Mancano due settimane all'uscita di Act of Valor in Italia: il film dei Bandito Brothers, girato con la partecipazione di veri Navy Seals, arriverà infatti nei nostri cinema il 4 aprile.

Nell'attesa, M2 Pictures – che distribuirà la pellicola nel nostro paese – ci ha inviato tutte le note di produzione, che svelano diversi retroscena e il making of del film.

 


NOTE SULLA PRODUZIONE

Nel 2007 la Bandito Brothers di Los Angeles ha realizzato un breve documentario sull'Equipaggio Guerra Speciale della Marina Militare Statunitense (Special War Combatant-CraftCrewmen – SWCC). Derivazione degli operatori dei pattugliatori della guerra in Vietnam, tra i principali compiti della SWCC c’è quello di inserire squadre SEAL in destinazioni apparentemente impossibili, dove svolgono lavori delicati ed estremamente pericolosi, e al momento opportuno recuperarle.

“Abbiamo realizzato un film di sette minutisulla realtà di questi uomini” – racconta Max Leitman, socio della Bandito Brothers e produttore esecutivo di Act of Valor. “Conoscendoli meglio, ci hanno veramente ispirati, e questo credo si veda nel nostro lavoro, concepito come un omaggio, qualcosa che possono mostrare alle loro famiglie e ai loro amici per far capire a tutti in che cosa consiste il loro lavoro. E anche la Marina Militare ha riconosciuto la passione che abbiamo messo nella realizzazione del film”.

Il caso ha voluto che i Reparti Guerra Speciale della Marina, di cui fanno parte i SEAL e la SWCC, abbiano visto questo breve documentario proprio mentre valutavano diversi progetti per un lungometraggio sulle loro attività. “Erano stati avvicinati da decine di produzioni per la realizzazione di un film sui SEAL” – racconta Mike “Mouse” McCoy, regista di Act Of Valor insieme a Scott Waugh. “La Marina aveva risorse sufficienti per appoggiare un solo progetto. Svariate produzioni hanno presentato i loro progetti, ma alla fine è stato scelto il nostro”.

Il Capitano Duncan Smith, 27 anni di servizio in Marina e ancora attivo nei SEAL, è stato uno degli elementi chiave nello sviluppo di Act of Valor. “Volevamo un tramite per raccontare nel modo più autentico possibile chi siamo e chi non siamo” sottolinea. “L’idea doveva essere approvata dai vertici. Questo è il primo film che parte come progetto del Comando Guerra Speciale della Marina Militare. Lo scopo era di consentire a dei civili di venire a vedere come siamo e cosa facciamo, con enfasi particolare sui quotidiani sacrifici dei nostri militari e delle loro famiglie”.

“Il prodotto finito è veramente unico”, dice. “Cattura l’ethos dei SEAL come nessun film prima d’ora. Si spara davvero, si vedono i veri militari – e non solo quelli dei SEAL. I piloti e gli aviatori coinvolti nel film, gli equipaggi dei sottomarini, sono tutti militari autentici. La sceneggiatura è stata scritta e riscritta per riflettere il più accuratamente possibile come le operazioni si svolgono nella realtà. A proposito di realismo, il film va ben oltre quanto il pubblico abbia mai visto. Nessun altro film aveva mai veramente colto il cuore dei SEAL, il lavoro di squadra, la tecnologia avanzata, l’addestramento”.

Selezionati tra le migliori leve della Marina Militare, i SEAL si sottopongono a un addestramento senza pari per svolgere missioni via terra, mare e cielo. Capaci di penetrarei siti più pericolosi del mondo, e poi uscirne,portano a termine compiti cruciali per gli interessi americani. Ogni anno, circa mille reclute della marina cominciano gli addestramenti nella speranza di entrare a far parte dei SEAL. Sono addestramenti tra i più duri di tutte le forze armate statunitensi. Solo tra 200 e 250 reclute completano il corso di un anno e mezzo che permette di accedere a una squadra SEAL e a un ulteriore anno di training propedeutico alla prima missione.

Coraggiosa miscela di realtà e finzione, Act of Valor vede dei veri SEAL della Marina Militare in ruoli da protagonista e offre il primo sguardo autentico sul loro mondo. Per raccogliere materiale per il progetto, a Waugh, McCoy e ai loro partner della Bandito Brothers è stato consentito un accesso esclusivo al mondo di quella che è la forza più enigmatica e di élite tra tuttele forze armate americane.
Per mesi McCoy e Waugh hanno frequentato il Commando Guerra Speciale della Marina di San Diego in California per conoscere in prima persona gli uomini di questa élite. “Eravamo convinti che il modo migliore per far raccontare la nostra storia era permettere a un osservatore obiettivo di vedere tutto quello che facciamo”, spiega il Capitano Smith. “I Bandito Brothers erano le persone giuste, perché sono fondamentalmente degli atleti. Come ex stuntmen, sono dei professionisti che lavorano quotidianamente in ambienti ad alto rischio, quindi in grado di apprezzare chi siamo e quello che facciamo”.

