Montaggio al Centro Sperimentale, poi uno stage al montaggio di Gomorra durante il quale conosce Matteo Garrone e a cui chiede di fargli da assistente alla regia per i prossimi film. Così Andrea Tagliaferri ha imparato davvero come si fa un film, sui set di Reality, Tale of Tales e anche di Dogman, l’ultimo film di Garrone ancora in fase di realizzazione. Una formazione presso il regista italiano che lavora nella maniera meno canonica e usuale.

Quando è stato il momento di tentare il suo primo lungometraggio la Archimede (società di produzione di Matteo Garrone) ha supportato Andrea e l’ha prodotto assieme a Rai Cinema, nonostante il budget molto esiguo di 300.000€, e soprattutto Garrone stesso è stato molto presente in fase di montaggio per collaborare alla forma finale del film.

Ora Blue Kids è stato presentato al 35esimo TorinoFilmFest, uno dei due film italiani nel concorso assieme a Lorello e Brunello.

Hai imparato a fare cinema da Garrone anche se lui forse è il meno indicato per insegnarlo, lavora in una maniera unica, non segue nessuna delle solite fasi e ha metodi tutti suoi che non sono “standard”…

Sì è vero ma paradossalmente è esattamente la maniera in cui, quando non sapevo niente di cinema, speravo che si facesse un film

Quindi fammi capire: hai girato anche il tuo esordio come hai visto fare a Garrone? Cioè ad esempio l’ha girato in ordine cronologico?

Sì, certo non con la coerenza con cui riesce a farlo Matteo ma ho cercato di rispettare la cronologia. La cosa fondamentale però è stata un’altra tecnica imparata da lui, tornare a girare delle scene dopo il primo montaggio per aggiustare il film. A me è servito per girare delle parti in più che aiutano a capire il rapporto che si crea tra i due protagonisti e Matilde Gioli”.

Sei anche operatore della videocamera come lui?

No no, l’operatrice era la direttrice della fotografia

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Quanto è stato presente Garrone?

La sua Archimede produce, ma il più grosso regalo che mi abbia fatto è stato cercare di capire cosa volessi raccontare, quale fosse la mia idea, e indirizzarmi al meglio. È stato presente moltissimo al montaggio, mi ha fatto capire gli errori che avevo fatto, ha cercato di aiutarmi nel rendere il film quello che è”.

Il problema maggiore qual era?

La struttura, praticamente la sceneggiatura conteneva l’idea ma non era strutturata benissimo. Perché la prima stesura l’avevo fatta da solo. Al montaggio poi ho capito che mi serviva una raddrizzata e abbiamo preso un altro sceneggiatore. Non è che ci fossero scene venute male, è solo che portavano il film nella direzione sbagliata”.

Il film è ambientato a Faenza, dove sei nato e cresciuto. I posti in cui hai girato sono fantastici li conoscevi già o hai dovuto cercarli?

Li conoscevo quasi tutti. La casa dove abitano i protagonisti è la mia, il luogo del finale è lì vicino, in una vecchia discoteca anni ‘60 abbandonata. Quando pensavo la storia già la immaginavo in quei luoghi perché mi appartengono, sapevo che atmosfere e luoghi dovevano essere quelli per trovare la sospensione che cercavo”.

Perché hai optato per inquadrature così strette? Ci saranno 4 totali in tutto il film…

Perché mi piaceva raccontare i due protagonisti da vicino, mi pare che standogli addosso li possa scrutare meglio, è anche un po’ morboso se vuoi, come il loro rapporto. Il racconto ha della morbosità”.

Da dove vengono gli attori?

Fabrizio Falco ha fatto più che altro teatro e poi al cinema È Stato Il Figlio e Bella Addormentata, invece Agnese Claisse è una scoperta, l’ho notata ai provini di Tale Of Tales, piaceva anche a Matteo ma poi non fu presa perché non c’era un ruolo per lei. È figlia di Laura Morante ma in realtà fa la musicista. Però ha un volto incredibile”.

Infatti c’è una scena, forse quella che colpisce di più di tutto il film, in cui canta. L’hai inserita dopo aver scelto lei?

Esisteva già ma con lei è diventata altro, in sceneggiatura non era una canzone dei cartoni animati”.

Quanto hai lavorato con loro?

Poco. Li ho incontrati per sceglierli e poi ci siamo visti sul set

Quindi hanno preparato i personaggi per contro proprio?

Esatto. Ma il grosso del lavoro era sul set. Credo che la forza sia il modo in cui era tutto organizzato, molto familiare, si sono sentiti subito fratelli. Non c’era il distacco della troupe”.

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Sei rigido sul copione e sulle battute?

Zero. Lascio che gli attori decidano cosa dire. Gli dò le scene e li invito ad usare le parole che sentono proprie, non necessariamente le mie”.

Di nuovo come fa Garrone…

Sì un po’ ma lui fa un lavoro un po’ diverso con gli attori, lui cerca il momento perfetto e irripetibile, e se ripeti sempre le stesse battute ad oltranza non lo raggiungerai mai. Io invece cercavo di capire anche con loro le parole migliori per dire quel che serve nella sceneggiatura”.

Hai raccontato di due che ammazzano per avere i soldi di un’eredità e che non vogliono considerare l’idea di lavorare per guadagnarli. Non propriamente personaggi con cui il pubblico si schiera facilmente…

A me in realtà piaceva il fatto di raccontare due ragazzi che apparentemente fanno scelte strane, un po’ perché è come se fossero anestetizzati, vivono in una realtà non loro e compiono gesti che vanno al di là della loro volontà. I soldi sono una scusa, poteva essere altro e in quel momento uccidere è la scelta più giusta da fare”.

La parte migliore di loro due mi pare il modo in cui li hai disegnati, hanno abiti e un look precisi, come mai?

Hanno sempre lo stesso vestito perché mi piaceva fossero stilizzati, non hanno nomi, li volevo più universali, come fossero dei personaggi dei fumetti, astratti dalla realtà e dalla cronaca”.

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Gli unici altri personaggi oltre a loro sono due malcapitati che entrano nella loro orbita, entrambi in modo diverso attirati sessualmente, anche se poi non esplori davvero la dimensione del sesso…

Il primo ragazzo ad essere attirato è solo una vittima, mentre Matilde Gioli ha la funzione di innescare qualcosa in loro che potrebbe portare i due fratelli alla separazione. Proprio così capiamo che invece è impossibile. Instilla in loro quasi il dubbio che ci sia un’umanità. Riguardo al sesso mi piace come idea, ma in quel momento era giusto rimanere su un accenno e basta”.

Sei un divoratore di film?

Mah mediamente. Ho iniziato a frequentare il cinema a 21-22 anni perché anche io ero anestetizzato nei confronti della vita, mi chiedevano cosa volessi fare e per me era tutto uguale. Ad un certo punto ho capito che il cinema era un modo per esprimermi. Sicuramente I Pugni In Tasca di Bellocchio mi ha colpito tanto e qui un po’ c’è, come anche Elephant di Gus Van Sant. Però mi piace anche Kaurismaki e degli italiani di oggi mi piace Pietro Marcello”.

Ora continui a fare l’assistente di Garrone ma avendo un film tuo sulle spalle qualcosa sarà diverso no?

Adesso Matteo posso aiutarlo meglio e spero di continuare a farlo sempre. Prima pensavo di aver capito le sue difficoltà, ora invece che le ho vissute ho capito che sono molto più grandi”.

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