge era stato un libro fortunato scritto di getto dalla Fisher nel 1987 quando quella carriera lanciata da Guerre Stellari era diventata una delusione dopo l’altra, coronata anche da problemi di droga e intense ma faticose relazioni sentimentali. Di fatto lo script di Cartoline Dall’Inferno, tratto dal suo fortunato romanzo semi autobiografico, è ad oggi la sua unica, vera, grande prova ufficiale di scrittura per il cinema. Candidata al Bafta, ma non all’Oscar, la sceneggiatura di un film nominato per due Oscar (Attrice Protagonista e Colonna Sonora Originale) poteva aprire le porte di un nuovo mestiere all’attrice che era stanca di recitare, a volte peccava di mancanza di lungimiranza (rifiutò il ruolo di protagonista in Terminator e non protagonista di Sotto Accusa), alternando ruoli in film pregevoli (Hannah E Le Sue Sorelle) ad esperienze non proprio memorabili come Hollywood Vice Squad (1986) o Sono Morta… E Vi Ammazzo (1989).
Il passaggio di ruolo netto da attrice a sceneggiatrice non ci fu e nonostante un lavoro costante di script doctoring per Hook – Capitan Uncino (1991), Sister Act: Una Svitata In Abito Da Suora (1992), Arma Letale 3 (1992), The River Wild – Il Fiume Della Paura (1994), Prima O Poi Me Lo Sposo (1998) e Kate & Leopold… la nostra non diventò mai una sceneggiatrice affermata. In tv è comparsa in un episodio della serie comedy 30 Rock e in Wishful Drinking (2010) di Fenton Bailey e Randy Barbato, giocando il ruolo dell’ex tossica di Hollywood in chiave comica nel primo caso e di confessione documentaristica nel secondo, ruoli divertenti ed efficaci tanto da valerle due nomination all’Emmy. Cronenberg, gelido, la usa in tempi recenti nei panni di se stessa in quella celebrazione chirurgica della decomposizione morale e fisica della società dello spettacolo che è Maps To The Stars (2015). Poi alla fine torna Leia per Star Wars – Il Risveglio Della Forza (2015), e di nuovo l’abbiamo rivista in Rogue One: a Star Wars Story (2016) e la rivedremo in Episodio VIII (2017).
Un ultimo ruolo che è sempre il primo e unico. Lassù tra le stelle.
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