Immersi in quell’atmosfera, tra la vita professionale e privata dei SEAL’, i realizzatori del film hanno cominciato a impregnarsi di questa cultura. “Prima di tutto erano gli uomini a ispirarci”, dice McCoy. “Ci hanno aperto un sipario sul loro mondo. Prima di tentare di raccontare una storia, abbiamo cercato di capire chi fossero veramente”. E dietro quel sipario hanno scoperto una razza tutta particolare di guerriero—un gruppo sorprendentemente eterogeneo di uomini di elevata intelligenza, addestrati alla perfezione e con talenti unici, profondamente impegnati verso il loro paese e i loro commilitoni. “Questi uomini vivono una vita segreta”, racconta Waugh. “Ed è una vita incredibile. Anche noi siamo uomini d’azione e questo progetto era come un invito a nozze. Ma non è che sapessimo molto sui SEAL prima di cominciare. Abbiamo scoperto che compiono azioni miracolose, che hanno delle capacità fisiche ed emotive che la maggior parte di noi si sogna. Io sono ex stuntman e uno stuntman deve essere una specie di tuttofare, ma specializzato in niente. Devi saper fare tutto: andare a cavallo, in motocicletta, domare un incendio, cascare dall’alto e così via. Per i SEAL la disciplina è molto simile, solo che loro sono specializzati in tutto”.

Secondo il Tenente Comandante Rorke, tra i protagonisti del film, le precedenti caratterizzazioni cinematografiche dei suoi uomini sono poco rappresentative ed era contentissimo di condividere parte del suo quotidiano con gli autori del film. “Non siamo un branco di brutti ceffi aggressivi e odiosi”, dice. “Quella componente esiste in parte, in quanto dobbiamo essere aggressivi sul campo di battaglia, ma quando siamo a casa o tra di noi non siamo per niente così. I SEAL sono perlopiù uomini tranquilli e umili che vogliono solo servire il proprio paese”. Waugh è il primo ad ammettere che i suoi preconcetti sugli uomini raccontati nel film sono stati capovolti. Non sono il‘plotone Terminator’ che immaginava. “Pensavo fossero disciplinati al punto di non avere più una personalità” dice, “ma frequentandoli abbiamo scoperto che sono degli uomini carismatici, dei ragazzi fantastici. Forse in molte occasioni devono fare i Rambo, ma non certo 24 ore su 24. Sono degli esseri umani in tutto e per tutto”. Opinione condivisa da McCoy: “Erano l’opposto dello stereotipo del militare da operazioni speciali. Sono uomini colti e per niente esaltati. E le storie che ci hanno raccontato ci hanno sconvolti. Quando combattono, i SEAL fanno molto di più di quanto qualunque scrittore di Hollywood possa mai immaginare”.

Gli autori hanno utilizzato l’accesso esclusivo a questo mondo per una prima stesura della sceneggiatura. Hanno intervistato a lungo i militari e le loro famiglie ed entrando più in intimità con gli uomini della squadra hanno conquistato la loro fiducia. “Si mangiava e si beveva insieme, parlando del più e del meno” dice McCoy. “Hanno visto che avrebbero influenzato in modo determinante la realizzazione del film e capito che ciò avrebbe avuto un effetto positivo sulla loro comunità”. Secondo McCoy la maggior parte di noi civili troverebbe le storie di sacrifici e sopravvivenza che i SEAL raccontano inverosimili. “In quale altra comunità un uomo si farebbe colpire da un proiettile per salvare i suoi fratelli? Dove succedono cose del genere? Beh, ad alcuni dei nostri uomini è successo. Queste storie aiutano a definire il nostro senso di fratellanza.” Alla fine, gli autori hanno trovato cinque storie di atti di valore particolarmente avvincenti da inserire nella sceneggiatura.

Il film segue una squadra SEAL in giro per il mondo in un viaggio colmo d’azione alla ricerca di un nemico insidioso, ma la storia comincia quando gli uomini sono ancora con le loro famiglie nel sud della California. “Il cuore del film è il sacrificio non solo dei militari, ma anche delle loro mogli e dei loro figli”, dice Waugh. “Riescono a stare insieme non più di un paio di mesi l’anno. Se i SEAL non sono sul campo di battaglia, sono in addestramento. Il risultato è che la loro capacità di continuare a combattere in situazioni in cui quasi tutti noi getteremmo la spugna è stupefacente, come lo è il loro infinito sacrificio per il proprio paese”.
Anche un veterano come il Capitano Smith ha trovato alcuni momenti del film illuminanti . “La scena che più mi ha colpito è quella in cui la moglie del Tenente chiude la porta dietro al marito e comincia a piangere”, dice Smith. “Non avevo idea che succedessero cose del genere. Ne ho parlato con mia moglie e lei ha detto che succede piuttosto spesso. Ha detto che il giorno della nostra partenza è sempre un giorno tristissimo, che si sente frustrata, presa dalla rabbia, sola e desolata. Non lo sapevo, quindi Act of Valor mi ha aperto gli occhi sulle reazioni dei miei cari e dei cari dei mie commilitoni alle nostre partenze”.
I registi sono rimasti particolarmente sorpresi da quanto poco si sappia dei sacrifici dei SEAL e dei loro familiari. “Vogliamo che il mondo sia a conoscenza di quello che questi uomini e le loro famiglie hanno fatto per noi negli ultimi dieci anni”, dice McCoy. “Sono stati in guerra per dieci anni di fila. Per garantire la nostra sicurezza hanno dovuto rinunciare a tante cose che noi diamo per scontate”.

