Prima

Tanto tempo fa c’era un piccolo grande cineasta sudcoreano che faceva impazzire i giovani in cerca di romanticismo violento e rivoluzionario ma piaceva anche agli stagionati amanti dell’arthouse orientale più spinta modello Nagisa Ôshima. Prima di diventare un nome da tabloid con più d’una accusa di violenza sessuale da parte di attrici nel biennio 2017-2018 (ha anche pagato una multa da 5 milioni di won corrispondenti a poco meno di 4000 euro), Kim Ki-Duk era 20 anni fa un nome nuovo della settima arte, dannatamente accattivante, capace di dominare i Festival più importanti del mondo sfornando anche più di un film all’anno (celeberrimi i suoi ritmi: un mese di riprese e non di più). Lo lanciò il Toronto Film Festival con L’Isola, quinto lungometraggio in soli quattro anni di attività per questo ex operaio, marinaio e pittore diventato con Park Chan-Wook la punta di diamante di una cinematografia sudcoreana fino a quel momento (fine anni ’90