Sony smette di pagare il contributo per gli occhiali 3D

(da Deadline)

Negli USA, nonostante le proiezioni di film in 3D prevedano un biglietto maggiorato, non sono gli spettatori a pagare gli occhiali ma le case di produzione assieme alle sale. Ora (cioè dal 1 Maggio 2012) la Sony ha deciso di smettere di pagare questo contributo che sarà tutto sulle spalle delle sale. Si tratta di una cifra che, per Sony, si aggirava tra i 5 e i 10 milioni di dollari per blockbuster.

Non è difficile immaginare che le altre case di produzione la seguiranno a ruota, come non è difficile immaginare la motivazione, ovvero il calo di interesse del pubblico nei confronti del cinema in tre dimensioni.

Gli esercenti chiaramente non ne sono contenti e lamentano il fatto che in una simile congiuntura si fa gravare su di loro una spesa in più. Tuttavia hanno montato i sistemi tridimensionali (con l’aiuto delle case di produzione) e ora se li tengono. La risposta della Sony, inoltre, è che non era mai stato siglato un accordo per cui le major si sarebbero fatte carico del costo degli occhialini.

Intanto in America il ritorno in sala in 3D del Re Leone ha fatto segnare ottimi incassi e pare che ci sia l’intenzione di riportare in sala film che in passato erano stati girati con tecnologie tridimensionali vecchio stampo, adeguandoli alle moderne stereoscopie.

YouTube attacca con i palinsesti

(da Wall Street Journal)

La voce gira da molto ad Hollywood ma ora è arrivata la conferma: nel 2012 YouTube darà vita a 12 canali tematici, animati da un palinsesto cadenzato fatto di programmi prodotti professionalmente e pagati dallo stesso YouTube.

Si tratta di un’idea che Google ha cominciato a spingere da tempo all’interno dei produttori di contenuti e che lentamente ha messo a punto. Ora c’è una data. YouTube ha comunicato ai suoi produttori di contenuti che hanno 60 giorni per cominciare a consegnare materiale per riempire i palinsesti, il che per l’appunto significa un esordio intorno ai primi mesi del 2012.

La mossa dovrebbe riportare il grande aggregatore in testa confermandolo come il leader dei contenuti in tempo reale, cioè la tv per appuntamento, cioè la tv di 10 anni fa, quella con programmazione regolare e non on demand come si è profetizzato negli ultimi anni. Ovviamente una cosa non esclude l’altra, YouTube rimane YouTube con la sua tonnellata di video disponibili in qualsiasi momento e i 12 canali saranno solo un’esperienza di programmazione regolare non in gara con il resto dei suoi video.

iTunes mette in evidenza le TV App

(da iTunes store)

Sembra una mossa da poco ma può essere significativa. Apple ha cominciato a mettere molto in evidenza le applicazioni e i contenuti televisivi nella versione statunitense di iTunes con addirittura una sezione apposita chiamata TV Time. Questo significa che di certo la compagnia comincia sempre più a puntare su quel segmento.

Da una parte si deve vedere questo movimento come opposto al flop della Apple TV, device che si attacca alla tv e consente la ricezione di contenuti da internet sul televisore e che non è mai decollato, dall’altra la sempre più invadente presenza dei contenuti televisivi su iTunes.

In Italia un fenomeno simile c’è solo con Sky Go.

Amazon svela Kindle Fire, il tablet da 200$

(da Punto informatico)

E’ stato presentato in settimana Kindle Fire, il tablet di Amazon prossimo rivale dell’iPad, equipaggiato Android e venduto ad un prezzo stracciato: 200$. Talmente poco che secondo gli analisti Amazon perderebbe 50$ per ogni device venduto (Apple invece ha un margine del 30% su ogni iPad), puntando a rientrare con la vendita dei contenuti.

Il Kindle Fire ha uno schermo da 7 pollici (contro i 10 dell’iPad) niente 3G (quindi solo WiFi), massimo 8GB di memoria e niente fotocamera.

I contenuti sono quelli di Amazon Prime, si parte dai brani musicali, dai video fino ovviamente agli eBook. Insomma un’offerta ampia paragonabile a quella di iTunes, sebbene non così profonda (i titoli a disposizione al momento non sono così tanti e occorre ricordare che in Italia iTunes ha siglato un accordo con l’iBookStore di RCS che comprende titoli da Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Adelphi, Marsilio, Etas, Archinto, Sonzogno e Skira). Occorre a questo punto ricordare che Amazon Prime è un servizio a pagamento di Amazon che per 79$ consente agli utenti di ricevere qualsiasi oggetto venduto dal grande store senza le spese di spedizione e dà accesso gratuito alla libreria di 11.000 tra film e show televisivi in streaming di Amazon Prime Instant Videos.

Accanto al Fire esordisce anche un altro modello il Kindle Touch, un e-reader erede del Kindle canonico ma più piccolo che si compra con 130$ o 99$ con la sponsorizzazione.

Ma le particolarità del Fire non si limitano al prezzo. Il tablet ha un browser, chiamato Silk, che rispetto a Safari utilizza un nuovo sistema di per il rendering delle pagine web, sostanzialmente le carica prima e meglio. Inoltre anche la versione di Android che monta il tablet non è la solita. Trattandosi di un sistema operativo a codice sorgente libero (o parzialmente libero, come sostengono molti) Amazon lo ha potuto modificare a proprio piacimento rivoluzionandolo in molti aspetti.

Qui un video pubblicitario.

Samsung pagherà Microsoft per ogni telefono con Android che produce

(da GigaOM)

Samsung era rimasto l’unico a non pagare royalties a Microsoft per l’utilizzo di Android. La questione risale alle molte cause intentate da Microsoft ai diversi produttori di telefoni con Android, accusandoli di usare un sistema operativo che viola diversi suoi brevetti. Nessuno è mai andato in causa effettivamente, spaventati dalle spese, e quasi tutti hanno deciso di pagare circa 5$ per telefono prodotto a Microsoft.

Tra i molti Samsung (il più grande produttore di smartphone con Android) era uno dei pochi a non voler pagare, ora invece non solo pagherà ma ha anche siglato un accordo di sviluppo di Windows Phone. Samsung insomma pagherà per ogni telefono Android che costruisce e contribuirà anche allo sviluppo e al miglioramento del sistema operativo per telefoni di Microsoft che al momento monta solo su un modello dei suoi telefoni e che, è facile prevederlo, in futuro sarà di certo più adottato.

Google chiaramente non ha preso bene la mossa ma sono in molti a sostenere che la questione è più complicata di così. I telefoni Samsung con Android non solo sono ottimi modelli ma anche molto ben venduti, tuttavia l’acquisto da parte di Google di Motorola ha causato uno smottamento negli equilibri e sembra che Samsung non sia più così convinta di essere il cavallo su cui Google punterà nel futuro per l’hardware.