Nell’ultimo giorno di Lucca Comics & Games 2017 abbiamo avuto l’onore di incontrare una vera e propria leggenda dell’illustrazione: John Howe, artista che ha creato alcune delle immagini più iconiche basate sui romanzi di J.R.R. Tolkien e che insieme ad Alan Lee ha plasmato attraverso centinaia di concept art l’universo cinematografico del Signore degli Anelli e dello Hobbit di Peter Jackson. Con Jackson, Howe ha collaborato anche a King Kong e Macchine Mortali (prodotto da Jackson e diretto da Christian Rivers, attualmente in post-produzione).

Molti lettori conosceranno i calendari tolkieniani di Howe, o le splendide immagini che ha realizzato per il gioco di carte Magic. A Lucca ha presentato La Caccia all’Anello, un gioco da tavolo distribuito in Italia da Devir e da lui illustrato. Nei venti minuti che ci ha concesso abbiamo parlato di molte cose: dalla breaking news di qualche giorno fa sulla serie tv del Signore degli Anelli al suo lavoro in Macchine Mortali, passando per Game of Thrones e la sua esperienza con Lo Hobbit.

Per me è un piacere perché sei uno dei miei eroi. Ero un teenager e frequentavo un forum sul Signore degli Anelli, venni fino a Bellinzona per farmi autografare un tuo libro di illustrazioni della Terra di Mezzo e tu fosti così gentile da disegnare uno splendido Gandalf nel retro di copertina. Alla fine abbiamo aperto un sito di cinema chiamato BadTaste.it, sono passati tanti anni e sono cambiate tante cose, abbiamo incontrato Peter Jackson e Richard Taylor e ora è davvero un piacere incontrarti di nuovo. E a proposito di eroi, visto che il tema dell’edizione di quest’anno di Lucca Comics & Games è Heroes, qual è la tua idea di eroe e come lo raffiguri quando devi fare un’illustrazione o un concept?

Onestamente credo che l’intero concetto di Eroe sia una collisione tra archetipi ed eventi. Ci sono chiaramente due tipi di eroi: quelli reali, in grado di fare realmente la differenza con azioni coraggiose e importanti, che appartengono alla nostra storia, e poi quelli mitologici e leggendari che potrebbero essere esistiti o meno. Le loro vite sono una lista della spesa di eventi archetipici ed esperienze che hanno grandissimo significato per ogni essere umano. Tengo sempre presente questo quando disegno qualcosa, perché c’è sempre qualcosa di più grande rispetto a quello che ci troviamo di fronte agli occhi. È tutto molto complicato, ovviamente, ma anche molto affascinante: fa parte di tutti noi.

Hai sempre avuto un contatto molto diretto con gli appassionati: sul tuo sito c’è un forum molto frequentato da illustratori che si confrontano con te. Come vivi questo rapporto oggi, in un’epoca in cui il contatto è ancora più diretto attraverso i social media?

Il mio sito è diventato un posto dove metto buona parte dei miei lavori, mentre uso i social media per trascinare le persone verso il sito. L’intero mondo digitale è cambiato tantissimo, mandare avanti tutti i canali è diventato molto impegnativo e devo ammettere che preferisco stare alla larga dai social media. Non sono su Twitter o Instagram. Voglio prendermi il giusto tempo per dire ciò che voglio dire, mentre quelli sono canali molto immediati. Ho ancora una newsletter, anche se penso che non la legga più nessuno!

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Come saprai, c’è stata una breaking news nel weekend: la Warner Bros TV e Amazon sarebbero in trattative per realizzare una serie tv.

Sì, ne ho sentito parlare.

