La cosa più interessante detta da Eric Schmidt all’Edinburgh International TV Festival è stata “[…] dopotutto stiamo quasi per arrivare alla fine del primo atto dell’era di internet”.

Questo, sommato all’annuncio del lancio della Google TV in Europa (a partire dal Regno Unito che con il video in rete ha fatto passi da gigante per conto proprio grazie all’iplayer di BBC) chiarisce bene quale sia la prima fase e quale sarà la prossima.

La Google TV è quel progetto ambizioso, e al momento poco riuscito, che Mountain View ha intrapreso circa un anno fa con lo scopo di unire nel televisore i contenuti canonici e quelli per la rete (il che significa sostanzialmente portare i video di internet in tv e di fatto dargli la medesima dignità delle serie mandate da Fox). Il modo per riuscirci è semplice: bisogna prima mettersi d'accordo con le case che producono hardware per fare televisori collegati alla rete (fatto: ad esempio i Sony Bravia, anche ribattezzato Google TV), prevedere un’alternativa per chi non vuole comprare un televisore nuovo (fatto: set top box, ben poco venduti, erano stati preparati anche da Motorola, quell’azienda che ora è stata comprata proprio da Google), essere il primo a formattare i propri contenuti per la tv (fatto: YouTube ha un’interfaccia XL pronta per schermi grandi) e infine mettersi daccordo con i network televisivi per trasmettere i loro programmi online (fallito: nessuno ha aderito).

Ora Schmidt l’ha detto: “Speriamo di trovare nel Regno Unito un’adesione più copiosa che in America” e forse pensava proprio alla BBC, che in rete si muove molto bene e ha capito l’importanza di cavalcare la possibilità di mandare contenuti in streaming.

Fatto sta che il primo atto dell’era di internet sta per finire e quando il sipario si alzerà sul secondo bisognerà già essere pronti. Si parla della differenza tra gli anni in cui abbiamo utilizzato internet principalmente dai nostri computer e quelli che arriveranno in cui lo utilizzeremo da una molteplicità di strumenti diversi. L’internet fuori dai computer, se n’è parlato per molto tempo ma è arrivato solo quando l’iPhone l’ha liberato, creando un nuovo formato (l’App) ed evangelizzando tutti, anche i meno appassionati di tecnologia, sulle possibilità di avere contenuti e servizi attraverso la rete anche quando non si è seduti alla scrivania. Ora lentamente le App si stanno imponendo come la forma principale di “traduzione” di internet per i dispositivi che non sono il computer. Vanno bene le App per televisori connessi ad internet (anche Samsung ne produce, non necessariamente in combutta con Google) e ovviamente vanno benissimo per iPad e tablet in generale.

Il video che passa attraverso i protocolli della rete e che risponde a quelle regole distributive che oggi impongono YouTube, Vimeo et similia, non sarà fruito per sempre attraverso i monitor: lentamente passerà sui televisori, che sono più comodi da guardare. Lo sanno tutti, produttori televisivi compresi (che infatti hanno dato vita ad Hulu, consorzio che veicola spettacoli televisivi, serie, cartoni e chi più ne ha più ne metta, attraverso browser e solo dentro i confini statunitensi), ben presto il loro database di contenuti arriverà nei televisori non con il cavo, non con la parabola ma in streaming e senza bisogno di smanettare, attaccare lunghi cavi che escono dai desktop o senza complicati interventi ma attraverso una tecnologia alla portata di tutti.

Quello che la Apple TV non è riuscita a fare e che la Google TV spera di riuscire ad essere in Europa.