 

 

GIÀ DELLE STELLE

Conoscendo meglio gli uomini del plotone SEAL di San Diego, McCoy e Waugh si sono trovati a prendere in considerazione una nuova e mai sperimentata possibilità per il loro film. Invece di fare dei casting con attori, avrebbero usato dei veri militari SEAL nei ruoli principali. “Assicurarci che tutto il nostro lavoro sarebbe stato un omaggio al servizio che questi uomini rendono al paese era diventato il nostro mantra” dice McCoy. “Usando degli attori il rischio era che avremmo dato una falsa rappresentazione dei SEAL. Questo lo sapevamo, perché era già successo con altri film”.

Una breve rassegna della storia recente del cinema americano rivela che gli ultimi tre film in cui appaiono militari SEAL hanno come protagonisti Charlie Sheen, Demi Moore e Bruce Willis, dice Leitman. “Tutti bravissimi attori, ma non sono veri SEAL. Sentivamo che scegliere dei divi non avrebbe reso loro giustizia”.
Più ne parlavano, più McCoy e Waugh si convincevano che l’unico modo per raggiungere l’autenticità di cui avevano bisogno per onorare veramente i soggetti del loro film era utilizzare dei veri effettivi come protagonisti. “Quando ti trovi di fronte a un militare SEAL vedi uno sguardo”, dice Waugh, “un’intensità e un’aura che è quasi impossibile imitare. Come fa un attore a interpretare un uomo in servizio attivo da 20 anni in un reparto del genere?”.

McCoy fa l'esempio di un film sul basket con varie scene in cui i giocatori dei Los Angeles Lakers scendono in campo. “Preferisci vedere un mucchio di attori, che hanno imparato a giocare un mese prima di girare, o i veri Lakers?” Era la prima volta nella nostra carriera che dovevamo dirigere dei personaggi autentici e non degli interpreti”. La parte più difficile, dicono i registi, è stata convincere i SEAL. “Quando eravamo ormai decisi a utilizzare veri militari nel nostro film, questi ci hanno tutti risposto di no,” dice McCoy. “Dicevano che apparire in un film non era roba per loro. Andava benissimo aiutarci nelle nostre ricerche, ma non di più, perché avevano il loro lavoro da svolgere. Poi, quando hanno capito meglio chi eravamo e il nostro atteggiamento, hanno cominciato a farsi coinvolgere, convincendosi che forse il film era un’opportunità per far conoscere la loro comunità al mondo”.

La storia dei SEAL come professionisti che agiscono nell’ombra è parte essenziale del tessuto della loro comunità, dice il Tenente Comandante Rorke. “È stato un passo enorme per noi partecipare a questa iniziativa, ma il nostro gruppo, quello che si vede nel film, era convinto che si trattava di un’occasione unica per raccontare la nostra storia come non era mai stataraccontata prima”.
Benché il suo comandante lo abbia indicato per il film, l’Operatore di Guerra Speciale di Prima Classe Ajay era riluttante fino all'ultimo. “Inizialmente non volevo essere coinvolto nel progetto,” dice James. “Non m’interessa la fama o la gloria, ma vorrei solo gettare una luce sui diversi aspetti dei SEAL. Questo è sicuramente il ritratto più fedele di come operiamo che si sia mai visto al cinema.  I registi ci hanno dato molto spazio, consentendoci di creare la storia come volevamo che fosse raccontata, e per noi questo ha fatto la differenza”.

Dopo aver deciso di commemorare nei titoli i militari del Gruppo Guerra Navale Speciale uccisi a partire dall'11 settembre 2001, un nucleo di uomini ha firmato l'assenso a partecipare alla film. Il Gruppo Guerra Navale Speciale e i SEAL hanno dato un appoggio incondizionato al progetto, a patto che i realizzatori lavorassero rispettando le esigenze lavorative dei militari. “Era naturale, non volevamo sottrarre gli uomini ai loro addestramenti e alle loro operazioni”, dice Waugh. Come avviene nella realtà, la squadra SEAL di Act of Valor è guidata da un ufficiale, il Tenente Comandante Rorke, e da un militare di alto rango, il Capo Operatore Guerra Speciale Dave. “Il rapporto tra i due protagonisti è molto importante,” spiega McCoy. “Nella vita reale sono molto amici, ma uno è il capo dell’altro e c’è un forte rispetto. Era interessante esplorare questa dinamica”.

