Noah Hutton compie con Lapsis il suo esordio alla regia di un film di finzione dopo l’esperienza nel settore dei documentari e, in occasione del Trieste Science + Fiction Festival 2020, il regista ha condiviso qualche curiosità sulla creazione del progetto, sulle sue fonti di ispirazione e sul rapporto con i protagonisti.

Il lungometraggio ha come protagonista un uomo chiamato Ray, intepretato da Dean Imperial, che fatica a mantenere se stesso e il fratello malato. Per riuscire ad avere i soldi necessari ad andare avanti, Ray decide quindi di addentrarsi nella gig economy accettando un lavoro per un’azienda e ritrovandosi così a stendere cavi necessari a creare la nuova rete quantica del mercato globale, dovendo però affrontare la rivalità dei robot cablatori.

Il film viene sostenuto da una performance davvero convincente di Dean Imperial, attore al suo esordio nel mondo del cinema e Hutton ha raccontato:

Ho scritto il film per Dean, lo conosco grazie a una compagnia teatrale chiamata Naked Angels e non aveva mai recitato in un lungometraggio, solo in un corto che non ho nemmeno mai trovato. Non l’avevo mai visto recitare sullo schermo ed è stata una specie di scommessa. Dean è poi diventato la mia musa in molti sensi. Nella vita non va mai in campeggio, non ama la natura, e mi ha influenzato davvero nello scrivere questo personaggio. Abbiamo lavorato insieme perché è inoltre uno scrittore, quindi abbiamo modificato alcuni passaggi della sceneggiatura e dei dialoghi insieme.

Lapsis è la prima esperienza nel cinema di finzione e Noah Hutton non pensa che i suoi precedenti progetti di genere documentario abbiano avuto una grande influenza sul risultato finale:

Ci sono dei film che sembrano molto più dei documentari rispetto a Lapsis, pensiamo al neorealismo. Realizzando il film ho voluto di proposito offrire un approccio satirico. C’è un po’ di influenza nelle inquadrature della natura, ma uno dei miei registi preferiti come Malick realizza dei progetti con un aspetto visivo molto più vicino ai documentari rispetto al mio. Le mie esperienze nel settore hanno però influenzato Lapsis grazie a quanto ho ripreso in passato legato alle esperienze delle persone nel mondo del lavoro o in aspetti scientifici.

Ci sono però dei film e una serie che sono rimasti nella mente del regista, in particolare nella realizzazione dai filmati usati per l’orientamento dei potenziali dipendenti:

Sono stato sicuramente influenzato in parte dai video della Dharma Initiative di Lost, ma molto di più dai filmati mostrati in Essere John Malkovich.

Dal montaggio finale di Lapsis sono stati eliminati alcuni elementi che avevano contribuito a realizzare la realtà in cui si svolge la storia, come ha rivelato Noah Hutton:

Durante la produzione del film mi sono reso conto di aver sicuramente esagerato nella costruzione di quel mondo, dal punto di vista della scenografia, dei dettagli, abbiamo realizzati dei video diversi per tutte le sei aziende che esistono nel lungometraggio e ogni banchetto ha tutti i dettagli relativi all’offerta di lavoro, con tanto di video aziendali. Si è trattato un po’ di una tragedia perché abbiamo dovuto tagliare tutto, concentrandoci però su altri elementi.

Il regista ha poi sottolineato che l’ambientazione è un elemento importante nella narrazione e per entrare in contatto con gli spettatori:

Non ho mai pensato alla storia come se fosse ambientata nel futuro, ma la considero una dimensione parallela rispetto alla nostra. Persino la tecnologia quantica esiste realmente, anche se non viene usata come nel film, ma sono tutti elementi verosimili che potrebbero esistere realmente. Anche dal punto di vista estetico abbiamo proposto una tecnologia un po’ retro, ispirata ai robot e alle creazioni degli anni ’90. Volevamo che sembrasse qualcosa che potrebbe esistere nel presente o addirittura nel nostro passato. Alcune opere sci-fi sono ambientate talmente avanti nel futuro che diventano pura evasione perché non sono in nessun modo probabili.

