S. Craig Zahler appartiene alla categoria dei “Tarantino”, registi maniaci del cinema, dalla parlantina velocissima che vogliono sapere tutto di te prima che tu abbia modo di chiedergli di loro. Registi che sanno benissimo quello che dicono e hanno una chiarissima percezione di quel che fanno e come lo fanno, che insomma parlano di sé come fossero dei critici, eccitatissimi. Accanto a lui, nella roundtable veneziana per la presentazione di Dragged Across Concrete, c’era anche il serafico Vince Vaughn, una montagna quasi immobile che non è riuscita a parlare. L’attenzione era tutta per questo metallare con codino e una marea di cose da dire.

Appena seduti al tavolo per l’intervista Zahler vede la maglietta con un Mad Max con la testa di Groucho Marx di un giornalista e gli chiede: “Dimmi secondo te il miglior film dei Marx e il miglior Mad Max!” con fare inquisitorio, mal celando il fatto che in realtà voleva dire lui i suoi preferiti ovvero La Guerra Lampo Dei Fratelli Marx e Interceptor (“Quel film è oltre, anche gli altri sono belli ma diavolo quello è proprio Max che tira di cocaina!”).

Invece i tuoi film non sono assolutamente così, anzi a te piace prenderti tutto il tempo del mondo per raccontare una storia, questo film poteva tranquillamente durare 90 minuti e invece l’hai portato a 160 magnificamente!

S. CRAIG ZAHLER: “Lo so che tanto tutti non aspettano altro che la carneficina degli ultimi minuti e lo capisco. Ma a me piacciono i pezzettini che ti raccontano i personaggi e alla fine tu, come pubblico, sei soggetto a quello che io trovo interessante. Come ad esempio Anthony [il personaggio di Vince Vaughn ndr] che mangia un sandwich per troppo tempo e il suo compagno [il personaggio di Mel Gibson ndr] che soffre a sentirlo. Lo trovo interessante da guardare ma certo non manda avanti la trama. Gli studios di solito te le tagliano queste scene, ma secondo me danno forma ad una relazione unica. Pensa alla parte in cui stanno appostati fuori dalla banca, passo 8 minuti a sviluppare i personaggi in una scena che se dovesse solo parlare della trama durerebbe 29 secondi.
È che proprio trovo la caratterizzazione più interessante della trama. Mi piace esplorare questa roba. Sono sicuro che qualcuno vorrebbe che i miei film durassero di meno, e va bene, ma non è quel che mi interessa”.

Qui ci sono quasi gli stessi attori di Brawl in Cell Block 99 più Mel Gibson, ti piace formare una banda e non cambiarla?

SCZ: “Il mio problema è trovare gli attori giusti che possano far sembrare naturali i miei dialoghi stilizzati. Tanti bravi attori non sono in grado, non azzeccherebbero il ritmo. Non sono dialoghi facili, sono frasi lunghissime e se sbagli una parola devi ricominciare, serve qualcuno la cui performance sia molto credibile mentre dice cose non da tutti i giorni. Ci sono attori che ho provinato che quando le pronunciano non fanno sembrare che quelle parole escano dalla loro bocca. Prendi Fred Melamed, l’attore che qui fa il direttore della banca, ecco lui è perfetto per questi dialoghi, perfetto! Li sa fare benissimo. Il film dopo questo, The Puppet Master: The Littlest Reich l’ho realizzato con i pupazzi e a doppiare tornano tutti gli attori di questo film”.

VINCE VAUGHN: “Ma mica fa solo questo. Ha scritto tutte le canzoni del film: 18! È un cineasta pazzesco, non fa nemmeno i test screening per prendere i suggerimenti del pubblico, motivo per il quale è difficile che gli producano un film. Non gli interessano proprio, perché gli interessa il suo di gusto. È una cosa che apprezzo e penso lo apprezzi anche il pubblico: non vuole piacere a tutti ma fare la sua opera”.

Ma davvero hai scritto tutte le canzoni del film? Inclusi i pezzi di jazz classico che si sentono in sottofondo a casa di Anthony?

SCZ: “Sì. Solitamente tiro fuori il tempo del pezzo, il beat e la melodia, magari una linea di basso e poi ho un partner con cui faccio tutte le musiche che arrangia e mi aiuta a tirare fuori i brani. È un professore di musica e si occupa della parte tecnica proprio. Pensa che stavolta non aveva nemmeno visto il film”.

VV: “È matto! Nel tempo libero scrive anche i gospel e li registra con la sua band”

Come mai anche stavolta tutto è ambientato in una città inventata?

“Lo faccio sempre, anche nei libri che scrivo. Voglio costruire le mie città perché abbiano la loro storia, in questo caso è una città con aree molto carine e malfamate al tempo stesso. Se avessi scelto un posto esistente sarebbe stato un miscuglio di varie città d’America”.

Ma quindi per girare siete stati in varie città d’America?

“No, figurati! È tutto Vancouver”.

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