Background anche da videomaker, competenze in tanti settori (dal design alla post-produzione), Jacopo Rondinelli è il regista che è stato scelto da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro per Ride. Alle prese con una produzione audace e mai tentata prima, con problemi logistici e un’esigenza di spettacolarità da cui dipende il risultato del film (cosa che non capita mai nel cinema italiano), Rondinelli è uno dei primi in Italia a poter portare in sala un lavoro letteralmente diverso dal solito.

Esagero se dico che girare un film come Ride richiede abilità più da videomaker che da regista di cinema?

No io direi che ne richiede più da regista di cinema. Per quanto l’approccio sia apparentemente da videomaker, uno che prende spunto da un immaginario da forma breve (filmati YouTube con GoPro fatti da videomaker per l’appunto), tutto questo va incastrato in una storia e una narrazione. Considera che la regia non è solo la parte tecnica ma è anche la direzione degli attori, il coordinamento del lavoro, è più complesso di quello che fa un videomaker, che di solito si limita ad un resoconto video di una situazione in pochi minuti. Diciamo che il mio è stato un lavoro prettamente registico con un occhio al mondo del videomaking”.

E ai videogiochi…

Siamo tutti cresciuti negli anni ‘80 e volenti o nolenti abbiamo un immaginario in cui i videogame hanno la loro importanza, inoltre la GoPro è un po’ una soggettiva, quindi richiama il videogioco. Aggiungici poi che abbiamo postprodotto alcune immagini del film con dei toni sgranati 8bit e messo suoni 8bit, insomma ci abbiamo insistito”.

Cosa di Ride ti rende più fiero?

Il fatto che è un film veramente anomalo e difficile da gestire, confezionato anche per l’estero. Sai ho fatto incontri ai mercati del cinema a Cannes e in Belgio e vedendo le scene del film tutti hanno concordato che una produzione come Ride non s’era mai fatta. Un film punk fatto con un’attitudine punk quasi volutamente, perché sapevamo all’inizio che per girare con più di 20 camere GoPro per ogni scena avrebbe portato alcuni elementi totalmente fuori controllo”.

 

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Ecco come funzionavano le riprese? Spesso si vedono inquadrature ampie dal drone, o in altri casi le soggettive inquadrano grandi spazi con i loro movimenti, dov’era la troupe? Abbandonavate gli attori sui percorsi?

Più o meno. Le scene venivano provate prima insieme agli attori nelle location e poi, definite quelle che erano le azioni che dovevano compiere, li lasciavamo totalmente soli, ci nascondevamo a volte nei paraggi o a volte a decine di metri di distanza perché queste videocamere sono impietose, con i grandangoli riprendono fino a quasi 360 gradi. Avevamo giusto dei monitor via radio che trasmettevano le immagini di alcune delle camere in azione”.

E poi al montaggio? Con 20 videocamere accese per scena visionavate ogni volta tutte le angolature e le riprese o avevi già in mente le riprese di quali videocamere usare per ogni scena?

Un po’ e un po’. L’idea era di avere un film pieno di varietà, altrimenti sarebbe stato troppo per lo spettatore un intero film di grandangoli, non volevo rischiare la motion sickness esagerando con le soggettive traballanti, in alcuni punti infatti volutamente abbassiamo il livello adrenalinico dei movimenti di camera. Però poi c’è stato anche il caso, magari in una scena come la scazzottata finale le camere addosso agli attori ci regalavano perle inattese, inquadrature interessanti o sporcature sulla lente”.

Anche considerato questo siete stati costretti a seguire la sceneggiatura senza variazioni?

No, certo non abbiamo stravolto la storia ma tante cose sono cambiate sul set, perché spesso una battuta scritta funziona in un modo poi vista e recitata ha un altro peso. Considera poi che Ride è un film totalmente anomalo anche come recitazione e regia. Non potendo enfatizzare determinati momenti tramite primissimi piani o indugiando su dettagli che aiutano a raccontare la storia, abbiamo dovuto rivedere e ritoccare diverse cose. In generale però la storia non è stata stravolta”.

Avete creato i tracciati battuti dai personaggi o esistevano già?

Esistevano già. Abbiamo fatto sopralluoghi su piste di downhill in Trentino e insieme ai vari reparti (come quello scenografico) abbiamo scelto le zone più interessanti sia dal punto di vista naturalistico che da quello della spettacolarità”.

Tra gli stuntmen che hanno fatto i trick ci sono nomi noti?

Come no! C’è Torquato Testa [tra i migliori 14 rider del mondo, specializzato in slopestyle ndr]”

Qualcuno si è fatto male?

Sì nella scena finale, quella alla cava con il dark rider, lo stuntman si è fatto male e questo ci ha bloccato a lungo e purtroppo poi quella parte l’abbiamo dovuta girare un po’ più in fretta di quel che avremmo voluto

 

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