A cura di Raffaele Caporaso di BadComics.it.

Giovanni Aloisio è un giornalista, musicista, scrittore e regista barese, i cui esordi nella regia sono caratterizzati da alcuni cortometraggi sperimentali, come Non sense appointment (1985) e Phobos (1986) e alcuni spot a sfondo sociale e videoclip di carattere musicale.

Il regista, un uomo davvero “politropo”, ha alternato la sua carriera giornalistica a quella di musicista e a quella di autore firmando alcuni racconti raccolti in Quattro passi verso l’ignoto (2003) e Ai margini dell’orrore (2011), che gli hanno permesso di essere insignito del “IV Premio Internazionale Euro Mediterraneo – Galà della Cultura e del Glamour per l’anno 2011”, nella categoria scrittori e saggisti.

Nel campo della critica ha firmato due cult-book: Goblin: la musica, lfa paura, il fenomeno (2005) edito da Unmondoaparte, e la prima monografia dedicata al film Zombi (2011) di George A. Romero, scritta a quattro mani con Lorenzo Ricciardi, e pubblicata nella collana Quaderni di sangue, sempre dal suddetto editore. Successivamente, ha realizzato insieme al musicista-compositore Agostino Marangolo (batterista storico dei Goblin) il libro biografico Drummando: da Roma a Parigi, quarant’anni di musica italiana, andato subito esaurito. Nel 2012 ha inoltre presentato, al Festival del Western di Orvieto, il libro C’era una volta in western, scritto con il regista Lorenzo Muscoso ed il compositore Marco Werba. Ha infine pubblicato due sue racconti Luc Hard e Giallo negli occhi.

Il 14 marzo 2014 ha presentato alla stampa il suo cortometraggio fantasy La Signora Delle Dodici Notti, da lui scritto e diretto, apprezzato dalla critica e da un particolare sostenitore, Dario Argento, che ne parla nel video sottostante:

 

 

In occasione della prima della sua nuova opera, il cortometraggio Phantasma, ispirato al capolavoro Suspiria dello stesso Argento, abbiamo avuto modo di incontrare Giovanni Aloisio per parlare di cosa vuol dire fare il regista in una realtà come quella barese, e molto altro ancora.

Che tappa rappresenta la tua ultima opera, Phantasma, nel tuo percorso lavorativo?

Phantasma è la fine di un percorso, ma anche l’inizio di un altro. È l’ultima tappa, in senso cronologico, del mio viaggio come scrittore e poi regista nel genere fantasy/horror, che è iniziato con la scrittura di diversi romanzi, in parte pubblicati, ma che poi è divenuto qualcosa di più. Difatti, ben presto ho iniziato a girare alcune di queste storie. Altre sono rimaste un po’ come dei sogni nel cassetto, perché in taluni casi si avrebbe bisogno di uno sforzo notevole: si dovrebbero mettere in campo delle produzioni molto più consistenti, e la cosa non è stata realizzabile, al momento. Invece, Phantasma nasce da un mio brevissimo racconto, che ho poi sviluppato in una sceneggiatura, scritta assieme a mia moglie, Daniela Flaccomio: una sinergia davvero vincente. La storia è molto semplice, ma, allo stesso tempo, diversa dagli horror attuali, molto incentrati sulla violenza e sullo splatter. Ultimamente ho visto la trilogia di The Human Centipede di Tom Six, e devo ammettere di esserne rimasto negativamente impressionato. Io non credo in questo tipo di film, ma piuttosto in un genere horror molto più incentrato sulle storie, sui personaggi e sulle loro paure interiori. Anche l’utilizzo del sangue in un film di questo genere è importante: questo “mezzo” deve, a mio giudizio, essere centellinato. Se ritorno con la mente indietro negli anni, ai capolavori di registi come Dario Argento e George Romero, lì il sangue c’è, e a volte a fiumi, ma ha una sua precisa funzione che non è solo un modo per impressionare gratuitamente il pubblico. Dico “no” al sadismo fine a se stesso, ecco.

Concentriamoci maggiormente sul corto preso in esame: cosa puoi dirci della trama?

Phantasma è la storia di una ballerina, Anita, una ragazza molto giovane e fragile. Questa viene continuamente vessata dal suo Maestro di danza, il quale è una sorta di “orco moderno”, se vogliamo. Quest’uomo mette in atto una vera e propria campagna di terrorismo psicologico nei confronti di Anita. A un certo punto, però, si scopre che nella scuola è presenta una sorta di entità, lo spirito di un’altra ballerina morta suicida, la cui storia ha dei punti in comune con quella della protagonista. Nasce così una sorta di empatia fra le due figure femminili, che si risolverà in maniera piuttosto inaspettata.