Il Tenente Comandante fa da collegamento tra la squadra dei SEAL e gli alti ranghi della Marina Militare. “Il Tenente è un uomo completo,” dice Waugh. “È molto intelligente, colto, laureato. È stato a Ramadi in Iraq nel 2006 e ha ricevuto una Stella di Bronzo. È un leader nato e un abilissimo caposquadra”.
“Il Capo Operatore Dave è un po’ il suo opposto,” dice McCoy. “Un surfista, un padre di famiglia, la personificazione di cos’è un SEAL. È affettuosissimo con la sua famiglia e simpatico e divertente con tutti. Ma una cosa è certa: non vorrei essere tra i suoi nemici. È alto due metri ed è forte da far paura. Può lanciare in aria uno pneumatico di trattore come fosse la gomma di una bicicletta. Il suo lavoro è di interagire con il plotone e con il Tenente, è quella la catena di comando”.

McCoy e Waugh sono rimasti sorpresi quando hanno visto che senza divisa il Capo Operatore Dave e il Tenente Comandante Rorke erano amici alla pari. “Parlavano come facciamo io e Mouse,” dice Waugh. “Negli altri reparti dell’esercito, reclute e ufficiali non si frequentano quasi mai. Ma appena sono in divisa, Dave è rispettosissimo. ‘Sì, signore. No, signore.’ Era una dinamica affascinante da osservare”.
L’altro ufficiale della squadra SEAL è il Capo di Seconda Classe Van O. “L’abbiamo soprannominato ‘Dennis Hopper’”, racconta Waugh. “Può diventare feroce ma ha un intelletto che non ti aspetti. A volte era difficile comunicare con lui perché sezionava tutto quello che dicevi, anche il linguaggio del corpo”.
Gli istinti di questo sottufficiale lo hanno reso protagonista di una delle scene più avvincenti del film. “Sapevo che se riuscivamo a scatenarlo nell’ambiente giusto, sarebbe stato magnifico,” dice McCoy. “E ci siamo riusciti con la scena dell’interrogatorio”.

Qui un prigioniero è in possesso di alcune informazioni che salverebbero molte vite e il sottufficiale deve estorcergliele. I registi hanno dato a Van O e all’attore Alex Veadov solo gli elementi essenziali della trama. “Poi abbiamo fatto partire le macchine da presa e li abbiamo lasciati a sbrigare la faccenda tra di loro,” spiega Waugh. “Si vedeva che il sottufficiale stava letteralmente penetrando la mente del prigioniero”.
Gli autori sono riusciti a mettere su una squadra completa che riflette l’eterogeneità dei SEAL. Sono proprio le differenze tra gli uomini che permettono ai SEAL di mettere su delle squadre eccezionalmente efficaci, i talenti individuali di ogni uomo di una squadra fanno da complemento a quelli degli altri.“Ognuno di loro è unico” dice McCoy. “Alcuni sono alti 1 metro e 75 e pesano 70 chili e altri sono alti più di due metri e pesano 110 chili. Il piccoletto può entrare in un edificio dalla finestra mentre il gigante sta abbattendo la porta. Non c’è uno stereotipo del militare SEAL”.

Waugh fa l’esempio dell’Operatore Guerra Speciale di Prima Classe Ajay. Prima di arruolarsi nel 2001, Ajay, che è nato in Trinidad, ha dovuto farsi scrivere delle lettere di raccomandazione da Senatori e Membri del Congresso e ha avuto bisogno di una deroga per l’età. “Ajay apprezza l’America molto più di tanti americani” dice Waugh. “Faceva boxe Muay Thai ed è tra gli omini più divertenti e carismatici che abbia mai incontrato. Ma, allo stesso tempo, non vorrei mai litigare con lui”. Secondo Ajay, fallire nello scopo di diventare un SEAL non era un’opzione. “Non c’era un Piano B. Essere un SEAL richiede senso dell’onore, coraggio, impegno e spirito di fratellanza”.

Poi c’è Weimy, il cecchino della squadra. “La sua pazienza è tale che può restare appostato su un tetto giorno dopo giorno in attesa di quei due secondi in cui dovrà sparare,” dice Waugh.“La sua visione del mondo è tutta tattica, come se fosse nato per diventare un SEAL. Ma poi ha una grazia unica”.
Il responsabile comunicazione della squadra è Ray, “un ossimoro vivente” secondo Waugh, perché è un uomo di pochissime parole. “Ray è incredibilmente bravo in tutto quello che fa”, dice McCoy. “È un uomo completo, con delle capacità eccezionali, ma è anche di un'umiltà spiazzante”.
Il “duro” del gruppo è Sonny. “È uno dei tipi più cattivi che abbia mai incontrato ed è un gigante”, dice Waugh. “Ma è anche un tipo alla mano e sempre disposto a divertirsi. Fino al momento in cui il dovere lo costringea diventare ringhioso, è simpatico e sorridente”.

