È l’estate del 2018 e ci troviamo a Winnipeg, Canada, dove si stanno svolgendo le riprese di The Grudge, film horror soprannaturale prodotto dalla Sony Pictures Entertainment diretto da Nicolas Pesce e interpretato da Andrea Riseborough, Demián Bichir, John Cho, Lin Shaye e Jacki Weaver, il film arriverà nei cinema italiani il 27 febbraio.

Assistiamo alle riprese, in particolare ai ciak che vedono impegnate Andrea Riseborough e Lin Shaye. Proprio quest’ultima, chiamata “Scream Queen” dai fan e divenuta famosa per aver interpretato il ruolo di Elise Rainier nella saga horror creata da James Wan, Insidious, si concede alle interviste a fine giornata.

Lin, considerando la tua carriera nell’horror, hai esitato quando ti hanno offerto questa parte o eri decisa a fare parte del cast?

Non ho esitato affatto, innanzitutto per via del franchise Grudge che è molto molto famoso! L’originale giapponese poi ha moltissimi fan e per un attore sapere che il tuo lavoro sarà visto su larga scala è molto importante. E poi si tratta di un film della Sony, quindi quando mi hanno chiamato e mi hanno offerto la parte non ho nemmeno aspettato che il mio manager finisse di farmi la domanda. Qualsiasi cosa la Sony mi offra va bene! Sono molto orgogliosa per il successo che abbiamo avuto con Insidious, abbiamo appena superato i 100 milioni di dollari. Credo sia un tributo alla Sony e al loro modo di aver promosso questo film.

Cosa piace al pubblico dei film horror secondo te?

Penso che al pubblico piacciano i film horror per via della paura, per l’umanità che c’è nella paura, e anche per il sensazionalismo del genere gore, che è un genere diverso di horror. Credo che questo film unisca le due cose, mentre Insidious ad esempio non era gore, non si vedeva il sangue. Di quel film mi piaceva la metafora che rappresentava: Key Face cerca di fermare le donne, di spegnere la loro voce ed è un messaggio subliminale molto potente, Key Face è un personaggio molto macabro. Leigh Whannell è uno scrittore con molto talento e moltissima umanità, il suo modo di costruire un personaggio e una storia è incredibile.

Cosa ti ha lasciato un film come Insidous 4?

L’altro giorno ero in un centro commerciale qui vicino, c’erano un centinaio di ragazzini sui 12 anni, erano in gita scolastica e a un certo punto sento che iniziano a urlare: “Elise! Elise!”. Mi sono corsi incontro, mi hanno chiesto se potevano farsi un selfie con me, mi hanno chiesto se potevano abbracciarmi, mi sono commossa! E questo è il bello di quel personaggio, è un personaggio che prova empatia, capisce le emozioni e i sentimenti delle altre persone, questa credo sia la forza di Insidious. Nicolas Pesce ha una sorta di approccio surrealista all’horror che è tremendamente umano, ma esprimendolo con violenza lo rende un differente tipo di horror. Anche Wes Craven aveva questo tipo di umanità, alla fine siamo tutti umani, anche se credo che cose come la tecnologia non aiutino e ci allontanano dalla nostra umanità. Mi sento molto privilegiata e fortunata a far parte di questo movimento, al ritorno di film come Nightmare, film come Insidious.

In questo caso è la demenza il mostro del film?

Sì. Un giorno ho chiesto a Nick durante una mia scena: “Sto esagerando?”. E lui mi ha detto di no. È molto doloroso pensare le persone affrontino un dramma simile, non riesco nemmeno a immaginare il dolore che possa provocare avere dei parenti che un giorno non ti riconoscono più. Mio padre è morto molto vecchio, si dimenticava le cose, e non riusciva a esprimersi bene ma capiva tutto. Ad oggi sono ancora in possesso di tutte le mie facoltà, ma non riesco a immaginare l’impossibilità di esprimere quello che provo.

Come ti sei preparata a interpretare un personaggio con questa malattia terribile?

