Impossibile non voler bene ad Alex de la Iglesia quando si presenta alle interviste per l’anteprima del suo film alla Berlinale con una maglietta nera di Bigfoot e una camicia di flanella a scacchi grunge anni ‘90 di Frankenstein (nome ad altezza taschino e dietro facciona gigante di Boris Karloff).

Se si accoppia quest’abbigliamento a El Bar, il film che è qui a presentare, in cui una serie di persone si trovano intrappolate in un bar perché di colpo chiunque esca viene fatto fuori da un cecchino, è subito chiaro che non sarà un’intervista normale. Gli avventori del bar capiranno presto che la ragione di tutto è che una persona infetta da qualcosa di pericoloso è entrata, rendendo loro dei contaminati, quindi un pericolo per la società. Il delirio e la paura di morire faranno il resto fino alle estreme conseguenze.

Leviamo subito una cosa di mezzo: il terrorismo. Nel film i personaggi a lungo non sanno cosa stia accadendo, perché qualcuno spari, hanno paura e suppongono subito sia un attentato.

“Il problema è in realtà quello della paura, la paura costante, sopravvivere in una strana situazione in cui non sappiamo cosa accada e quando possiamo morire. Chi è il cattivo che ci uccide? Tutti abbiamo questa paura in testa. Una volta mia madre mi diceva di stare attento se andavo in Francia che mi avrebbero potuto sparare in un locale e le dicevo che era ridicolo, o mi diceva di stare attento se andavo a Berlino che qualcuno mi avrebbe uccidere con un camion e le ripetevo che non aveva senso. Da quando ci è accaduto a Madrid viviamo nella paura ed è quella la maniera in cui affrontiamo la realtà. Ma quello che volevo dire con questo film è che la paura non è fuori ma è dentro. La paura è quella della tua famiglia, dei suoi amici e poi tua stessa. Va’ così a finire che ti ritrovi una pistola in mano perché “Se mai ce ne fosse bisogno” ma “semmai ci fosse bisogno” di cosa?? Questi ragionamenti sono la ragione dei problemi dell’umanità”

Nei tuoi film emerge forte sempre l’unica maniera possibile di contrastare questa paura…

“…lo humor. Non c’è altra ragione per vivere, è un’arma buona per difendere e attaccare. L’amore è l’assenza dell’odio, ma lo humor è quello che conta sul serio, è con quello che ci si innamora. Certo non è una vera soluzione ma ti salva dal dolore, dalla pazzia, dalla paura”.

alex-de-la-iglesia

Eppure qui chi esce meglio dal film è il personaggio meno divertente…

“Lo humor non è una soluzione, solo una maniera di vivere o magari di morire. Inoltre nel film chi sopravvive non è necessariamente un personaggio positivo, anzi è uno manipolatore. Buono e cattivo sono solo punti di vista, non cose reali, del resto quando vedi un politico buono hai la certezza che sia un imbroglione”

El Bar è un film in uno spazio stretto, come spesso ti capita ma anche uno pieno di inquadrature strettissime. Vai sempre più vicino alle persone?

“Sì perché qui non c’è un vero cattivo, il cattivo è qualcuno come te, che ti sta accanto e ha le tue stesse paure. Volevo mostrare quanto siano tutti vicini questi prigionieri”.

Cosa ami così tanti di queste location confinate? Cosa ti piace nello stringere i personaggi in pochi luoghi?

“Se apri il film a diverse location perdi qualcosa, mi piace la sfida delle piccole location. Con tanti luoghi diversi perdi il senso teatrale, io da filmmaker amo la difficoltà dei piccoli posti. Non è difficile montare un film con differenti location, tagli, tagli e tagli BAM BAM BAM. Diciamo che hai 2-3 azioni diverse con differenti personaggi in posti diversi, li puoi montare facilmente, come fanno tutti del resto. Tutti lavorano alla stessa maniera perché è facile. Hai un dialogo al massimo di 3 battute (se no il pubblico poi si stanca eh!): “Come stai?” – “Bene e tu” – “Mah insomma” e poi BAM “Nairobi” oppure “New York” e altri eventi e altre 3 battute.
Tutto facile e veloce ma io amo avere il problema di intrattenere senza scappare. Voglio situazioni regolari con personaggi regolari che devono parlare e avere vere conversazioni. A quel punto allora che fai?”

alex-de-la-iglesia

Tutti i film mettono alla prova i propri personaggi, li testano. Nei tuoi però questa è sempre una prova fisica, tu li distruggi, li sporchi, li riduci ai minimi termini, sanguinanti e derelitti. Si tratta di una forma di sadismo verso le proprie creazioni?