Infine c’è Mikey, che secondo me è l’ultima persona che ti aspetteresti di incontrare tra i SEAL. “È un tipo senza pretese, mentre dovrebbe averne molte”, dice il regista. “È un corridore di mountain bike a livello mondiale. Fa surf, vela, è un grande sportivo in generale e non ti aspetteresti mai di vederlo in guerra. Ha anche una collezione di giocattoli nel garage, come una barca non funzionante e una Harley senza gomme. Sta nei SEAL da 21 anni”.

Lavorare con questi attori della prima ora è stato sorprendentemente facile, secondo i registi. “Spesso con gli attori ho delle lunghe conversazioni sul personaggio”, spiega Waugh. “Ma in questo film non dovevamo dirigere attori che dovevano interpretare dei personaggi. Stavamo direttamente dirigendo i personaggi. Posso mai mettermi a discutere con il personaggio in persona?”.

I SEAL che hanno partecipato al film non vogliono essere chiamati attori perché dicono di aver semplicemente fatto quello che fanno tutti i giorni. “La parte più difficile sono state le battute,” dice Ajay. “Andare in giro a sparare, correre, comunicare via radio e così via era roba di tutti i giorni per noi. Mettersi lì a parlare con qualcuno senza che sembrasse finto, ecco la parte veramente difficile”.
Anche vedersi su uno schermo è qualcosa a cui dovevano abituarsi,  dice Rorke. “Quando senti la tua voce alla segreteria telefonica in genere non ti piace. È qualcosa che secondo me molti hanno provato, qui la sensazione va moltiplicata per mille su uno schermo di 15 metri. Nel nostro lavoro ci aspettiamo la perfezione. Alla fine mi sono concentrato più sugli altri uomini che non su me stesso, ma hanno fatto un ottimo lavoro. Penso che il prodotto finito piaccia a tutti noi e ci ha emozionati tantissimo”.
Nel cast di Act of Valor i personaggi non interpretati da veri SEAL sono gli attori professionisti, Roselyn Sánchez, nota per la serie televisiva “Senza traccia”, e Nestor Serrano, protagonista di decine di film e serie TV. “Abbiamo cercato di inserire gli attori più talentuosi che siamo riusciti a trovare, ma sopratutto abbiamo selezionato personalità leggermente più discrete”, dice Waugh. “Attori che potevano integrarsi bene nel film e con dei militari che recitano se stessi. Lo standard è stato innalzato per gli attori”.

Un volto relativamente poco noto nel film è quello dell’attore Jason Cottle, che interpreta Abul Shabal. Waugh ricordava Cottle, un veterano della scena teatrale newyorchese, dai tempi in cui lui stesso batteva i palcoscenici come giovane attore. “Era uno degli attori più straordinari che avessi mai incontrato”, dice Waugh. “Volevamo qualcuno poco conosciuto tra il pubblico cinematografico e che riuscisse a trasmettere un vero senso di terrore nel suo ruolo. Mi è venuto subito in mente Jason Cottle. È dotato di un’intensità incredibile”.
 

 

A COME AUTENTICO

Avere i SEAL come consulenti è stata una risorsa preziosa per gli autori nella stesura della sceneggiatura di Act of Valor. “All’epoca i SEAL non erano sotto i riflettori come oggi”, dice Leitman. “Stavamo studiando quali fossero le vere minacce in giro per il mondo. Abbiamo imparato molto sul Messico del Nord e sulla Cecenia. Abbiamo appreso quanto fosse diffusa la minaccia contro gli Stati Uniti. Non abbiamo una guerra a casa nostra, quindi gli americani non si rendono pienamente conto del fatto che ci sono uomini e donne che dedicano la loro vita a proteggerli”.

Le consulenze approfondite con fonti militari e agenzie governative ci hanno rivelato una miriade di scenari possibili. “Abbiamo deciso di impostare una storia in cui la Homeland Security, il Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti d'America, veniva minacciata”, dice McCoy. “Quindi abbiamo cominciato a studiare quali potessero essere le possibili minacce. Che tipo di missioni stanno svolgendo i ragazzi? Con quali mezzi lavorano?”. Mentre lavoravano sul film, interpretando i loro ruoli, i SEAL che vi appaiono erano liberi di decidere che cosa fosse realistico e autentico e cosa no. “Per esempio, il loro modo di parlare nel film è il loro modo di parlare nella vita, dice Waugh. “Usano un’infinità di acronimi, hanno un loro gergo e un loro dizionario”. Per noi era importante che fosse tutto autentico, perché volevamo che il pubblico entrasse in pieno nel loro mondo così com'è nella realtà. Quando davamo loro dei dialoghi, spesso obiettavano: ‘no, io lo direi così’. E ciò che dicevano gli uomini e il modo in cui lo dicevano era sempre di gran lunga superiore a ciò che avevamo scritto noi”.

