Il 2012 si è appena concluso, e quindi è venuto il momento di ripensare ai film che abbiamo preferito e a quelli che ci hanno deluso.

La classifica di oggi è a cura di Andrea Bedeschi, domani pubblicheremo quella del nostro recensore Gabriele Niola!

 

 

TOP TEN

  • 21 Jump Street
    Per il sottoscritto si tratta della più grande sorpresa di quest'anno. Per carità, avevo fiducia nei due registi responsabili di quella perla d'animazione nota come Piovono Polpette. Quello che non mi aspettavo era che riuscissero a confezionare una buddy comedy semplicemente perfetta, con attori in formissima, una comicità a tratti delirante e di ovvia derivazione cartoonistica incasellata in un film in cui, per una volta, il concetto di “adattamento ai nostri giorni” viene gestito a fini narrativi e non solo per inserire il singolo musicale più in voga del momento.
     
  • Il Dittatore
    Sacha Baron Cohen abbandona il genere mockumentario e va a inserire il suo nuovo personaggio in un contesto narrativo più canonico, debitore di Eddie Murphy e del suo Principe Cerca Moglie e del Grande Dittatore di Charlie Chaplin. Il risultato è forse un po' meno caustico dei precedenti Borat e Bruno, ma comunque più che sufficiente a farci capire l'infinita differenza qualitativa fra artisti come Cohen e le accoppiate d'idioti che dobbiamo sorbirci nei confini della nostra penisola.
     
  • Ted
    Potrei ripetere in parte il discorso fatto per 21 Jump Street anche perché pure qua si parla di un artista, Seth MacFarlane, passato dall'animazione al live action. Ted è tutto quello che il mondo ama, o odia a seconda dei punti di vista, del papà dei Griffin e American Dad. Ma il gioco non si ferma alla sterile riproposizione di meccanismi e situazioni collaudati in anni di successi televisivi. MacFarlane inserisce, da abile narratore, elementi di empatia in un contesto di citazionismo funzionale alla storia e condiviso col buona parte del suo pubblico di riferimento.
     
  • La Talpa
    In uno spy-movie solido e ben fatto come La Talpa, girato da quel Tomas Alfredson già artefice di uno degli adattamenti letterari più belli degli ultimi anni, Lasciami Entrare, Gary Oldman ci ricorda che essere un grande attore non significa necessariamente lasciarsi andare al repertorio del gigione. Un Attore con la “A” maiuscola si riconosce anche, e soprattutto, quando agisce per sottrazione. Il suo George Smiley è sostanzialmente impassibile, imperturbabile, per due ore. Eppure, quando la macchina da presa si soffermava sui suoi occhi, si poteva comprendere in maniera quasi palpabile, fisica, che la sua mente è attraversata da mille pensieri, mille calcoli, mille variabili elaborate. Un monumento all'arte della recitazione.
     
  • ParaNorman
    L'unico film d'animazione della mia classifica “Best of 2012” è la nuova opera della Laika, lo studio d'animazione di Travis Knight, uno che al posto di dedicarsi al prosieguo dell'attività paterna – suo padre Phil è il fondatore e presidente di un'azienda famosa soprattutto per le sue scarpe che forse in questo momento saranno ai piedi di molti di voi, la Nike – ha rilanciato gli ex Will Vinton Studios trasformandoli in una delle case di animazione più interessanti del circondario. A prescindere dal processo d'identificazione nel piccolo Norman – da piccolo ero abbastanza simile a lui – ParaNorman diverte, e magari spaventa anche un po' i più piccoli, e fa riflettere i più grandi sul cosa significhi sentirsi, o essere diversi, in un'età in cui uniformarsi al gregge diventa la chiave della sopravvivenza.
     
  • Lo Hobbit – Un Viaggio Inaspettato
    Peter Jackson ha preso un libro per bambini, importante e seminale quanto volete, ma comunque più semplice del Signore degli Anelli e delle altre opere del Professore, e l'ha trasformato in un'opera capace di riprendere tutta l'epica della sua precedente Trilogia e di rinfrescarla con tutti quegli elementi più gioiosa e fantasy mutuati direttamente dalla pagina scritta.
     
  • The Avengers
    Potremmo star qua ore a parlare delle varie incongruenze e assurdità presenti nei 143 minuti di durata di The Avengers. Ma sarebbero parole che andrebbero a perdersi come “lacrime nella pioggia”. Con questo lungometraggio Joss Whedon ha soddisfatto le fantasie più spinte di ogni nerd o geek degno di essere definito in tal modo, ma è riuscito ad andare oltre l'orticello, nutrito quanto volete, degli affezionati di supereroi and co. Whedon, e i Marvel Studios, hanno definitivamente elevato il cinecomic a fenomeno socioculturale con la potenza di un pugno di Hulk.
     
  • Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno
    Il mio più grande cruccio riguardante The Dark Knight Rises è un “What if…?” destinato a rimanere tale. Come molte persone mi sono domandato “ma la storia di questo film sarebbe comunque stata così anche se Heath Ledger non fosse prematuramente scomparso nel 208?”. Una volta accantonato in un recesso della mia testa questo pressante interrogativo, quello che resta è un lungometraggio ambizioso, ipertrofico forse, ma perfettamente coerente con la poetica “a spirale” del filmmaker inglese. Un'opera che termina adeguatamente una Trilogia in cui le avventure del leggendario personaggio di Bob Kane e Bill Finger diventano allegoria degli “strange days” che tutti noi stiamo vivendo in questo nuovo millennio che presenta delle zone d'ombra più buie e tetre di un vicolo di Gotham City.
     
