Nelle ultime ore hanno fatto discutere le dichiarazioni del responsabile della distribuzione USA della Paramount sulle possibili cause del flop di Ghost in the Shell.

Ma come si può definire già un flop una pellicola uscita solo una settimana fa? Deadline prova a fare due conti, ricostruendo il budget complessivo speso per la pellicola co-prodotta da Paramount / DreamWorks e Reliance: si tratta di almeno 250 milioni di dollari (110 di budget di produzione, anche se alcune fonti citate dal sito arrivano a parlare di 180 milioni, e il resto di “print & advertising”, ovvero costi di distribuzione e promozione a livello globale). Al momento la pellicola ha raccolto 73 milioni di dollari in tutto il mondo, e secondo le ultime proiezioni potrebbe arrivare a un massimo di 200/250 milioni di dollari a fine corsa: calcolando che agli studios tornano in tasca più o meno la metà degli incassi (l’altra metà va agli esercenti), il film potrebbe rappresentare una perdita di oltre 60 milioni di dollari, se non 100.

Anche se le perdite verranno divise tra gli studios coinvolti, si tratta di una opportunità mancata per la Paramount, che negli ultimi tempi ha infilato numerosi flop e che a questo punto confida in Transformers: l’Ultimo Cavaliere per risollevare un 2017 partito decisamente male (poco tempo fa è fallito il tentativo di un accordo di finanziamento da un miliardo di dollari con due compagnie cinesi che peraltro avevano investito in Ghost in the Shell, ovvero Huahua Media e Shanghai Group).

Deadline prosegue elencando una serie di errori commessi dalla Paramount con questa pellicola: si va dal budget, giudicato eccessivo per una “proprietà intellettuale poco nota”, ai ritardi nella produzione legati al coinvolgimento della Johansson (che è stata pagata 10/12 milioni di dollari e che stava per lasciare il film per via di altri impegni, costringendo a un costoso rinvio delle riprese) e soprattutto a una campagna marketing contestata dalla stessa DreamWorks (e di cui la sola responsabile è la Paramount) e giudicata troppo dark e poco dettagliata nello spiegare la storia al pubblico che non conosceva l’originale. Nonostante lo spettacolare lancio globale del trailer a Tokyo, l’intera campagna promozionale è stata costellata da polemiche anche sui social, in particolare legate al casting.

Tuttavia il sito cita i dati diffusi da PostTrak relativi ai sondaggi effettuati sul pubblico per dimostrare che le polemiche sul whitewashing, in realtà, potrebbero aver avuto un impatto minimo, al contrario di quanto sostenuto dai dirigenti della Paramount: il 13% del pubblico di Ghost in the Shell negli USA è stato Asio-americano, la stessa percentuale di film come Arrival, Passengers e xXx: il Ritorno di Xander Cage (che ha numerosi attori asiatici nel cast), e peraltro è stato anche apprezzato da questa fetta di pubblico. Ma la realtà è che in generale la pellicola è stata abbastanza apprezzata da chi l’ha vista: il vero problema, quindi, è che in pochi sono stati attirati al cinema, confermando l’ipotesi che qualcosa sia andato molto storto nella promozione. Sarà interessante sarà capire come andrà il film in Cina e Giappone, dove deve uscire nei prossimi giorni.

 

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