“No no è un problema sessuale! [ride ndr] Il punto è che per me queste storie sono una forma di purificazione come discendere all’inferno e dove è l’inferno? Nella tua mente. Solitamente all’inizio tutto è normale, tutti sono puliti e hanno le loro maschere poi quando si scatena il problema inizia il purgatorio la maniera in cui cercano di pulirsi, che in questo film è proprio passando dentro un buco. A quel punto gli avventori del bar si trasformano diventano il proprio opposto, passato il buco si sporcano ma si purificano. Nel finale siamo nel vero paradiso che però è un inferno, non ci sono più maschere, ognuno finalmente è quello che è, un codardo, un killer o altro. Sono sporchi fuori perché li vediamo per come sono anche sporchi dentro”

Cioè li massacri per scoprire come sono?

“Quando la tua vita è in pericolo, quello è il vero momento in cui non puoi mentire, quando ti puntano una pistola. La vita è una bugia continua e questi orrendi e violenti momenti sono purtroppo gli unici veri. Della realtà non sappiamo niente, magari qui in questa stanza tutti intorno a noi sono criminali, solo nel terrore viviamo la vita come verità Per questo i momenti terribili di terrorismo aprono un ventaglio di verità”.

Nel film però tutto l’accaduto viene coperto dai media e non è infrequente nelle tue storie che gli eventi siano distorti o tenuti nascosti per controllare le persone, è una cosa che credi anche nella realtà?

“Le disgrazie mondiali sono maniere di tenere terrorizzata e meccanismi di controllo della società. Pensa alla mucca pazza, ci fu un momento che non si poteva mangiare la carne attaccata all’osso, pareva non l’avremmo mangiata mai più per tutta la nostra vita. Ora invece possiamo e non interessa più a nessuno, nessuno ci ha detto: “No ragazzi niente, ci siamo sbagliati, tutto a posto”, allora la domanda è cosa era che stavano coprendo?”

alex-de-la-iglesia

Nel film c’è un televisore su cui vanno pezzi di film dell’orrore, qual è quello che ti ha segnato di più?

La Cabina ha cambiato la mia vita. Racconta di una persona che entra in una cabina telefonica e rimane intrappolata, tutti cercano di aiutarlo inutilmente, poi arriva un camion che prendere la cabina e la porta in uno magazzino gigante dove ci sono centinaia di altre cabine con dentro scheletri. Fine. BAM Cosa ho appena visto??
Ma non è il solo eh, per me le vere impressioni della vita sono i film, i personaggi dei film sono più importanti di quelli che incontro per la mia vita, preferisco Capitan Harlock alla persona che ho incontrato in ascensore”.

Stai ancora cercando di fare il film di El Santo?

“Ho passato due anni a cercare di farlo ma è una vera battaglia, non è facile fare film di supereroi che non siano Marvel o DC. El Santo è un personaggio messicano in un mondo latino e soffro tantissimo nel cercare fondi per mettere in piedi il film, sto provando a fare un film con un supereroe diverso, lo Spirit messicano, che combatte i politici”.

Tu 5 anni fa facesti un discorso di fuoco in una riunione industry spagnola sull’esigenza di modernizzarsi, su internet che non era il futuro ma il presente, ora le piattaforme on demand sono produttori, tu come la vedi adesso?

“5 anni fa tutti erano spaventati da internet, distributori, esercenti… tutti spaventati che il cinema sparisse per fare posto ai computer ma funziona questo? Io preferisco fare film per il cinema ma alla fine quel che davvero voglio è farli e basta. Non mi frega niente se la gente li vedrà in sala o a casa, io voglio trovare il pubblico e non voglio certo dover essere quello che dice alla gente dove guardare un film!”

Classifiche consigliate