Doug Jones ha lavorato con Guillermo del Toro in Mimic (1997), Hellboy (2004), Hellboy II (2008), Il labirinto del fauno (2006), e Crimson Peak (2015). Un collaboratore storico che con lui ha sviluppato, negli anni, un rapporto strettissimo e quasi simbiotico.

Noi di Badatste.it l’abbiamo incontrato a Los Angeles per parlare dell’ultimo film del regista messicano, La Forma dell’Acqua, nel quale Jones interpreta la creatura anfibia. Insieme a lui abbiamo intervistato anche Richard Jenkins (L’ospite inatteso, Six Feet Under) che nel film è Giles, amico e vicino di casa di Elisa Esposito (Sally Hawkins).

Doug tu hai interpretato delle creature in altri film, cosa è stato diverso questa volta? Doug Jones: Il trucco e le protesi per me non erano nulla di nuovo ma il personaggio che c’era sotto sì. Quando Guillermo mi ha detto: “Sarai il personaggio maschile di una storia d’amore.” Gli ho risposto “Sei sicuro?”. Questo è stato molto diverso. All’inizio mi ha proprio detto: “Non voglio una performance alla Doug Jones!”.

A quale dei personaggi che hai interpretato ti senti più legato? Doug Jones: Oddio, a questo di certo. Sul set lo chiamavamo Charlie, era scritto sulla mia sedia, sulla porta del mio camerino ma non c’era scritto sul copione o sulla sceneggiatura. Allora un giorno chiesi il motivo a Guillermo e mi rispose: “È per Charlie Tuna!”. Essendomi sentito un po’ come un mostro da adolescente, essendo altro, magro e un po’ allampanato, so come ci si sente in un certo senso quindi ho connesso molto con lui. Ma anche con Abe Sapien di Hellboy. Io e Ron Perlman scherziamo sempre sul fatto che nella vita reale lui è davvero come Hellboy e io come Abe Sapien, lui quello che fuma il sigaro e io quello che cerca di calmarlo. Ma anche con Pale Man del Labirinto del Fauno per la sua ambiguità, non sa se è buono o cattivo fino alla fine, ma è portato a fare del bene infatti aiuta la ragazza a trovare la sua strada. Mi piacerebbe avere lo stesso effetto sulle persone nella vita reale.

Come è stato il processo di trasformazione nella creatura? Doug Jones: Tutto quello che ti immagini in merito… ma molto più difficile! Non sentivo bene, non vedevo bene, mi sentivo come un paziente di una casa di cura! Ci mettevo tre ore che sono relativamente poche quando si fanno delle trasformazioni dalla testa ai piedi. La tuta era semplice, mi ci infilavo dentro. Il trucco invece era in parte fatto sul mio volto, in parte incollato sopra.

Charlie, se così lo possiamo chiamare, non parla. Come hai lavorato sul personaggio? Doug Jones: Per tutto il tempo Guillermo mi ripeteva: “Lui non è Abe Sapien! Lui non è Abe Sapien!”. Oltre a dirmi: “Non voglio una performance alla Doug!”. E Abe Sapien era alla Doug Jones, molto più coreografica, più calcolata e studiata invece che recitata. In questo caso voleva che interpretassi questa creatura grezza e selvaggia che aveva comunque un passato, e che fosse quasi idolatrato come un Dio da dove veniva.

Come una sorta di principe rana? Doug Jones: Nel senso che se mi baci divento principe? (ride). No, anzi una cosa su cui Guillermo è stato molto insistente riguardava il fatto che questa creatura non doveva cambiare alla fine del film per esser amata. Alla fine viene amata per come è, viene accettata, ed è molto diverso.

Cosa altro ti ha detto Guillermo in merito? Doug Jones: Mi diede due note fisiche: “Voglio che incanali un po’ dell’energia e della forza di Silver Surfer e voglio che tu ci metta anche qualcosa dei matador, quegli atleti sono così graziosi e fluidi nell’affrontare i tori”. E nel mio caso il toro era il personaggio di Michael Shannon. Il segreto era muovere il bacino!

Richard come è stato l’approccio che Guillermo ha avuto con te riguardo al tuo personaggio? Richard Jenkins: Mi ha lasciato fare ed la cosa più bella poter interpretare la tua parte senza troppe indicazioni. Lui vive in questo mondo in cui ti ci devi trovare. È un regista molto collaborativo, se capitava qualcosa durante una scena ci lavorava sopra, in maniera molto fluida. Mi sono sentito di poter dire la mia. Mi piace perché Guillermo non è alla ricerca di qualcosa di specifico, ma osserva la cosa mentre accade.

