Superato un momento di panico dovuto a una sua eventuale non partecipazione al Festival, Amy Adams, lottando contro impegni e tempo, è riuscita a presenziare alla 47° edizione del Giffoni Film Festival.

L’attrice vincitrice di due Golden Globe (rispettivamente per American Hustle e Big Eyes) ha incontrato le giovani giurie nella bellissima sala Truffaut parlando con loro delle origini della sua carriera, del suo modo di scegliere le parti, di come è cambiata nel tempo e di numerose collaborazioni nel mondo del cinema, dal celebre Come D’Incanto all’apprezzatissimo Arrival. 

Vi riportiamo di seguito le sue dichiarazioni.

Nel corso della tua carriera ti è capitato più volte di cantare, in particolar modo in Come D’Incanto. Ti piacerebbe fare un musical?
Assolutamente. Adoro cantare e mi piacerebbe tantissimo tornare a farlo, soprattutto in un musical.

Hai lavorato con molti registi. Con chi ti è piaciuto collaborare maggiormente e con chi vorresti tornare a collaborare?
Tutti i registi con i quali ho collaborato sono molto diversi fra loro. Sicuramente una delle esperienze che più mi ha segnato è stata quella sul set di Arrival, con Denis Villeneuve. Lavorare con lui è un’esperienza speciale, sia per com’è come persona che per l’atmosfera che riesce a creare sul set. Attualmente, però, (oltre ad alcuni con i quali ho già lavorato come Tim Burton) mi piacerebbe poter lavorare con Patty Jenkins (Wonder Woman), sarebbe davvero meraviglioso, è una grande regista oltre che una grande donna.

In Arrival tu sei completamente calata nella parte, non sembra che tu stia recitando, sembra che tu sia davvero lei. Il messaggio del film è, sostanzialmente, “collaborare tutti insieme”. Qual è la tua opinione in merito?
Il messaggio del film è sicuramente quello detto da te ed è uno dei motivi per cui ho deciso di farne parte. Chiaramente è molto idealistica come idea ma trovo che la mia generazione non sia in grado di farlo. Per questo motivo sarei felice di poter trasmettere a voi giovani, attraverso il film e il mio ruolo, l’idea di cooperazione. Oggi non esiste ma qui al Giffoni Film Festival l’ho trovato in voi. Continuate così. Realizzate il mio sogno.

Come scegli i tuoi ruoli? Come riesci a collegarti così tanto con loro?
Leggo personalmente gli script che mi vengono inviati. E una delle prime caratteristiche che cerco in questi, nei personaggi che mi viene chiesto di interpretare, è proprio una connessione. Per esserci devo sentire una voce dentro di me, quella del personaggio. Se non c’è, se non la trovo, non è il ruolo per me e non riesco a sceglierlo.

Nonostante tu sia vissuta in America, in realtà, sei nata in Italia. Ti sei mai sentita italiana?
Io amo l’Italia. La amo al punto da aver dato a mia figlia il nome di Aviana, in onore di Aviano, il paese del Friuli-Venezia Giulia dove ho vissuto quando sono stata qui. Quando vengo da voi mi sento sempre a casa, le persone ti danno molto, ti invitano nelle loro dimore e sono in grado di metterti sempre a tuo agio. Come a casa tua, appunto.

C’è una parte che oggi, a distanza di anni, non accetteresti nuovamente?
È molto difficile risponderti. Sono tutte esperienze diverse fra loro e in realtà uno film che forse non rifarei è paradossalmente uno di quelli che ha portato più successo alla mia carriera (ma non dirò quale). Ma in ogni caso, in ogni situazione, positiva o negativa, impari a gestire in modo diverso la tua emotività, i tuoi sentimenti, il tuo lavoro e il tuo tempo. Spesso è sfiancante, come in questo caso, ma solo così riesci a capire cosa invece portare a casa, come dividere i contesti e trovare un equilibrio.

Quando hai capito di voler fare l’attrice?
Era un sogno ma c’è voluto tanto tempo prima di capire di poterlo fare. Ho iniziato con la danza, poi con il teatro e infine sono riuscita ad approdare alla recitazione. C’è voluto molto tempo per prendere consapevolezza di quello che stavo facendo e riuscirmi a chiamare attrice.