L’idea delle persone costrette a stendere cavi nelle foreste lottando contro i robot che compiono il loro stesso lavoro è particolarmente originale e il filmmaker ha accennato al modo in cui è stata sviluppata:

Non ho mai voluto che il film fosse in modo specifico sulla gig economy. Conosco bene la realtà dai freelance perché mi mantengo con lavori di questo tipo, come montatore e regista, e penso che in ogni parte del mondo sia una vita all’insegna della precarietà quella di chi deve lavorare da solo e deve cercare di ottenere la copertura sanitaria, occuparsi di ogni aspetto del proprio lavoro senza aiuto. Non ho idea di come mi sia venuta in mente la questione dei cavi, ma mi è sembrata immediatamente una metafora interessante legata al costante riallacciamento dei cavi a quanto accade nel nostro cervello. Penso sia quasi un po’ in stile Inside out prendendo un’idea davvero assurda sul lavoro per parlare di cose molto reali ispirata all’evoluzione della neuroscienza.

Uno degli elementi interessanti del film è l’uso della musica, anche in questo caso curata da Hutton che ha spiegato:

Ho realizzato la colonna sonora mentre lavoravo al montaggio e diventa quasi un processo simbiotico perché mentre ti rendi conto cosa serve per le varie sequenze, crei la musica, poi torno in sala montaggio. Ci ho lavorato circa un mese per arrivare al risultato finale. Penso che la parte più difficile da comporre sia stata quella in cui c’è questo tema musicale un po’ in stile jazz, con dei riverberi, cercavo di ricreare in note quel vecchio mondo da cui proviene il protagonista creando un contrasto con sonorità più digitali legate alla nuova realtà che si trova ad affrontare. Penso sia stato comunque davvero molto divertente.

Uno dei ruoli principali di Lapsis è stato affidato all’attrice Madeline Wise e Noah Hutton ha rivelato:

Come accaduto con Dean, anche nel suo caso, ho scritto il personaggio che interpreta pensando proprio a lei. Gli altri membri del cast sono stati scelti con le audizioni, ma Madeline è una mia amica e avremmo dovuto girare un corto insieme. Il rapporto che si crea tra Dean e Madeline è stato fantastico e non volevo che si conoscessero e passassero troppo tempo insieme prima delle riprese, in modo da catturare quella sensazione di curiosità e interesse nel film. Madeline offre delle interpretazioni davvero pieno di sfumature nonostante sia una persona tranquilla e incredibilmente preparata.

Il lungometraggio presentato al festival triestino affronta in modo serio e sensibile il tema della disabilità:

Il ruolo è stato affidato a mio fratello che per vari anni ha sofferto di una malattia misteriosa legata alla stanchezza cronica. Sicuramente mi sono ispirato alla nostra esperienza personale e al fatto che intorno a chi soffre c’è chi non capisce realmente i problemi che si devono affrontare in situazioni simili e dicono cose tipo ‘Andiamo, devi solo reagire!’. Ora, con il COVID, è diventato più facile vedere che ci sono malattie e patologie di cui soffrono molte persone e che non vengono considerate e c’è chi crede che le persone stanno inventando. Non sappiamo cosa causa certe malattie o come curarle, quindi Omnia sicuramente riflette il mistero di queste malattie realmente eistenti che sono ancora un po’ misteriose.

La storia del protagonista si conclude in un modo interpretato quasi come un lieto fine per la lotta dei lavoratori, ma l’epilogo è più aperto di quanto potrebbe sembrare:

Sì, penso che ci sia un po’ di ottimismo. Credo che internet e la tecnologia, le cui premesse erano di rendere possibile avvicinare le persone, ci stiano allontanando, l’opposto dell’idea alla base della loro creazione. Quando vedete le persone unire le forze per fare richieste, fare scioperi o lottare per quello in cui credono è perché si sono incontrate di persone. La fine sembra una vittoria per la collettività, tuttavia sottolinea che c’è ancora chi usa quei robot probabilmente per il proprio benessere personale senza essere consapevoli di quello che hanno affrontato i lavoratori per riuscire a spegnerli. Per far avvenire dei cambiamenti veri anche quelle famiglie benestanti dovrebbero sostenere chi ha lottato nella foresta, dovrebbero sostenere gli operai.

Noah Hutton ha infine le idee chiare riguardanti il suo futuro nel mondo del cinema dopo l’esperienza di Lapsis:

Rimarrò nel mondo sci-fi e ho già scritto la mia prossima sceneggiatura, spero di girarlo non appena sarà possibile farlo negli Stati Uniti. La storia avrà a che fare con un’agenzia pubblicitaria e alieni.

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