Di pari importanza è il modo di comunicare dei SEAL quando non parlano. Sul campo la comunicazione deve essere necessariamente silenziosa. “Il loro sottile linguaggio corporeo, la loro gestualità, dice tantissimo”, spiega Waugh. “Aggiunge tensione alle scene del film, perché il pubblico si trova a percepire quello che percepiscono loro. Sentiamoil ramo di un albero spezzarsi, il verso di un gufo, i movimenti di una scimmia ragno… o si tratta di un nemico? Abbiamo cercato di ricreare questi momenti, che arrivano subito prima delle scene in cui si scatena l’inferno”.

Secondo l’Operatore di Guerra Speciale di Prima Classe Ray, i registi erano costantemente preoccupati di catturare i SEAL al top. “Scotty e Mouse si adattavano benissimo ai nostri movimenti e noi ai loro”, ricorda. “Per alcune scene abbiamo dovuto rallentare. Fa parte della nostra memoria muscolare fare determinate cose in un certo modo e a una certa velocità, ma ci siamo adattati a fare quello che avrebbe fatto conseguire al film i risultati migliori”.
Anche le straordinarie scene d’azione del film sono state sviluppate dai SEAL. “Tutti i piani operativi sono stati studiati da loro”, spiega McCoy. “Non c’era nessun tizio di Hollywood in mutande alle tre del mattino a scrivere il piano operativo per colpire un obiettivo. L’azione che vedete nel film è quella che si svolgerebbe nella realtà”.

Per girare queste scene, gli autori davano ai SEAL una bozza di soggetto chiedendo loro poi di pianificare l’operazione come avrebbero fatto nella realtà. “Per esempio, c’è un cattivo in una barca di 50 metri nel Mare dei Caraibi e ci sono due barche anti-pirata”, spiega McCoy. “A quel punto erano i SEAL a elaborare il piano operativo, e noi studiavamo gli eventuali movimenti delle macchine da presa in base a questo piano. Alla fine diventavamo un unico plotone e colpivamo l’obiettivo insieme”.
La troupe accoglieva i suggerimenti del loro cast altamente addestrato. “I SEAL lavorano insieme in continuità senza alcuna ostentazione di individualità”, dice McCoy. “Non c’è spazio in un plotone per cose del genere, e questo ha aiutato anche noi ad avere un approccio diverso verso la regia”.
Per catturare l’azione nel modo più realistico possibile i due registi hanno utilizzato fino a 12 macchine da presa contemporaneamente, spesso con due prime unità che giravano prospettive diverse della stessa scena. “Per esempio, Scott girava all’interno di una location con un’unità” dice Jacob Rosenberg, socio della Bandito Brothers e supervisore post-produzione di Act of Valor, “mentre Mouse girava all’esterno della stessa location con l’altra unità, magari montando su una motocicletta con un cameraman legato sulla schiena a catturare visuali di assoluta creatività”.

I due registi avevano già lavorato insieme in passato e sapevano che potevano contare l’uno sull’altro per quelle cose che ciascuno dei due sa fare meglio. “Questo è l’aspetto più bello di lavorare con qualcuno che conosci da una vita”, dice Waugh. “Sapevo esattamente quello che stava facendo sul suo set, perché io e Mouse volevamo che il film fosse un lungo viaggio di emozioni a tutta velocità, senza soste e tagli, quindi abbiamo sviluppato insieme un piano di battaglia completo per raccontare la nostra storia come se tutto si svolgesse in un’unica sequenza”.

“Ogni scena si snodava come in una diretta o come in una rappresentazione teatrale” dice McCoy. “Cominciavamo dall’inizio e arrivavamo alla fine in ordine cronologico. È stato un modo di lavorare dinamico e fluido, e abbiamo potuto girare in questo modo solo perché i SEAL erano bravissimi. Con loro non abbiamo praticamente mai dovuto interrompere una scena”.
La Marina Militare ha dato ai realizzatori del film libero accesso ai loro campi di tiro, alle loro imbarcazioni, apparecchi aerei e altre infrastrutture—ma a determinate condizioni. Le riprese non dovevano interferire con manovre militari prestabilite e il tutto avrebbe avuto luogo senza alcun costo per la Marina stessa. La logistica e il coordinamento necessari per filmare le operazioni aeree speciali sono talmente laboriosi che, secondo il Capitano Smith, è improbabile che si vedranno mai più in un film.

“Nei film di guerra tradizionali”, dice Rosenberg. “Capita che le forze armate concedano l’uso di una location o di un’infrastruttura per aiutare il senso di autenticità. Con la nostra storia volevamo mostrare tutta la portata di quello che i SEAL sono in grado di fare. Realizzano le operazioni più difficili in mare, cielo e terra. Possiedono una miriade di attrezzature e infrastrutture, e la Marina Militare ci ha permesso di riprendere tutte queste risorse, alcune delle quali non sono mai state viste prima dal pubblico”.
Per Act of Valor la Marina Militare ha concesso a una troupe cinematografica di riprendere un sottomarinonucleare per la prima volta nella storia. Tra le risorse più preziose delle forze armate, di questi sottomarini ne esistono solo quattro esemplari e sono quasi sempre in immersione. “Girare la scena è stato estremamente complicato”, dice Waugh, “ci hanno fornito le coordinate GPS nel mezzo dell’oceano. Abbiamo dovuto coordinare la nostra troupe per l’incontro con il sottomarino e girare l’intera sequenza in un tempo limitatissimo”.