Il tema di questa edizione del Giffoni Film Festival è “Into the Magic”. Cos’è per te la magia?
Per me la magia sta nelle piccole cose, in momenti quotidiani, spesso veloci, che dobbiamo sforzarci di tenere dentro di noi, di ricordarli per sempre.

C’è stato un momento dove eri intenzionata a lasciare tutto?
Ora mi sembrano così distanti le difficoltà che ho affrontato all’inizio della mia carriera ma si potrebbero ripresentare sempre. Sicuramente, all’inizio, i vari rifiuti mi hanno fatto pensare spesso questa cosa ma sbagliare, mettersi in discussione, è un ottimo modo per progredire e non solo all’inizio della carriera, sempre. Bisogna fermarsi, guardarsi intorno e capire in che direzione si sta andando. Il successo è una questione molto personale e anche se esternamente possa sembra che lo si abbia raggiunto… potrebbe non essere così.

C’è mai stato un ruolo che hai scelto perché era somigliante a Amy più che per altri motivi? Come è andato il tuo primo provino?
Ci sono un paio di sceneggiature… Come D’Incanto è un film che sento vicino anche se non potrei mai affermare ovviamente che Giselle mi somigli (è un personaggio delle favole che interagisce con il mondo moderno, N.d.R.). Eppure nonostante fosse un personaggio immaginario non facevo altro che ripetere a mio marito che non vedevo nessun’altra collega che lo potesse recitare al mio posto. Anche Ashley di Junebug è il personaggio di un film dove mi trovavo a recitare la parte di una persona che pensavo di conoscere. Così come anche Louise Banks in Arrival. Il mio primo provino… oh mio dio… non sono stata mai brava nei provini. L’unico consiglio che posso dare è di non abbattersi mai e non criticarsi troppo se verrete rifiutate ai provini.
Da cosa hai tratto ispirazione per decidere di fare l’attrice?
Ho deciso di fare l’attrice quando ho capito che non ero brava in chimica nonostante volessi fare il dottore. Allora ho deciso di concentrarmi sull’arte. E poi ho sempre cercato di prendere ispirazione attorno a me e dalle persone che mi sono sempre state accanto durante gli anni della mia vita.
Quando accetti un ruolo cosa è importante per convincerti?
Sono tante cose. Devo sentire la “voce” del personaggio che si vuole mettere in contatto con me. Dipende anche dal regista coinvolto. Mi piace trovare qualcosa che sia dentro le pagine che leggo. Mi piace anche cercare e trovare qualcosa che posso portare dentro il film dalla vita che mi circonda. Ora che sono più vecchia mi piace recitare personaggi che possano essere utili alle persone.
Sei mai stata cambiata da un personaggio?
Molti film mi hanno cambiato. Se non sono stati i personaggi magari è stato il lavoro su un set particolarmente significativo. Ci sono state delle occasioni in cui ho interpretato dei personaggi ispirati a vere persone e questa è una cosa che mi emoziona.
Cosa cambieresti della tua vita?
Ci sono un paio di ragazzi con cui, oggi, non vorrei mai essere uscita per un appuntamento. È facile dire che non cambierei niente perché ho una figlia splendida e un marito fantastico. Sarebbe facile… ma effettivamente non cambierei niente perché anche le cose brutte accadutemi mi hanno portato ad essere quella che sono e soprattutto ad essere qui con voi.
Hai mai avuto problemi di sessismo a Hollywood?
Il sessismo non esiste solo a Hollywood. Esiste ovunque. Una volta parlando con un collega maschio circa un aspetto del nostro mestiere lui mi disse: “Scusa Amy… ma perché non dici semplicemente di no?”. Io gli spiegai che lui, in quanto uomo, poteva pensare che il suo “No” potesse essere una risposta secca mentre per me invece era sempre e solo l’inizio di un’altra conversazione perché comunque la mia posizione, in quanto donna, era più debole. Ho imparato allora da queste esperienze e ora dico a mia figlia che “No” è una risposta e non il possibile inizio di una conversazione. Possiamo distruggere il sessismo solo attraverso il rispetto e la connessione profonda tra di noi.
La maturità dell’artista è speculare alla maturità dei personaggi?
Che bella domanda. Certamente la maturità artistica mi ha cambiato. Oggi, per esempio, non potrei più interpretare la Giselle di Come D’Incanto. Sono anche più stanca e non avrei più quella energia.

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