Il suo primo film, L’Affido, è arrivato l’ultimo giorno all’ultimo festival di Venezia, un thriller che non è un thriller, una storia di custodia e affido in cui il padre è la minaccia, un omone che incombe su madre e figli sempre tesi, sempre spaventati. Cinema d’autore con un fondo di genere molto evidente, cinema francese che sembra austriaco e alla fine un melange così ben eseguito da valere a Xavier Legrand (all’esordio!) il Leone d’Argento per la Miglior Regia.

Per l’annuale evento “primavera del cinema francese” a Roma, Legrand è venuto a presentare il film (non ancora uscito nelle sale ma acquistato da Nomad Film) e all’hotel Excelsior ha incontrato la stampa per discutere del suo film, in cui fa bella mostra di sé il grande Denis Menochet, attore non ancora notissimo ma formidabile, visto in Bastardi Senza Gloria e Assassin’s Creed e qui finalmente in grado di dare il massimo.

Ci ha messo molto a trovare Menochet? È veramente perfetto…

“Non l’ho dovuto cercare ho sempre saputo che doveva essere lui il padre violento e terribile. È un attore raro capace di passare da tenerezza e durezza, ha un aspetto infantile ma poi anche un’incredibile virilità. Nel 2012 l’ho incontrato per la prima volta e nel cortometraggio da cui questo film è tratto aveva già questo ruolo, sebbene all’epoca fosse più magro. Io però non volevo raccontare un mostro ma un uomo, non associo il fisico alla violenza. Ci sono uomini esili che sono violenti e viceversa”.

Davvero una differente corporatura non aveva nessuna influenza nell’approccio ad un personaggio così minaccioso?

“In un certo sì, so bene che una persona così corpulenta è più minacciosa di una magra, dunque nel lungometraggio abbiamo cercato di accentuare la dolcezza di alcuni momenti, accentuare come passi da tenerezza a violenza”.

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Ha un pazzesco occhio a mezz’asta che ricorda Robert Mitchum in La Morte Corre sul Fiume…

“Sì è vero, quella è stata un’idea di Denis, è il suo modo di essere, io gli ho solo suggerito di non farlo in alcune scene in cui non funzionava”.

Nelle scene più tese l’impressione è che abbia lavorato poco di montaggio, tenendo tutti inquadrati insieme. È così che ama creare tensione?

“L’ho preso da altri cineasti come Haneke. Credo la tensione derivi dal tempo, non dall’avere molte immagini o dall’avere una musica che la annunci, ma quando si entra nella situazione e la situazione va trasformandosi con una tensione che deriva e viene determinata dal passare dei minuti”.

È quel che ha fatto nella bellissima scena del compleanno?

“Sì è un po’ quel che faceva Hitchcock in Nodo Alla Gola, perché ci sono tanti personaggi che entrano ed escono, creando tensione. Sia quel tipo di paura e di instabilità dei film di Michael Haneke come La Pianista o Il Nastro Bianco”.

Il film uscirà nelle sale italiane a fine maggio, distribuito da Nomad Film Distribution e P.F.A. Films.

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