I sottomarini devono quasi semprerestare sommersi. “Salire in superficie è l’ultima cosa che devono fare”, dice McCoy, “perché rischiano di svelare la loro posizione. La Marina ci ha concesso 45 minuti e non un secondo di più. Abbiamo lavorato come in una vera missione militare, in mezzo all’oceano su dei gommoni. Ero su un gommone con il resto della troupe, in tuta mimetica e con la macchina da presa in mano, mentre Scottie era in elicottero sopra di noi. Ed ecco che appare il nostro sottomarino, nel luogo prestabilito e all’orario prestabilito. Esce dall’acqua e ci avviciniamo coi nostri gommoni per riprendere il tutto in un’unica sequenza”.
Questo modo di lavorare ha aperto gli occhi di Waugh a nuovi modi di fare cinema. “Sono cent’anni che Hollywood fa cinema sempre alla stessa maniera”, dice. “Questa esperienza ci ha ispirati verso un approccio non convenzionale. Dovevamo fare tutto nel modo più efficiente e realistico possibile senza un grande arsenale tecnologico. Ci siamo spinti oltre ogni limite e abbiamo fatto cose che non erano mai state fatte prime”.

Lavorare coi SEAL ha anche permesso agli autori di ignorare alcuni dei limiti del modo tradizionale di fare cinema, dice McCoy. “Non c’è mai un attore protagonista in una parte della scena e uno stuntman in un’altra. I nostri protagonisti sono tutti sempre al centro della scena, nel bel mezzo dell’azione”.
Il direttore della fotografia Shane Hurlbut è arrivato sul set dopo aver completato il blockbuster Terminator Salvation e l’incontro con i registi è stato subito positivo quando ha suggerito di utilizzare la Canon 5D, una nuova macchina digitale di dimensioni ridotte e leggera. “Ho subito provato un profondo rispetto per Shane,” dice Waugh. “È un cineasta appassionato, è sempre alla ricerca del massimo dal punto di vista della tecnologia, delle macchine, proprio come me e Mouse. Siamo subito diventati molto amici. Anche io e Mouse siamo operatori, ma vedere a lavoro un grande direttore della fotografia è tutta un’altra storia. È un maestro della sua arte e un mago della luce”.

“Shane ha avuto delle idee fantastiche su come usare la 5D per mettere in pratica le idee che io e Mouse stavamo studiando per il film” dice Waugh. “Parlando con Shane, ci siamo subito trovati d’accordo sul fatto che nessuno meglio di lui ci avrebbe potuto aiutare a riprendere i SEAL come volevamo. Shane è sempre disposto ad allontanarsi dalla prassi per andare verso qualcosa di nuovo e inedito”.
McCoy e Waugh sapevano di avere bisogno di macchine in grado di cambiare il loro approccio fisico alla cinematografia. Dopo averla provata alla Bandito Brothers, inizialmente pensavano di girare le scene più intime in 35 millimetri e usare le 5D per le sequenza d’azione. Man mano che le riprese andavano avanti, restavano sempre più colpiti dalla complessità e la ricchezza delle immagini prodotte dalla macchina e dalla sua versatilità.

“Ci ha permesso di avere tutte le macchine nei posti giusti rispettando il nostro budget”, dice Hurlbut. “Potevamo rimpicciolire o ingrandire quello che volevamo come volevamo. Potevamo metterla in un contenitore e passarci sopra con un’automobile, o metterla in un involucro subacqueo, su un albero, una l’ho montata persino su una gru, a pendere dall’alto.
“Non eravamo così preoccupati di creare una determinata immagine, piuttosto volevamo che lo spettatore in sala si aggrappasse ai braccioli della poltrona gridando ‘wow!’” spiega il regista. “Quando i nostri eroi si lanciano da un aereo a 5000 metri d’altezza, è come se lui si lanciasse con loro”.

Hurlbut parla degli appostamenti delle macchine che ha improvvisato per il film come delle sue armi cinematiche. “Partendo dalle 5D abbiamo costruito tipi diversi di macchina, ognuna con un’applicazione diversa. Una l’abbiamo chiamata ‘the stripper’ ed è piccolissima. Con quella abbiamo fatto tantissima fotografia, principalmente le scene più intime coi SEAL nei loro autocarri pick-up o che prendono d’assalto i panfili”.