Dal punto di vista tecnico, cos’ha richiesto Phantasma? Dalla scelta del cast, alla location, al tempo di riprese e così via.

LOCANDINA UFFICIALEI tempi di realizzazione del corto sono stati più lunghi del previsto, sebbene io sia uno che ama pianificare e organizzare molto bene il suo lavoro. In questo caso, però, mi sono trovato di fronte alla necessità di mettere in gioco fattori molto complessi, oltre a dover affrontare qualche imprevisto in corso d’opera. Il cast è molto nutrito, quasi esclusivamente composto da ballerine, le quali, a loro volta, avevano bisogno ciascuna di un proprio truccatore. Per non parlare di tutte le altre comparse e il cast tecnico. Mettere insieme un gruppo composto da più di 30 persone, ogni giorno, non è stato facile. Il casting è stato fatto direttamente da me, e devo fare un plauso al lavoro di tutti i miei attori, in particolar modo a Tiziana Loconsole, ballerina professionista, la quale è riuscita a dare al suo personaggio una grande carica espressiva ed emotiva, utilizzando in maniera ottimale le movenze del suo corpo. Come non citare anche Maurizio Della Villa, che è il protagonista maschile, il Maestro: rivedendo il corto non so più distinguere dove finisce l’uomo e inizia il personaggio.

Il set, che abbiamo scelto di “costruire” nella scuola di danza di Bari Il Palcoscenico, aveva dimensioni abbastanza esigue, tanto che, nel corso delle riprese, parte del cast era costretto a recarsi esternamente all’edificio, per consentirci di girare al meglio. È stato un lavoro duro. Addentrandoci in un discorso molto più tecnico, vorrei parlare della fotografia e delle luci, aspetto della cinematografia per il quale ho una particolare predilezione. In corso d’opera, a causa di una divergenza di vedute con il precedente cameraman e il direttore della fotografia, ho optato per altri due professionisti più in linea con la mia visione. In post-produzione, ciò si è tradotto nel cercare un compromesso fra i vari girati, specie nell’uniformare il colore al fine di avere una resa cromatica soddisfacente. Paradossalmente, sono molto soddisfatto, perché, alla fine di tutto, è venuto fuori un lavoro che definirei “ibrido”: nel corto c’è un insieme di tecniche che di fondono al meglio fra loro, cosa che dà un senso di grande densità al tutto.

Ora che hai terminato le riprese, con conseguente lavoro di post-produzione, e iniziato a mostrare Phantasma al pubblico, cosa provi? E cosa ti auguri per il destino di questo cortometraggio?

Penso di aver fatto tutte scelte giuste e ponderate. Il mio è un percorso lento, ma anche molto razionale. Piuttosto che arrivare direttamente al lungometraggio, sto cercando di affinare quella che è la mia tecnica, registicamente parlando. Sto dando vita a un percorso di ricerca, sto cercando di trovare qualcosa che possa rappresentare una vera novità rispetto a quanto siamo tutti abituati a vedere. Oggi è difficile inventare qualcosa di nuovo, viviamo nell’epoca dei sequel e dei reboot. Certo, è fondamentale guardare al passato con il massimo rispetto e totale umiltà, cercando di farsi contaminare da questo senza però rimanerne “infetti”: bisogna sempre cercare di avere un proprio stile personale, senza perderlo mai per trovare scorciatoie. Questo diversificarsi permette di essere potenzialmente riconoscibili. Al momento il genere horror, sia in termini internazionali che nazionali, è un insieme di cliché. Ti dico di più: secondo me non c’è nemmeno la voglia di raccontare davvero qualcosa di nuovo perché fare ciò rappresenta un rischio che in pochi vogliono correre.

Dopo la visione di Phantasma, è inevitabile cogliere una chiara citazione a Suspiria di Dario Argento: qual è il rapporto che lega le due opere?

È un rapporto d’amore, un amore dichiarato ed evidente. Ho disseminato “Phantasma” di elementi e citazioni che ricordano in maniera abbastanza manifesta il capolavoro di Argento. È addirittura presente una scena che ho riprodotto in maniera speculare a Suspiria, della quale è protagonista la ballerina professionista Serena Rainò. Una parentesi, Serena, che è in formazione specialistica presso l’Accademia Teatro alla Scala, è insegnante di danza presso la scuola Promethevs di Toritto, in provincia di Bari, assieme a suo padre, Alfredo. Bene, Alfredo Rainò è un ballerino con una carriera pazzesca alle spalle e fece parte egli stesso del cast del film di Argento. Io ho ripreso una breve sequenza di Suspiria, della quale era protagonista Alfredo, mettendo la figlia, nella stessa identica posa, al posto del padre, in una sorta di legacy fra le due opere. Questo dettaglio cementifica ulteriormente il tributo che ho voluto fare nei confronti del mio Maestro.

