Se c’è una cosa che è chiara dopo quasi venti anni di pirateria audiovisiva online è che non si ferma di certo con provvedimenti, chiusure, leggi e azioni legali. Ne vediamo e sentiamo costantemente all’estero come in patria e nessuna di queste ha diminuito realmente il consumo di pirateria.
Addirittura, nonostante le azioni legali siano in continuo aumento, il consumo di pirateria ha ricominciato ad aumentare da che era in deciso declino.

La notizia viene da un accurato report di Sandvine pubblicato qualche settimana fa, che ha studiato il traffico mondiale di dati e tra le molte questioni che ha affrontato ha anche trovato che il traffico in upload è occupato da BitTorrent per il 22% nel continente americano e per il 32% in Europa e medio oriente. Significa che per l’America è la fonte n.2 di traffico in upload e in Europa è la n.1.

La ragione di questa supremazia è semplice: il traffico di siti legali non funziona molto in upload ma principalmente in download, la richiesta di una serie da una piattaforma di streaming è un pacchetto piccolo, invece il download (per quanto in streaming) di dati è molto elevato. BitTorrent invece è uno scambio tra pari in cui chi riceve sta anche inviando (anzi di solito ogni singolo punto ha molti più dati da inviare di quelli che in quel momento sta scaricando).

Il confronto è dunque impari, BitTorrent per la sua tecnologia impegna l’upload più di tanta concorrenza. Il dato significativo però è che il suo traffico è in aumento per la prima volta da 7 anni. Sette anni in cui l’offerta legale è cresciuta ad un livello tale da impegnare diversamente e più facilmente il tempo degli utenti.

Nel 2011 sempre Sandvine con un report e un’analisi in tutto e per tutto simili a questa aveva stabilito che il traffico in upload via banda larga in Nordamerica era occupato per il 52% da BitTorrent, percentuale che in Europa diventava del 59%. Da lì al 2015 la tendenza si era sgonfiata così tanto che la percentuale di pirateria sul traffico upstream era del 26% in America e del 21% in Europa.
Vale ora la pena spiegare come mai la discrepanza di dati tra Europa e America. L’Europa di regola pirata sempre un po’ di più perché l’alternativa legale è meno efficace causa ritardo. Le puntate delle serie o i film arrivano alle volte con poco altre con molto ritardo e quindi in quella terra di mezzo c’è la differenza in pirateria. Stupisce quindi molto come nel 2015 il dato europeo fosse arrivato addirittura sotto quello americano ma del resto player come Netflix vivono di contemporanee mondiali e per la prima volta nascevano produzioni locali in massa.

Invece da un post sul blog del vice presidente di Sandvine Cam Cullen pubblicato contestualmente alla ricerca, arriva la notizia che nel corso dell’anno esaminato la pirateria (nonostante sia calata rispetto all’ultima rilevazione di 3 anni fa) è stata in continua crescita, che il trend cioè sia a salire e non a scendere.

La ragione, azzarda lui, non è da cercarsi nella maggiore o minore lotta alla pirateria (questi dati non sono mai considerati nelle indagini sull’andamento del traffico pirata perché ininfluenti rispetto ai grandi movimenti tecnologici e ai cambiamenti nelle offerte) ma nell’eccessiva offerta di show originali, quindi il fatto che da che l’alternativa legale era diventata un vero deterrente, ora con il moltiplicarsi degli abbonamenti da pagare (e altri ancora ne arriveranno) gli utenti sono tornati a piratare.
Ipotesi che ha un suo senso ma non dei dati a supportarla, rimane un’ipotesi di Cam Cullen. I dati dicono solo una cosa chiara, che la pirateria è in aumento da che era in calo.

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