Alan Moore, si sa, non è un tipo facile. Da sempre si è fermamente opposto all’idea di una trasposizione di Watchmen al di fuori del medium del fumetto. Il cinema, si sa, non è un’industria facile. La possibilità di appropriarsi della storia di supereroi che ha definito il genere negli anni a venire ha solleticato per lungo tempo le fantasie degli executive. 

Nel 2009 la storia del Dottor Manhattan e del Gufo Notturno è arrivata tra le mani di Zack Snyder il quale, con riverenza quasi religiosa rispetto al testo originale, l’ha trasposta tavola per tavola, fotogramma per fotogramma. Il risultato è stato uno dei film più divisivi di sempre, amatissimo e odiatissimo. A distanza di anni non ha ancora smesso di fare parlare di sé. 

Nel 2019 un secondo tentativo. Damon Lindelof ha portato sul piccolo schermo la sua personale visione del mondo creato da Moore e Gibbons. Il consenso è stato questa volta (quasi) unanime. La miniserie ha ridato smalto a una mitologia blindata in se stessa, face...