Ho solo un rimpianto per questa lunga chiacchierata fatta con Marcello Cesena prima di tuffarmi in quella atipica quindicina di giorni fatti di crapule e lavoro (niente ferie perché, parafrasando la Maggie Smith di Downton Abbey, “Cosa sono le ferie?”).

Che Black Mirror: Bandersnatch si è palesato sui nostri account Netflix solo qualche giorno dopo, confermando le voci di un episodio interattivo che si inseguivano ormai da mesi e mesi.

Già perché Cesena con Sensualità a Corte, oltre ad aver anticipato Sense8 per le ragioni anticipiate nel titolo di cui parleremo poi, aveva già avuto modo di ironizzare con le possibilità offerte dalla narrazione interattiva 13 anni prima di Charlie Brooker. Il tutto, ovviamente ai danni del povero baronetto Jean Claude.

Per il resto, si è trattato di una interessantissima chiacchierata di circa 45 minuti che ripeterei quotidianamente all’ora del thé con un gigante dello spettacolo e della comicità che magari, rispetto ad altri esponenti dei Broncoviz come Maurizio Crozza o Carla Signoris, è forse “apparso meno” (con tutte le virgolette del caso) in TV lavorando molto anche dietro alla macchina da presa – ha diretto tre film, Peggio di Così si Muore (1995), Mari del Sud (2001) e Il Cosmo sul Comò (2008) e svariati spot autentici, non solo quelli in forma di parodia di Avanzi.

A meno di una settimana di distanza dalla ripresa post-festività di Mai Dire Talk è dunque giunto il momento di rendervi partecipi di questo botta&risposta.

 

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Paolo Villaggio. De André. I Broncoviz. Genova. Come mai questa città ha partorito così tanti artisti?

Genova è una città particolarmente dura, sotto tutti i punti di vista. A parte la questione geografica, come ahimè ben sappiamo, il carattere stesso dei genovesi è bello tosto. Affermarsi a Genova, per tutta una serie di motivi, è molto difficile. Talvolta, anche se poi magari non è così, hai come la sensazione che tutti ti remino contro e per questo tendi a maturare una grinta che forse a Roma, dove peraltro vivo da tempo, secondo me non è così facile sviluppare. Penso sia questo il motivo, perché a un certo punto ti dici “Ma cazzo! Voglio dimostrare al mio parentado che ce la posso fare!”, quindi ti armi di tutta la forza necessaria per affermarti in lavori complicati come possono essere quello di attore. Che non sono facilissimi diciamo.

Capisco benissimo il tuo discorso. Faccio tutt’altra professione, un lavoro che mi porta a contatto con voi artisti, ma io sono di Ancona, un’altra città di mare non semplicissima che col cinema o lo spettacolo non è che c’azzecchi più di tanto…

Ehh, capito no? Quando avevo il mio secondo film al cinema ancora c’era chi mi domandava “ma come ti mantieni?”. Ma porca putt… [ridendo, ndr]

Hahahahaha!

Ma minchia eh!

Sensualità a Corte è cominciato nel 2005, un periodo in cui la TV era ancora solo e “semplicemente” lineare. L’audience, magari, doveva aspettare di vedere il comico o la comica preferita, mentre adesso se voglio posso anche saltare la messa in onda di Mai Dire Talk e guardare quello che m’interessa tramite l’online di Mediaset. Come artista, produttore, ma anche fruitore di televisione, cosa ne pensi di questo cambio nelle abitudini di visione?

Ah, guarda, non ti so dire bene perché, ma io, fin dai tempi di Avanzi coi Broncoviz, ho sempre fatto televisione pensando che il luogo perfetto per vedere le nostre “cose” non fosse necessariamente quello. Facevo questi mini spot di trenta secondi, un minuto pensando che poi sarebbe stato meglio vederli magari in VHS, perché allora c’era quello, o, dall’altra parte, che non fossero necessariamente da vedere nell’ora e mezzo del programma. Ho sempre ragionato così: faccio una cosa che ovviamente è nel programma e vive anche del successo del suo contenitore, un carburante grandissimo per sketch come i nostri, pensando però che il tutto potesse vivere anche al di fuori da questo. Quando è arrivato YouTube nel 2005, lo stesso anno in cui io ho cominciato Sensualità, mi ricordo che un giorno, mi trovavo qua a Roma dove monto le puntate, ed è venuto a trovarmi un collega e amico che mi fa “Ma hai visto che su YouTube ci sono gli sketch con Jean Claude?”. Io dico: “YouTube? Ma che cazzo è [ridendo, ndr.]?”, vado a vedere e mi ritrovo un milione di visualizzazioni a sketch. Mi domandavo cosa fosse quella cosa, non avevo capito immediatamente cosa comportasse. Oggi, probabilmente, prenderei subito il mio sketch su YouTube con il conteggio delle visualizzazioni e me ne andrei da un produttore a proporre un film facendo leva sul successo ottenuto sul web. All’epoca non era ancora molto chiaro cosa significasse avere “tante visualizzazioni”. Però è stata un’ulteriore conferma che il senso di fare uno sketch non è necessariamente collegato a quel determinato programma che va in onda in quella determinata fascia oraria. Dinamiche televisive che poi sono state scardinate, ad esempio, da Sky, dal vedo e rivedo quando mi pare, da una TV che è diventata un’altra cosa rispetto a quella che era.