  • Sette Psicopatici
    Con In Bruges Martin McDonagh aveva trasformato le celebri e fiabesche vie della citta belga nello scenario di una crime comedy dai toni noir, grotteschi e onirici.
    Con Sette Psicopatici estende la portata del suo discorso andando a raccontare la sovrapposizione dei piani fra realtà e finzione cinematografica con un sorprendente film che pare partorito da una fusione fra Charlie Kaufman e Quentin Tarantino. Per non parlare del cast – stratosferico – in cui svettano le performance di Sam Rockwell, Woody Harrelson e dell'epifanico Tom Waits.
     
  • Quella Casa nel Bosco
    La prima posizione della classifica non poteva che andare al film che ha scoperchiato il mio cranio, e probabilmente quello di ogni amante del cinema “pop”, tirato fuori le “action figure cerebrali” di Jason Voorhes, Cthulhu, Faccia di Cuoio, degli zombi di Romero e non solo, di anni e anni di film horror e fantasy impiegandole per un gioco metanarrativo, metacinematografico meta-qualsiasi-roba-che-vi-passa-per-la-testa. Un lungometraggio che potrebbe causare orgasmi multipli e ripetuti a qualsiasi semiologo della domenica, senza per questo andare ad ammorbare il suo incedere con intellettualismi noiosi e barbosi. Drew Goddard e Joss Whedon hanno dato vita a un vero e proprio capolavoro da guardare insieme al loro pubblico, non un film fatto per mostrare i muscoli e dire alle platee “vedete quanto siamo fighi? Riuscite a starci dietro?”. Quella Casa nel Bosco è perfetto dall'inizio alla fine e non tradisce mai sé stesso. E i due “mastermind” Richard Jenkins e Bradley Whitford ci regalano momenti di assoluta genialità da buddy-comedy.

DELUSIONI

  • 007 – Skyfall
    Non ho mai particolarmente amato la saga ispirata ai libri di Ian Fleming fino a quando il franchise non è stato sottoposto al “restyling” con Casino Royale. La caduta di tono avvenuta con Quantum of Solace e i drammi finanziari della MgM non mi facevano ben sperare circa la riuscita di questo Skyfall. Eppure lo attendevo con grande curiosità e aspettative molto elevate. Ho evitato di leggere ogni critica al film, anche se i “peana” e i proclami d'amore scritti a gran voce su Facebook e Twitter da molti colleghi d'Oltreoceano, lo ammetto, avevano fomentato il mio entusiasmo latente. Poi, la delusione. Nulla da eccepire sulle interpretazioni del cast, ma quando mi sono ritrovato davanti agli occhi uno Javier Bardem che, con un make up digitale che definire scrauso è dir poco e gli abituali capelli da Playmobil, si fa catturare perché ormai ogni blockbuster “maturo” post-Il Cavaliere Oscuro deve proporre un momento in cui il villain si fa imprigionare perché fa “fa parte del piano” – Hey! Sceneggiatori hollywoodiani? Si, sto parlando con voi. Non credete sia ora di cambiare il modus operandi dei vostri “bad guy”? – seguito da un epilogo che sembrava la versione “per adulti” di Mamma ho Perso l'Aereo, mi sono cadute le braccia. Peccato, perché la storia aveva del potenziale e, alla fine della fiera, la parte che ho apprezzato di più è stata quella con cui gli sceneggiatori hanno omaggiato i vecchi Bond dando il via al prosieguo della saga.
     
  • Prometheus
    Chi mi segue su Facebook e Twitter sa già che la mia prima reazione post-visione di Prometheus è stato il post in cui affermavo che valeva la pena fare 1600 chilometri d'aereo per vedere la nuova pellicola di Ridley Scott in anteprima. Non avevo voglia di aspettare l'uscita italiana prevista per settembre e così ho costretto la mia ragazza ad accompagnarmi in Belgio per vedere Prometheus ai primi di giugno. Col passare delle ore e dei giorni, la vocina che nel retro della mia testa sussurrava “ma ti rendi conto che la sceneggiatura riscritta da Damon Lindelof ha più buchi di una rete da pesca” è diventata sempre più forte trasformandosi in un proclama esternato via megafono, tanto che nella recensione ho salvato più che altro l'apparato visivo scenografico della pellicola. Insomma, quella twittata fatta all'uscita della multisala UGC De Brouckere di Bruxelles ha perso, col passare delle settimane, qualsivoglia credibilità.
     
  • Dark Shadows
    Come Prometheus, Dark Shadows è una pellicola che trova nella sceneggiatura i suoi maggiori difetti. Gli ingredienti per un ritorno in grande stile di Tim Burton c'erano tutti. Ma l'adattamento della celebre soap opera americana si è rivelata un'opera che pare confezionata da uno che gioca – male – a fare “il Tim Burton” con personaggi pasticciati – Eva Green esclusa – e situazioni che si accavallano frettolosamente, specie nel finale appiccicato lì come a voler chiudere una pratica fatta da impiegati poco convinti del lavoro che + stato affidato loro.