Quest’anno doppio Pixar. Il ritardo di Inside Out (e in particolare anche l’uscita ritardata italiana, non a Maggio ma a Settembre) ha fatto sì che nel 2015 potremo godere di due film dallo studio più importante del mondo, in Italia a distanza di due mesi. Il Viaggio di Arlo uscirà il 25 Novembre infatti e pareva un film sottotono, specie rispetto al più audace viaggio nella coscienza umana di Docter, eppure dalle prime immagini che abbiamo potuto vedere oggi alla Festa del cinema di Roma e dalla conversazione con Kelsey Mann (story supervisor) ne siamo usciti con un’altra consapevolezza.

Occorre sempre precisare che, benchè ci abbiano mostrato scene sparse nel film per un totale di mezz’ora, comunque le impressioni vanno prese con le pinze. A noi stessi in passato è capitato di avere un giudizio dopo le prime scene viste e uno completamente diverso una volta visionato tutto il film per intero (Operazione U.N.C.L.E.). Di certo il caso specifico Il Viaggio di Arlo ci appare oggi come un progetto molto più promettente di quanto non potesse sembrare ieri.

Il Viaggio di Arlo ci appare oggi come un progetto molto più promettente di quanto non potesse sembrare ieri

Il materiale visionato comprendeva alcune scene che girano da un po’, come quella in cui il dinosauro Arlo si perde cadendo nel fiume e incontra per la prima volta Spot, il bambino umano (con l’aggiunta di una parte in cui il secondo cerca di fare amicizia con il primo procurandogli da mangiare) e anche quella in cui i due comunicano non verbalmente la loro storia, la morte o la perdita delle proprie famiglie. Nuovissime invece erano le scene in cui Arlo e Spot incontrano una specie di rinoceronte primitivo che porta su di sè moltissimi animali, quella in cui i due assieme a tre T.Rex cercano di riprendere del bestiame rubato e infine una di pura esaltazione della coppia che corre ed esplora le montagne e poi ancora il cielo sopra le nuvole.

Quello che abbiamo capito è che Il Viaggio di Arlo sarà un film pieno di animali inventati e che punta su di loro per la parte comica. Ci sono momenti di grandissima comicità, originale e inventiva (specie nell’incontro con il rinoceronte e i suoi parassiti, che pare una parodia delle stranezze mistiche da Twin Peaks e ricorda, per assurdità, gli incontri che fanno Marlin e Dory in Alla ricerca di Nemo) e momenti toccanti, più una parte di puro western in cui si combattono dei predatori simili alle iene di Il re leone, che poi sarebbe quella con i T.Rex animati come mandriani (uno dei quali sembra modellato sulle fattezze di Jack Palance e già quello basta per morire dal ridere). La cosa incredibile è come molti animali abbiano degli occhi neri e privi di vita, senza pupille come quelli dello squalo di Spielberg. Mentre infatti alcune bestie parlano e ragionano, altre sono presenze silenziose, quasi funeree, esilaranti ma dal misterioso atteggiarsi. Per quanto possa sembrare strano a tratti sembrava di vedere l’idea di natura di Werner Herzog. Dall’altra parte è subito chiaro che il rapporto ragazzo/cane che si instaura tra Arlo e Spot, dove però il dinosauro è il ragazzo e il bambino umano primitivo è il cane, sarà la parte struggente.

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Da quello che poi ha detto Kelsey Mann abbiamo anche capito che questo, nonostante il trailer e le prime scene ne marginalizzino l’importanza, sarà il primo western della Disney.

KELSEY MANN: L’intento originario non era quello di fare un western, del resto il film sono 5 anni che è in sviluppo. Eppure già quando io sono salito a bordo, due anni fa, è stata la prima cosa che Pete [Sohn, il regista ndr] mi ha detto. Voglio dire che quando me ne parlò la prima volta quell’idea già era lì.
Alle volte mi pare che il nostro lavoro sia pensare ed elaborare tutte le possibili evoluzioni di uno spunto, siamo arrivati davvero a provarle tutte, fino a pensare di far entrare i personaggi in un saloon e ordinare un drink: “Che diamine avevamo in mente??”

Sappiamo che alla Pixar vi preparate sempre molto per i film che realizzate, stavolta che tipo di ricerche avete fatto?

KM: Noi dello story department facciamo molti tipi diversi di ricerche, una delle prime ad esempio è andare sul luogo, io non avevo mai visto del bestiame prima e come posso sapere come si disegni se non l’ho mai visto? Arrivati lì Pete e il sottoscritto abbiamo capito che avremmo potuto fare un film solo sul bestiame e io non sono nemmeno un cowboy. Invece quelli dell’art department quando vengono con noi, nei medesimi luoghi, magari del bestiame studiano i colori. Chi come me si occupa della storia però preferisce fare un’esperienza e capire quello che sente. Quindi andiamo nei luoghi che servono e ci mettiamo magari accanto ad una montagna per sentirci insignificanti come esseri umani.
Molto poi è stato raggiunto grazie a infinite discussioni tra di noi, parlare di come ci sentivamo all’età in cui si matura (che poi è in teoria quella del dinosauro Arlo), delle nostre sensazioni da bambini, quello è il posto in cui andiamo sempre a cercare le nostre storie: dentro di noi.

Le storie Pixar hanno quasi sempre un momento in cui i personaggi si perdono e sembrano non essere più in grado di tornare assieme agli altri. Per alcuni film poi il viaggio di ritorno è l’essenza stessa della storia (Alla ricerca di Nemo, Inside Out, Wall-E….). Lavorando alla Pixar ha capito cos’è di questa forma di abbandono che appassiona così tanto lo studio?

KM: Alla Pixar cerchiamo sempre di fare qualcosa di diverso dagli altri e iniziamo chiedendoci “E se…”. Stavolta ci sembrava davvero forte fare una storia di un ragazzo e il suo cane al contrario, una che parta da “E se l’asteroide che ha estinto i dinosauri non avesse mai colpito la Terra?”. L’idea centrava bene quell’equilibrio tra realizzare qualcosa di mai visto prima ma anche di non troppo originale. Anche solo per questo abbiamo fatto moltissime prove, fino a spingerci anche troppo in là, tipo immaginando i dinosauri che guidano le macchine. Alla fine però l’idea della frontiera ci è parsa la migliore.

Stavolta sembra che abbiate raggiunto un nuovo standard di fotorealismo…

KM: Non sono un tecnico ma so che siamo un passo avanti. So che era un problema mostrare un personaggio che interagisce con l’acqua, tipo che ne rompe la superficie, e per questo ci hanno chiesto: “Possiamo per favore farlo accadere al massimo due volte?”. Alla fine so che la soluzione è stata rubata a Duel, in cui Spielberg filmava sempre la stessa parte dell’autostrada da diverse angolatura per tutto il film. Abbiamo fatto così: solo una parte del fiume è stata realizzata e con quella abbiamo fatto tutte le scene.
Visto che era la parte più difficile quella in cui Arlo cade nel fiume è stata la prima che abbiamo iniziato a produrre. Ma la cosa che amo di questo film è come tutti i reparti siano valorizzati, ci sono scene in cui il suono, il paesaggio e tutto ciò che solitamente sta nello sfondo è invece il primo piano, il punto centrale della scena.

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