Succede che un pub inglese di Portsmouth, per risparmiare, decide di abbonarsi alla televisione satellitare greca invece che al classico BSkyB (lo Sky britannico, come anche il nome lascia intuire) e propone ai suoi clienti le partite o gli eventi sportivi da quei canali che non sarebbero in teoria ricevibili nel Regno Unito, visto che nessun bouquet dei broadcaster nazionali li prevede. Qualcuno se ne accorge, denuncia l’accaduto e la proprietaria viene multata. Karen Murphy però non si arrende: fa ricorso alla corte suprema britannica, la quale riporta il caso alla corte di giustizia europea, la quale infine, a totale sorpresa, le dà ragione.

L’Europa viaggia verso il concetto di unità e un mercato televisivo (ma anche cinematografico) che impedisce ai propri clienti di usufruire dei servizi di altre nazioni dell’Unione è contrario ai suoi principi. Insomma: limitare i diritti di trasmissione ad un’area geografica è equiparato ad una limitazione dell’idea di “mercato unico”.

La sentenza è determinante e di fatto consente a chiunque, da oggi, di non rispettare gli accordi di esclusiva nazionale a patto di rimanere all’interno dell’Unione Europea. Di norma, infatti, entità come la Serie A di calcio, o la Warner Bros., siglano un accordo di cessione dei diritti per la trasmissione dei propri contenuti, siano essi film, serie tv o eventi sportivi, con un concessionario, cioè un broadcaster che compra il diritto di trasmetterli in quella nazione. Ogni nazione ha il suo contratto e la sua emittente deputata.
La sentenza appena raccontata invalida tutto questo. Chiunque può utilizzare il servizio che meglio crede senza essere vincolato al concessionario della propria nazione.

Cosa succederà adesso che i contratti siglati in tutta Europa sono quasi carta straccia?

I pareri sono molti e diversi. C’è chi sostiene che questo ucciderà gli operatori più piccoli perchè non in grado di competere a livello continentale invece che nazionale, e c’è chi sostiene che questo spronerà i singoli operatori a mettere a punto offerte più ricche ed eterogenee volte a soddisfare un pubblico più ampio di quello del proprio paese.

Ovviamente i contenuti di livello europeo possono essere pochi e mancheranno sempre, almeno dal punto di vista nostrano, di alcune caratteristiche richieste dal pubblico come il doppiaggio in italiano, la programmazione nazionale e le tv locali (ancora forti sul digitale terrestre). Tuttavia se già Sky, con la sua offerta di programmi, serie televisive e film ha segnato uno stacco netto tra i pubblici che possono permettersi una tv migliore e quelli bloccati al duopolio Rai-Mediaset, l’entrata di player ancora più forti e audaci (quante volte abbiamo lodato il lavoro della BBC?) potrebbe segnare un television-divide ancor maggiore.

A questo va aggiunto un corollario per internet. Perchè se l’idea di “mercato unico” non può essere limitata dalle televisioni, lo stesso si applica alla rete in cui spesso alcuni contenuti non sono visibili al di fuori di certe nazioni. Se chiunque ha il diritto di attingere al bacino online di emittenti europee che crede, allora è meglio che le emittenti italiane si attrezzino per la nuova concorrenza…