Tra i vari film in lavorazione presso The Weinstein Company c’è Fahrenheit 11/9, sorta di seguito di Fahrenheit 9/11 di Michael Moore incentrato sulle elezioni che hanno portato Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.

Il film, proposto qualche mese fa a una serie di distributori internazionali a Cannes (tra cui HBO, Amazon e Netflix), doveva inizialmente uscire a novembre in occasione del primo anniversario delle elezioni, ma Moore ha preferito continuare a raccogliere materiale ed è ancora al lavoro sul progetto: potrebbe essere presentato al prossimo Festival di Cannes, dove peraltro Fahrenheit 9/11 vinse la Palma d’Oro prima di diventare il documentario di maggior successo della storia con oltre 200 milioni di dollari in incassi.

Il problema è che dopo lo scandalo che ha coinvolto Harvey Weinstein e ha messo in ginocchio la sua compagnia, Michael Moore vuole trovare una nuova casa per il suo film, preparando il terreno per quella che potrebbe essere una pesante causa legale. The Weinstein Company infatti ha già investito 2 dei 6 milioni di dollari promessi con l’accordo di distribuzione, ed è disposta a cedere la distribuzione del film a patto di riavere indietro i soldi. Ma Moore e il suo team non hanno nessuna intenzione di avviare una transazione, in quanto “staccare un assegno a un uomo accusato di essere un predatore sessuale comprometterebbe moralmente il film”. Se la cosa finisse in tribunale, Moore intende far annullare il contratto accusando Harvey Weinstein di frode, in quanto avrebbe trattato con lui i diritti di distribuzione del film sapendo già di essere sotto indagine.

Una volta grande sostenitore di Weinstein, Moore si è schierato contro il produttore non appena è scoppiato lo scandalo, pubblicando un saggio intitolato “Utilizziamo questo momento per creare un mondo senza altri Harvey” e descrivendo l’uomo come un “sociopatico”. Ironicamente, Moore nello stesso saggio descrive anche se stesso come sociopatico, “ed è il motivo per cui sono l’unico regista ad averlo portato in tribunale accusandolo di furto.” Il riferimento è alla causa sui profitti di Fahrenheit 9/11 mai pagati, che si è risolta con un accordo tra le parti nel 2012.

Moore aveva previsto l’elezione di Trump già a giugno del 2016, azzeccando anche i tre stati che sarebbero stati chiave: Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Per realizzare il documentario, Moore ha coinvolto il team che aveva lavorato a Fahrenheit 9/11: i tre produttori e registi Meghan O’Hara, Tia Lessin e Carl Deal.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti!

Fonte: Deadline

 

 

Classifiche consigliate