Maggio si avvicina.

Tra poco meno di 3 mesi Thierry Fremaux annuncerà il programma del Festival di Cannes 2019. Tra meno di un mese, nella notte degli Oscar Netflix potrebbe trionfare con un film che era pronto per andare a Cannes ma che la regola imposta dal board (in gara possono essere presi solo film che seguono il normale iter distributivo, partendo dalla sala) lo ha fatto slittare nelle capienti braccia di Venezia. Che vinca o meno i suoi Oscar Netflix ha comunque vinto la battaglia della visibilità e con lui il Festival di Venezia.

È evidente che quest’anno nessuno vuole che ricapiti (nell’aria aleggia The Irishman di Martin Scorsese), in primis il direttore artistico che niente ha contro Netflix (fu lui ad invitare Okja e The Meyerowitz Stories in concorso scatenando la reazione degli esercenti francesi da cui il bando) e che assolutamente vuole ricucire, come ha anche detto quando è stato ospite di un panel sull’argomento alla Festa del Cinema di Roma.

E dev’essere stata un’annata non facile di trattative. Fremaux ha da un lato una delle forze più potenti dell’industria del cinema francese (gli esercenti) che non mollano e Netflix che non ha nessuna intenzione di piegarsi, specie con i risultati di Roma e le alternative a disposizione.

In pratica Netflix può fare come vuole solo se i suoi film non vincono, che non è propriamente il motivo per il quale si competeArriva così dall’account Twitter del giornalista di cinema di RTL Stéphane Boudsocq la notizia che l’offerta di Cannes a Netflix sarebbe stata di accettare i loro film in concorso a patto che, in caso di vittoria (non è chiaro se vittoria di qualsiasi premio o solo della palma), i film vengano distribuiti normalmente in sala in Francia. In pratica Netflix può fare come vuole solo se i suoi film non vincono, che non è propriamente il motivo per il quale si compete, e se vincono deve aspettare 3 anni per metterli sulla piattaforma (questo dice la legge francese in materia di finestre).

Vedremo quale sarà la risposta di Netflix ma la situazione in cui si è infilato Cannes pare un terribile cul de sac. Perché nonostante di certo un festival come quello, con quella storia, non è legittimato dalle opinioni o dalla partecipazione di Netflix (che oltre ad avere meno passato di Cannes potrebbe avere anche meno futuro), è anche vero che in questo modo, andando in deroga a una regola da lui stesso fissata come inderogabile ma non facendolo completamente, si espone al rischio di un ennesimo rifiuto. Il festival più altero del mondo si sta palesemente calando le braghe per avere Netflix ma, non avendo esattamente quel che gli serve, Netflix potrebbe comunque non andarci, costringendolo o a fare la figura di chi si mette a tappetino oppure a rinunciare definitivamente a loro e a tutti i loro simili, cioè alle altre piattaforme che non passano per la sala.
Insomma, nonostante non sia di certo Netflix a legittimare Cannes, per la situazione in cui il festival si è messo sembra di sì, sembra che Netflix stabilirà se vale la pena fare uno sforzo per Cannes oppure se quel festival “non ne vale la pena”.

Un aiutino Cannes lo potrebbe avere dalla nuova concorrenza di Netflix (Amazon come noto rispetta tutte le finestre e quindi è bene accetto) che sta facendo partire la grande opera di demolizione del mito di Netflix in America.

John Landgraf, capo del canale FX, da sempre è molto critico con la piattaforma per via del fatto che non esiste una rilevazione indipendente dei suoi ascolti o delle sue views, e ora è tornato alla carica. Netflix divulga quando vuole i suoi dati e come vuole, senza confronti o controlli, spargendo l’idea che i suoi show (solo quelli di cui parla) siano dei successi immensi. Tuttavia alcuni controlli incrociati di Nielsen riducono molto i numeri di quei successi. Netflix dice che You e Sex Education hanno raggiunto 40 milioni di abitazioni, Nielsen (ente indipendente che già rileva i comuni dati televisivi) sostiene che il primo sia stato visto da 8 milioni di televisori e il secondo da 3 milioni. Comunque numeri ragguardevoli.

Non è chiaro ovviamente cosa sia più giusto e più affidabile, che è proprio il punto di Landgraf. Ovviamente il suo è un parere interessato, un po’ perché dirige un altro canale, un po’ perché quest’altro canale è di Fox e quindi Disney (e quindi Disney+, il nuovo concorrente che sta per arrivare).

Quel che dice è impossibile da ritenere sbagliato, tutti i canali non solo sono rilevati da un ente esterno ma seguono metriche precise e sempre uguali, così che siano effettivamente raffrontabili, Netflix invece (per fare un esempio) parla di “view” quando un film è stato visto per il 70%, che, affidabile o meno, è un criterio solo suo. Sono punti di forza di Netflix (che è la fonte stessa della propria pubblicità) che facilmente si tramutano in punti deboli, cioè che i rivali possono usare per sminuirne non solo i risultati ma anche strategie e affidabilità.

Landgraf fa infatti anche notare che non solo Netflix divulga i dati che vuole ma anche e solo sulle serie o i film che vuole. Nessuno sa come vadano gli altri o quanto male vadano quelli che vanno male.

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