Nicolas ha scritto una scena molto bella tra me e mio marito, interpretato da Frankie Frason, attore fenomenale. Una scena molto potente, la prima scena che abbiamo girato insieme in cui il mio personaggio è di buon umore. Insieme ricordiamo il nostro passato, una scena molto gioiosa. Nicolas ha lasciato che improvvisassimo, ci ha lasciati liberi di seguire il nostro instinto.

In questa scena scritta meravigliosamente nella sceneggiatura io sono seduta davanti alla televisione in una sorta di coma, mentre alla tv danno Bonanza, ma io lo sto guardando senza volume. Quello che faccio è mimare le espressioni facciali, non come se fossi in uno stato di coma anzi coinvolta dalle immagini che ho di fronte a me. In termini di costruzione del personaggio è stato positivo relazionarmi solo con degli aspetti visuali. E come attrice è un aspetto molto importante: il fatto di essere come un’antenna, qualcosa cattura la tua attenzione ed intorno a questa cosa tu costruisci degli aspetti del tuo personaggio. Quindi in generale non ho fatto molta ricerca, ma ho cercato di prendere spunti da quello che avevo intorno. Ho visto un episodio di 60 Minutes in cui una donna con la demenza viene filmata per 18 anni. Verso la fine della malattia in alcuni momenti era felice, ma non riusciva ad esprimerlo, e negli anni cambia anche a livello fisico. Quindi ho cercato di incorporare piccoli momenti di una storia come questa.

Quindi avete avuto spazio per improvvisare?
Sì. Ad esempio il mio personaggio è molto legato a questa bambina fantasma che si chiama Melinda. Il mio vero nome è Linda e mia madra da piccola mi cantava una canzone che faceva: ma-ma-ma-ma- lindaa, linda is a beautiful girl. Nella scena con Melinda ho provato a cantare questa canzoncina e a Nicolas è piaciuta, anzi mi ha poi raccontato che ha canticchiato la canzone per un giorno interno.

Cosa hai imparato dal tuo personaggio?
La pazienza e il desiderio di non mollare. Tra me e mio marito William nel film c’è stata una bellissima relazione, io non ho mai avuto bambini, li volevo fortemente ma non potevo averli e credo che questo sia parte del tema del film. C’è Fiona alla quale è stato portato via un bambino, poi c’è un’altra coppia che deve decidere se portare avanti la gravidanza di un bambino con problemi genetici. Tutte queste questioni di cui non si parla in maniera diretta, ma sono dei messaggi che elevano la qualità del film.

Come gestisci queste scene molto forti?
È davvero estenuante, per fortuna riesco a tenere le emozioni a un livello superficiale. Ma è molto difficile, perchè il tuo corpo non sa che stai recitando. Credo che ognuno abbia una soglia oltre la quale non riesce ad andare nell’esprimere i propri sentimenti. Nel mio caso il merito va ai miei genitori che mi hanno sempre lasciata libera di esprimermi senza giudicarmi. Ho passato molto tempo da sola quando ero una bambina, ridendo e piangendo.

Quale personaggio dei vari film horror che hai fatto è il più spaventoso?
Il primo film horror che ho fatto era credo Critters, prima di Nightmare, ed era un film horror divertente, sci-fi, e Sal era un personaggio divertente, non pauroso. In Nightmare interpretavo un’insegnante, quindi direi che quello di the Grudge è il personaggio più horror che abbia mai interpretato. Non lei in sé ma il tema che la riguarda lo è. E lo è in maniere umana perchè la demenzia è umana. Ho tutta una mia personale teoria sull’inquinamento, la plastica, i pesticidi che ci stanno facendo ammalare di più e sempre più da giovani.

Credi anche al soprannaturale?
Credo a tutto, ci sono cose che non possiamo capire. Non si può essere ciechi davanti al fatto che tante persone abbiano avuto esperienze sovrannaturali in varie parti del mondo. Di certo credo all’energia, sia che provenga da noi o da fuori. In base al nostro livello di empatia o alla nostra capacità di assorbire possiamo più o meno sperimentare queste cose. Il nostro pianeta è pieno di energia, pieno di carica.

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