Nelle scene con Sally Hawkins la vostra connessione è tangibile, come è stato lavorare insieme? Richard Jenkins: È strano perché te ne rendi conto solo dopo, non mentre stai girando. È come il mago di Oz, era già lì dietro la tenda. Il mio personaggio cerca ovunque di trovare una connessione con qualcuno e all’inizio è un po’ come se ignorasse Elisa, cosa che fanno in tanti perché lei è muta. Anche Octavia la adora ma è come se non la prendesse seriamente. Ci piacevamo, passavamo molto tempo insieme sul set e credo che abbia aiutato, lo stesso con Doug… anche se in realtà con Doug non siamo amici! (ride). Sul set mi sono ritrovato molto spesso a guardare il suo volto, perché se una persona non parla e vuoi una riposta da lei devi guardarla dritta in faccia, negli occhi. Dal film siamo diventati amici e ci sentiamo spesso.

Guillermo ci ha raccontato la storia che l’ha portato a voler girare questo film, legata all’aver visto Il Mostro della Laguna Nera da piccolo. Capite il suo impulso in questo senso? Richard Jenkins: Il mostro della Laguna Nera l’ho rivisto recentemente, l’avevo visto da piccolo e mi aveva terrorizzato. Guillermo continua a sottolineare che il suo mondo viene invaso in maniera violenta, per questo alla fine fai il tifo per lui. E lui l’ha visto da piccolo, a me ci sono voluti 70 anni per rivederlo! Ma ho avuto la stessa reazione quando ho guardato Frankenstein. È incredible che a lui sia successo quando aveva solo 5, 6 anni. E la scena con Julie Adams che nuota nel film… è quasi lasciva! (ride) Doug Jones: Quella scena in particolare è spaventosa per tutti e ci fa temere l’acqua, invece in lui ha fatto scattare qualcosa di diverso, li vuole vedere insieme. Richard Jenkins: Avrei voluto vedere Doug prendersi la ragazza con quella labbra da pesce, secondo me ti lasciava nella vasca! Doug Jones: Ma io sono un grande baciatore! Comunque Guillermo ci ha anche detto che per anni li ha disegnati entrambi, una volta addirittura mentre facevano un picnic insieme. Per lui quindi questo film è come un cerchio che si chiude.

Vi ha sorpreso che la loro relazione diventi fisica? Doug Jones: Quella è la prima cosa di cui ho parlato con Guillermo, mi disse: “So che sei un bravo ragazzo cattolico…”. Poi quando mi ha spiegato tutto devo dire che arrivati a quella parte non mi sembrava per nulla volgare, ma solo il culmine di un amore espresso in maniera non verbale. Non si può mentire quando ci si tocca, vale più di mille parole, quella scena d’amore è bellissima, e lo dico da bravo ragazzo cattolico!

Richard invece come ti eri immaginato questa creatura? Richard Jenkins: Non ne avevo idea. La prima volta che l’ho vista è stato durante un camera-test. La cosa strana è che non sai mai se funziona davvero finché non è il pubblico a vederla. Quando ci lavori come nel caso di Guillermo sai che va bene per te, che dal tuo punto di vista funziona. Io non ne avevo idea e quando l’ho visto la prima volta ho pensato fosse bellissima, ma anche spaventosa che è esattamente l’emozione che ti deve trasmettere.

Il film inizia e finisce con una narrazione del tuo personaggio. Richard Jenkins: La cosa interessante è la storia che riguarda quella poesia che leggo alla fine del film. Dopo due settimane di riprese Guillermo mi chiama per dirmi che ha trovato in un negozio di libri una poesia di un autore anonimo scritta molti anni fa, che lui ha definito “Una poesia a Dio” ed era perfetta per essere la parte finale. A volte le cose capitano proprio nel momento giusto.

Come ti sei sentito sul set del tuo appartamento, che sembrava chiudesse il mondo di Elisa e Giles fuori? Richard Jenkins: Mi sentivo come in un quadro, ero del tutto a mio agio. Credo sia stato il set migliore in cui ho lavorato. Tutto era autentico e niente era reale. Era facilissimo girare in quel tipo di situazione. Mi sentivo come se stessi girando un film Hollywoodiano degli anni ’40 in bianco e nero, girato con riprese fatte solo con il dolly e il crane, con se i “Cut!” fossero chiamati con il megafono. Mi aspettavo che Spencer Tracy arrivasse da un momento all’altro.

E la scena del ballo? Richard Jenkins: Guillermo mi disse: “Al cinema la gente amerà o riderà di questa scena”. E gli ho risposto: “Allora significa che stai facendo dell’arte!”. Perché prendi i tuoi rischi. È il film più personale che Guillermo abbia fatto e per questo era preoccupato, come è giusto che sia perché ogni film è un rischio.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti!

La pellicola è ambientata nel 1963 ed è incentrata su una impiegata muta di un laboratorio (Hawkins) che si innamora di un uomo anfibio tenuto prigioniero (Shannon), questa la sinossi ufficiale:

The Shape of Water è una favola ultraterrena ambientata intorno al 1962 sullo sfondo dell’America della Guerra Fredda. All’interno del remoto laboratorio governativo di massima sicurezza dove lavora, la solitaria Elisa è intrappolata in una vita di silenzio e isolamento che viene cambiata per sempre quando lei e la sua collega Zelda scoprono un esperimento segreto.

Il film è uscito nei cinema italiani dal 14 febbraio.

 

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