 

alosio e argento

 

A questo punto, viene naturale chiedersi che rapporto unisce Giovanni Aloisio a Dario Argento, il quale conosci personalmente.

Il nostro rapporto è di vera amicizia, fatta di affetto e stima reciproci. Ho conosciuto Argento nel 2007 e da allora ci siamo visti spesso. Io, sin da bambino, l’ho sempre seguito: ero un suo accanito fan. Avrò visto Profondo Rosso circa 300 volte: mi aveva talmente turbato nel 1975, quando ero ragazzino, da rimanermi dentro per sempre, così come Suspiria. Uno dei ricordi più belli risale a quando confessai ad Argento la mia volontà di intraprendere la carriera registica: lui mi fissò con grande intensità, e mi disse “Assolutamente sì, devi farlo. Perché secondo me hai la stoffa necessaria”. Senza tale incoraggiamento, non so se avrei mai deciso di diventare regista, ma sarei rimasto piuttosto a livello di scrittura. Quindi, il primo input, in questo senso, è arrivato proprio da lui.

Avendo parlato di cinema, di danza e di scrittura, sarebbe interessante scoprire cosa pensa Giovanni Aloisio dell’Arte, intesa nella sua massima espressione in qualsivoglia medium questa si manifesti.

Per me, l’arte è semplicemente il modo per manifestare un proprio sentimento, una propria emozione. È il mezzo attraverso il quale rendere reale ciò che si percepisce e si vede, procedimento che viene filtrato attraverso la propria personalità. Io faccio arte, proprio perché ho necessità di esprimermi. Sono musicista, scrittore e regista e ho sempre sentito pulsare in me questa vena espressiva, che quasi mi obbliga a esternare quello che sento. Focalizzandoci sull’aspetto meramente registico, noto che si ha la possibilità di “buttar fuori” molto di più rispetto, per esempio, alla scrittura. Il film è un insieme, un prodotto orchestrale, nel quale è necessario far combaciare alla perfezione tutta una serie di elementi. Quello che ho compreso nelle varie fasi artistiche della mia vita è che con la regia ho trovato la mia completezza.

 

 

Cosa significa dunque per te fare arte in Puglia? Quali sono le difficoltà intrinseche della nostra realtà, piena di artisti brillanti che spesso si trovano a imbattersi in scogli di svariata natura?

Il problema è questo: si può avere un’idea fantastica per un lungometraggio, o anche per un corto, ma, nel momento nel quale vai a richiedere a delle produzioni delle risorse ci si imbatte spesso in una certa “sordità”, non mi viene altro termine, da parte di queste. Parlo delle produzioni in generale, non solo quelle pugliesi. Questa indifferenza è abbastanza diffusa a livello nazionale. C’è un’evidente difficoltà a farsi ascoltare, a farsi leggere: i produttori difficilmente leggono le tue sceneggiature se gliele mandi per posta. Bisogna prima incontrarli, essere convincenti, diventando quasi un “piazzista”. Date queste difficoltà, io sono già consapevole che Phantasma non potrà avere una diffusione cinematografica, ma cercheremo di farlo girare nei vari festival di genere, come accaduto per La Signora delle Dodici Notti, nei quali si ha la possibilità di far conoscere e magari apprezzare il tuo lavoro ai produttori, nella speranza, magari, che questo possa essere adattato a lungometraggio. Ne approfitto anche per ricordare che la seconda nazionale di Phantasma si terrà in occasione del BGeek 2015, il quale si svolgerà a Bari i prossimi 27 e 28 giugno. Dunque, a chiunque si sia perso la prima e sia interessato a guardare il corto, questo sarà proiettato presso la sala conferenze “Tatooine” del Palaflorio di Bari, domenica 28 giugno alle ore 20.30.

In conclusione, cosa c’è in ballo nel futuro artistico di Giovanni Aloisio?

Ci sono un paio di progetti. Il primo è realizzare il lungometraggio de La Signora delle Dodici Notti, per il quale c’è la disponibilità da parte di una produzione locale. Al momento, sto sviluppando la sceneggiatura a quattro mani con l’amico Rocco Tetro. Infine, sto lavorando a una serie intitolata Italian Horror Story, ispirata alla serie TV American Horror Story creata da Ryan Murphy. Chiaramente, i contenuti del mio lavoro saranno originali e slegati dallo show americano. Ho già registrato il marchio e ci sto lavorando su duramente, nella speranza di proporre il format a molteplici produzioni. Tale format prevede una prima stagione di quattro episodi, e la storia dovrebbe essere ambientata in un convento di suore. C’è già una storia, un adattamento, e al momento mi sto concentrando sulla sceneggiatura. Speriamo bene, sono ottimista a riguardo.