Ecco, visto che hai tirato fuori tu stesso l’argomento, prima di passare a discutere nello specifico di Sensualità a Corte, tu, in quanto veterano della comicità, hai attraversato tutte le fasi, da quella più “analogica” per cosi dire a quella odierna, più digitale. Per i nuovi comici, la facilità di accesso alle piattaforme – che poi, per carità, non è matematicamente tale – e quindi alla diffusione delle proprie creazioni, rende più semplice lo sfondare nella cara e vecchia TV? Perché va bene i follower sui social e le spunte blu, ma bisogna essere onesti: l’apparire in TV è ancora uno dei metri di giudizio fondamentali del successo.

Da un lato è più facile. Una volta per andare in televisione dovevi passare da quelle quattro, cinque persone che facevano TV fatta bene, ai tempi miei c’era Avanzi col gruppo della Dandini, o la Gialappa’s per esempio, che è un altro grandissimo canale d’ingresso nel mondo della televisione… o avevi la fortuna di imbatterti in questi professionisti, di essere preso in considerazione da loro oppure era complicato. Non c’erano tanti canali per poter arrivare a essere messi in onda. Ora il vantaggio è che puoi andare in onda da solo a casa tua. Ti monti una cosa a casa tua, la metti online e se… non vorrei dire hai culo… però se ci sono una serie di “fattori zodiacali” che combaciano per così dire, bravura compresa, puoi fare milioni di visualizzazioni e bypassare in qualche modo la TV.

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Non chiamatemi Rita Ora!

Certo, poi alla fine come dici giustamente tu, almeno per adesso, devi “fare il programma”. E tutto diviene anche più complicato perché c’è una tale ricchezza di proposte, in questo momento, che arrivano dal web che poi chi ha materialmente il potere di farti entrare nella TV quella vera, può anche non capire nulla perché c’è talmente tanta roba così diversa… È talmente difficile capire che cosa può conquistare il pubblico. Anche perché se devo tenere conto dei numeri vedo che poi il traffico maggiore lo fa un bambino che rutta. E a quel punto ti domandi “Ma è questa la comicità di oggi oppure il web ha un altro tipo di approccio per cui quello che fuori da internet non mi fa ridere qua mi fa ridere?”. Diciamo che c’è più possibilità di farsi vedere, ma l’offerta è tale che chi poi deve decidere, secondo me, deve avere una particolare lucidità altrimenti poi si rischia che… ultimamente abbiamo visto, ci sono stati una serie di debutti al cinema o in televisione di personaggi del web, alcuni dei quali che io adoro, che non hanno avuto i risultati sperati.

Ma infatti è quello il mio dubbio, nonché argomento di discussione sempre molto sentito anche fra noi di BAD perché, bene o male, tutti noi conosciamo, più o meno personalmente, molti dei personaggi a cui magari fai riferimento. La mia impressione, e ti parlo da analista, ma forse soprattutto da spettatore, è che si sia quasi annullata la gavetta. Per dire, tu hai cominciato negli anni settanta, ottanta e il primo film quando l’hai diretto? Nel 1995 se non sbaglio no?

Sì, nel 1995.

Oh, ecco. Ora ho come l’impressione che ci sia la tendenza, o magari la speranza, che il milione di visualizzazioni su YouTube, Facebook quello che è si possa tradurre automaticamente in successo al cinema. E insomma, non è un passaggio proprio così automatico.

Ti dico la verità. Se posso cerco di non ragionare in questo modo, a fare un paragone o parallelo con “i tempi miei”, quelli in cui ho iniziato io perché era quello che facevano i grandi quando ero io a cominciare.

Sì, chiaro.

E non la sopportavo. Dicevo “Ma porca troia, rassegnatevi!” perché avevamo tutto un diverso approccio, anche in materia di tempi. Quindi non voglio dire che chi arriva oggi “Non ha fatto gavetta” perché magari sei una persona che lavora sul web, ogni giorno metti online un filmato, ed ecco che in un anno hai fatto la gavetta che ai tempi miei facevi in cinque anni.

Quello ci può stare.

Il problema vero per me, che è di carattere generale e Maccio ha fatto un video per Mai Dire Talk che trovo abbastanza esemplificativo, è che mentre una volta le persone interessate a questo campo e che tentavano di buttarsi in esso c’avevano pensato molto bene sopra, per lo per me, ma quando ho deciso di percorrere questa strada ci ho davvero riflettuto molto a lungo con i miei compagnucci di allora, Maurizio Crozza eccetera eccetera, adesso mi pare che la prima opzione sia “fare l’artista”. Oggi c’è un esercito di persone convinte di poter fare questo mestiere, se vedi le liste di persone iscritte ai vari provini… capisci che non è un problema di fare o meno gavetta, ma che troppe persone vedono una possibilità lavorativa in un settore come questo. E si viene a creare un intasamento anche perché non tutti hanno effettivamente le qualità per fare questo mestiere.

 

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