Cosa ne pensi? Credi che sia troppo presto reimmaginare il mondo di Tolkien? La Trilogia dell’Anello prendeva spunto dall’immaginario creato da te e Alan Lee, ma questa serie tv dovrebbe fare i conti proprio con la Trilogia…

Sono molto scettico riguardo quest’informazione. È possibile che vi siano in corso trattative, non ne ho idea, ma mi chiedo se sia una cosa saggia cercare di fare le cose così in fretta. La gente dovrebbe aspettare un po’, aspettiamo che i film diventino un po’ più vecchi. La gente deve avere il tempo per tornare a leggere il libro di Tolkien, lasciamo passare del tempo. Non riesco a pensare che quest’operazione sia stata pensata da degli appassionati del libro, semmai è stata pensata da delle persone appassionate di serie tv: ognuno vuole trovare il nuovo Game of Thrones, è ciò a cui stanno pensando tutti. Ma ci sono migliaia di storie là fuori, ce ne sono tantissime e sono fantastiche. Sembra che la gente non abbia più immaginazione: bisogna rischiare un po’. Non so, onestamente sono molto curioso di vedere cosa c’è di vero.

A proposito di immaginazione: le tue illustrazioni hanno stimolato la mente di milioni di lettori di Tolkien e non solo. Oggi siamo inondati da immagini, foto e video tra cinema, tv, social media e altro ancora. Pensi che l’illustrazione, a mano o digitale che sia, sia ancora un mezzo in grado di stimolare l’immaginazione?

Sì. Spesso parlo di questa cosa con i miei studenti: devono essere agili, devono essere in grado di lavorare utilizzando diversi strumenti e medium, essere flessibili nel modo in cui lavorano, ma l’unica cosa che non cambierà mai è la loro immaginazione e la loro capacità di trasformarla in un’immagine. Penso che l’illustrazione tradizionale (digitale o a mano) abbia importanza perché il ritmo della comunicazione non viene imposto dal medium stesso, ma dipende dallo spettatore decidere dove vedrà queste immagini. Penso che ci sia un posto per ogni forma di comunicazione, i confini una volta erano più rigidi e oggi sono molto più fluidi. Non temo l’invasione di immagini che stiamo subendo, perché la maggior parte sfuggono, vengono dimenticate. Ciò che rimane è ciò che è realmente interessante.

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Quindici anni fa la Trilogia del Signore degli Anelli ha plasmato un nuovo modo di vedere il fantasy a livello visivo. Negli ultimi anni è capitato lo stesso con Game of Thrones. Cosa ne pensi della serie e di come sta colpendo l’immaginario collettivo?

Una serie come Il Trono di Spade è una specie di film serializzato. Le prime puntate avevano un budget più ridotto, ma oggi ogni episodio costa come un film. Sta capitando lo stesso con i videogiochi: una volta costavano meno, oggi fanno girare tantissimi soldi. Ora tra film, videogiochi e serie televisive ci sono tre media differenti che hanno la stessa possibilità di creare immaginari fantastici.

Le tue illustrazioni, anche quando raffigurano il fantastico, hanno sempre delle radici ben piantate nella realtà e nella storia. Sappiamo che l’Italia è uno dei tuoi riferimenti, in questo senso, e trovandoci nello splendido contesto di Lucca non posso non chiederti qual è la città italiana che ti ispira maggiormente.

L’intero territorio italiano è fonte d’ispirazione per me. L’Italia, come la Grecia, è uno di quei rari posti in cui ogni angolo è ricchissimo di bellezza. Se non piovesse così forte, oggi me ne andrei in giro per la città a fare foto da catalogare per le mie future illustrazioni. C’è un equilibrio meraviglioso tra le città, che hanno proporzioni e un’eleganza davvero stimolanti, e i piccoli dettagli disseminati ovunque. Passo tutto il mio tempo a cercare di capire l’armonia dell’architettura e concentrarmi sui piccoli dettagli che ti permettono di conferire credibilità e realismo a un lavoro. Sarei in grado di passare giornate intere in una città come Lucca, camminando, facendo foto e cercando di ricordare tutte queste cose troppo perfette perché qualcuno possa inventarsele di sana pianta. È come trovarsi letteralmente davanti a un libro vecchio centinaia di anni, tutto quello che uno deve fare è girare le pagine. L’ho citato ieri nel workshop che ho tenuto: le immagini che creiamo come artisti non sono dentro la nostra mente. Ciò che si trova nella nostra mente sono gli strumenti, l’esperienza, la conoscenza, il desiderio di trovare queste immagini. Le immagini sono là fuori, nel mondo: dobbiamo trovarle, non sono nella nostra testa.

