Dopo i primi anni in cui erano una novità e ne parlavano tutti, sempre meno le preaperture dei festival di Venezia di Alberto Barbera si guadagnano le pagine dei giornali o anche solo i post sui social network. Sono eventi dedicati alla città di Venezia (per aggiudicarsi l’invito bisogna presentare un tagliandino che si trova su un quotidiano locale) a cui la stampa può partecipare richiedendolo per tempo, ma sono anche una prelibatezza cinefila che di anno in anno cementa un’idea per nulla nostalgica della cinefilia più dura, anzi molto audace e moderna.

C’è stato Maciste Alpino, c’è stato Il Mercante di Venezia di Orson Welles con scene ritrovate, c’è stata Rosita di Lubitsch e ora è toccato ad un classico dell’espressionismo tedesco, Il Golem. Siamo dalle parti del cineforum spinto come scelta ma la forza del festival è di farlo a livelli così alti da rivedere il senso stesso di queste operazioni. Il cineforum sa essere crudele e nei casi peggiori è la reincarnazione della cultura scolastica, vive di un culto aprioristico del passato e non ha nessun rapporto con il presente. Ma Il Golem musicato dal vivo e per la prima volta restaurato (nel senso che questa copia restaurata non era mai stata vista) è davvero un’altra cosa.

L’originale è un film importante ma dei grandissimi film tedeschi della Repubblica di Weimar è tra i meno devastanti. Determinante come contenuti (l’eroe forte che salva gli ebrei mostrando gli ebrei in una Germania d’altri tempi) Il Golem è in realtà molto più debole dei suoi più noti coevi come audacia formale, eppure musicato dal vivo da un ensemble moderno con strumentazione elettronica e anche una soprano è una meraviglia, puro godimento con un piede nel passato e uno nel presente. Cinema digitalissimo, splendente probabilmente anche più che nella prima proiezione del film, virato sul blu, ciano, verde e baige come d’ordinanza, visto su un grande schermo in una grande sala con un accompagnamento moderno pensato e composto appositamente con rara pregnanza, di fatto è un film nuovo.

“Il Golem torna nuova vita” potrebbe essere il titolaccio scontato del più pigro dei quotidiani ma una volta tanto sarebbe vero. Il film di Wegener è decisamente migliore in questa versione che in tutte quelle che sono state visibili almeno negli ultimi 15 anni. Anche i momenti migliori del film, quelli in cui sembra inserire il meccanismo del cinema nella storia (il rabbino-mago mostra a tutti una scena del passato materializzandola come proiettata in una specie di film nel film) quasi presagendo La Rosa Purpurea del Cairo quando un personaggio rappresentato è cosciente del pubblico, sembrano rinvigoriti.

Ce lo ripetiamo spesso che un festival dovrebbe incarnare le tante anime della cinefilia, non solo quella di scoperta, eppure questa, quella del cinema muto musicato dal vivo e restaurato in digitale (quindi effettivamente ricollocato nella modernità nella maniera più giusta) è praticamente assente da tutte le grandi manifestazioni e sembra esistere con regolarità solo qui a Venezia.

SPECIALE FESTIVAL DI VENEZIA

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