 

 

Phantasma è dichiaratamente quanto rispettosamente ispirato al meraviglioso tòpos cinematografico che il Maestro dell’horror Dario Argento ha saputo creare nella sua strabiliante carriera.

La trama, lineare e priva di sbavature, ha per protagonista una giovane ballerina di nome Anita, la quale vuole fare della danza classica la sua vita, consapevole di quanto impegno, passione, dedizione e sacrificio questa scelta richieda. A ostacolare il suo sogno ci pensa il suo Maestro di danza, arcigno e crudele, il quale si rende (unico) promotore di una vera e propria campagna di mobbing, se non proprio terrorismo psicologico, nei confronti della protagonista, la quale, disperata, pensa di abbandonare il suo sogno. Non tutto, però, è perduto, in quanto vi è qualcosa di sovrannaturale nascosto fra gli specchi, le sbarre e i sipari della scuola di danza Il Palcoscenico. In passato, infatti, anche un’altra promettente ballerina, Clara, aveva subito le continue vessazioni del Maestro, un vero e proprio villain da far impallidire quelli presenti nei cinecomic. Devastata da tutta questa violenza, Clara, decise di togliersi la vita proprio fra le mura della suddetta scuola. Da allora, una presenza silenziosa aleggia in quel luogo, presenza che deciderà ben presto di intervenire a suo modo per cercare di ottenere quella giustizia della quale era stata privata in vita.

In una storia che ha molti tratti in comune, come tematiche, con il film di successo Whiplash di Damien Chazelle (che il regista giura di non aver ancora visto), fatta eccezione per l’elemento sovrannaturale, Phantasma cattura magneticamente l’interesse del pubblico per tutti i suoi quattordici minuti di durata. Il corto mischia tratti del cinema horror orientale, primo fra tutti Ju-on di Takashi Shimizu., con le tecniche audio-visive dei classici “argentiani”, primo fra tutti Suspiria.

 

Phantasma - backstage

 

Phantasma si dimostra un prodotto di buona fattura e convincente nel suo complesso. La sceneggiatura, come già detto, è qualcosa di abbastanza fresco e originale nel panorama del genere horror moderno, specie di quello nostrano, e punta più sull’effetto suspense, catturando lo spettatore sul piano psicologico, piuttosto che impressionarlo con violenti e “splatteristici” twist narrativi. La regia di Aloisio è attenta e precisa, specie considerando i modesti mezzi tecnici a disposizione. Lo storytelling scorre fluido e il montaggio è studiato in maniera intelligente. Grande importanza rivestono nella storia gli effetti audio, curati dallo stesso regista (come il buon Dario Argento ha insegnato a tutti noi): questi, a volte quasi artigianali, più che strumentali, riescono ad anticipare, a volte persino di una frazione di secondo, i colpi di scena più importanti, creando nello spettatore quell’inconscio piacere masochistico che chi ama il genere horror conosce bene. Buona prova complessiva del cast, del quale ricordiamo i protagonisti Tiziana Loconsole e Maurizio Della Villa: considerando la natura semi-professionistica di questo, le interpretazioni degli attori si rivelano soddisfacenti e all’altezza delle aspettative.

Phantasma si dimostra un prodotto di buona fattura e convincente nel suo complesso

Una nota di merito va al direttore della fotografia, il giovane Alberto Antonio Stragapede: questi riesce a fare suo al meglio il canone fotografico della cinematografia di Argento, fatto di un utilizzo di colori saturi che risaltano prepotentemente, conferendo grande carica visiva alle scene di maggiore impatto emotivo. Distinti anche gli effetti speciali confezionati da Pierluigi Briamo.

“Phantasma” è una dichiarata e rispettosa lettera d’amore a “Suspiria” di Argento: tale amore si dimostra sincero e degno di esistere. Il corto è inoltre realizzato con un budget assolutamente esiguo, e mezzi non certo speculari a quelli utilizzati nei grandi kolossal o nei lungometraggi “di grido”. Nonostante tutte queste potenziali difficoltà, che chi vuole fare cinema nel nostro Paese, specie nella sua parte meridionale, conosce molto bene, Phantasma è un lavoro davvero apprezzabile e ben confezionato, lavoro dignitoso che merita attenzione e rispetto, perché la dignità, in termini artistici, non è qualcosa da dare per scontato.

Il corto verrà proiettato questo weekend al BGeek: trovate tutte le informazioni sulla manifestazione barese su questa pagina di BadComics.it.