Una domanda sul futuro: hai lavorato a Macchine Mortali, il nuovo film di Christian Rivers prodotto da Peter Jackson e tratto dai romanzi di Philip Reeve. So che non puoi dire molto, ma è un progetto che fonde fantasy e fantascienza, è stato stimolante per te?

Ho lavorato solo nove settimane a Macchine Mortali, è stato molto bello lavorarci. Ho creato molti concept, quello che mi affascina è che si tratta di un universo splendido che appartiene a un genere che non ho mai esplorato moltissimo. È molto anacronistico, distopico, postmoderno e futuristico. Quello che mi interessa di questo progetto è che vuole essere realistico, e quindi ecco che sono necessari i dettagli, l’esperienza, integrità. Mi sono divertito molto a lavorarci, anche se non ho idea di quanto del mio lavoro verrà utilizzato nel film definitivo!

So che Christian Rivers e Peter Jackson stavano cercando di fare questo film da anni.

Sì, sono dei grandi fan del romanzo, Christian sta lavorando benissimo e lui ha in mano tutto quanto. Potrebbe essere un film bellissimo, perché i libri sono molto belli. Li ho letti tutti e sette recentemente, sono fantastici, ricchi di inventiva, scritti bene. Visivamente molto stimolanti.

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La mia ultima domanda riguarda Lo Hobbit. È un progetto controverso, c’è chi si è dichiarato deluso, ma ora che sono passati alcuni anni vorrei sapere qual è il ricordo più caro di quest’esperienza che porti con te.

Penso che il ricordo migliore sia l’enorme quantità di tempo passata a lavorarci. Abbiamo iniziato i primissimi giorni della pre-produzione, continuando durante le riprese fino alla post-produzione e all’uscita. La prima opportunità che ci è stata data è stata durante lo sviluppo dei film, poi abbiamo avuto la possibilità di dare il nostro contributo durante le riprese, e ancora durante la post-produzione, aggiungendo dettagli e perfezionando tutto fino all’uscita in sala. Ho conosciuto tantissime persone di grande talento, da chi tiene i cavi agli attori, tutti dotati di grande entusiasmo. E poi c’è la possibilità di lavorare in Nuova Zelanda, un posto incredibile che mi permette ogni volta di riflettere su quello che potrei definire un panorama mitologico e il mondo reale. Cerco sempre di cogliere l’opportunità di collegare mito, storia e realtà in cui viviamo oggi. Penso che più collegamenti facciamo tra queste cose, più abbiamo la possibilità di sopravvivere: ostinandoci a guardare il mondo come a una fonte di risorse e di ricchezza non siamo destinati ad andare da nessuna parte. Dobbiamo guardare il mondo come qualcosa alla quale apparteniamo in senso mitologico. Ciò che ci rende umani è collegato a questo mondo, dobbiamo essere consapevoli di ciò e preservare questa cosa. Inizio a leggere i libri di Tolkien come a una storia quasi “ecologista”. Dobbiamo svegliarci.

È il modo giusto di leggere Tolkien…

Bisogna leggere Tolkien così. Parlo dell’ecologia nel senso più ampio del termine, il rapporto che abbiamo con la natura del mondo, siamo tutti bambini. Il romanticismo ha rappresentato un “risveglio”, in un certo senso, verso quell’aspetto del mondo: non il legame pratico ma quello emotivo che abbiamo con esso.

Da questo punto di vista c’è un punto in comune tra Italia, che rappresenta l’arte, la storia e la bellezza, e la Nuova Zelanda, che rappresenta la natura incontaminata.

Assolutamente, fanno parte della stessa cosa. Tutta la splendida bellezza presente in Italia è stata fatta da generazioni di architetti e artisti, un modo di plasmare il nostro rapporto con il mondo. Tutto ciò si fonda nella natura e nel rapporto che abbiamo con il mondo che ci circonda.

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