Una delle sue innovazioni più riuscite e di grande effetto drammatico è stata posizionare la macchina da presa su un casco, per far entrare lo spettatore nei panni di un SEAL e fargli vivere la missione in prima persona. “Siamo riusciti a diventare un tutt’uno con gli uomini, vedevamo tutto coi loro occhi,” dice. “Le macchine da presa da casco si usano da un bel po’ di tempo, ma quando la macchina pesa più di 10 chili, la possibilità di utilizzo è limitata. Con la 5D potevamo invece offrire un’esperienza molto più intensa”.
Per McCoy e Waugh le radici di Act of Valor affondano nel loro documentario di sette minuti sui pattugliatori armati. “Era la prima volta che la Marina Militare permetteva a una troupe di girare in un ambiente dove si spara,” dice Waugh. “Era dagli anni ‘20 che nessuno riprendeva del fuoco militare autentico. Vedendo il nostro film precedente ci siamo resi conto dell’effetto cinematografico delle autentiche munizioni traccianti e ci siamo detti: “anche in questo film dobbiamo riprendere dell’artiglieria autentica”.

L’uso delle armi per i SEAL è la quotidianità. “Per noi è roba facile” spiega Denver. “I nostri standard di addestramento sono così alti perché ci addestriamo sempre come se stessimo combattendo davvero. In una scena arrivano alcune barche per tirarci fuori da una situazione calda, e abbiamo nuotato davvero, nella linea di fuoco, perché ci fidiamo dei nostri fratelli e sappiamo che spareranno in modo da non farci del male. E loro si fidano di noi, che ci terremo alla larga dalla linea del fuoco. È un complesso lavoro di coordinazione”.

Nonostante i loro trascorsi da stuntmen, Waugh e McCoy si sono resi conto che l'artiglieria autentica era completamente diversa da qualsiasi loro esperienza precedente. “Aggiunge una grande intensità a quello che stai facendo, e una grande disciplina” dice McCoy. “Da una mini-mitragliatrice partivano 3000 scariche al minuto. È qualcosa che dà una carica d’energia unica al film. Eravamo tutti sull’attenti, perché se sbagliavi qualcosa, qualcuno poteva rimanerci secco”. “L’effetto visivo ottenuto giustificava i rischi” dice Waugh. “Queste armi sparano diversamente, sono autentiche, hanno una gittata superiore. E credo che tutti le abbiano usate in maniera diversa di come si fa di solito nel cinema, consapevolidi avere in mano qualcosa in grado di uccidere. È diverso da qualsiasi altro film hollywoodiano”.

 

 

Questa scelta ha colto impreparato il direttore della fotografia. “Quando me l’hanno detto, ho risposto: ‘volete usare armi vere?’” ricorda Hurlbut. “‘Sì, qui si usa artiglieria vera.’ ‘E io: dove dovrei mettermi?’ ‘Esattamente qui. Ti daremo una giacca antiproiettile e andrà tutto bene.’ E io: ‘e i proiettili di rimbalzo?’”.
 Ma Hurlbut si è subito reso conto del realismo che l'utilizzo di armi da fuoco autentiche portava al film. “Durante le riprese ci sono state alcune coincidenze fortunate. Per esempio un’arma da fuoco s’inceppava e bisognava ricaricarla. Si vedono veri proiettili svolazzare di qua e di là. È un film viscerale. Era confortante sapere che i SEAL raramente mancano un obiettivo”.

Waugh, egli stesso un esperto montatore, ha montato il film insieme al veterano del montaggio Michael Tronick, tra i cui lavori precedenti troviamo The Green Hornet e Iron Man. “Michael appartiene alla vecchia scuola” dice Waugh, “e io gli ho detto: benvenuto nella nuova scuola. Abbiamo avuto non pochi contrasti nella cabina di montaggio. Io volevo esagerare con il montaggio nuovo stile, mentre lui voleva sempre assicurarsi che la storia filasse. Alla fine, insieme abbiamo raggiunto un equilibrio perfetto”.
Tronick era stravolto dalla freschezza del film. “Ci sono elementi che non avevo mai visto prima in termini di contenuto, di azione e interpretazione. Ho montato tanti film d’azione con grandi star, da Steve Segal ad Arnold Schwarzenegger, da Eddie Murphy a Brad Pitt, ma qui l’azione è più intensa, più vicina, grazie all'utilizzo delle 5D, con la loro flessibilità e capacità di avvicinamento. “È un film sorprendente e molto ben sviluppato” aggiunge. “C’è un’immediatezza che non è stata intensificata artificialmente. La coreografia delle sequenze d’azione è prelibata. Quando ho visto per la prima volta la scena del sommergibile che sale alla superficie e gli uomini che si lanciano coi paracaduti, sono rimasto senza fiato”.

Che Act of Valor rappresenti un’esperienza irripetibile è qualcosa che tutti gli addetti ai lavori riconoscono. “Credo che nessuno abbia mai realizzato un film così” dice McCoy. “Secondo me si tratta di un genere completamente nuovo, il‘film d’azione verità’. A Hollywood pensavano che fossimo matti a tentare qualcosa del genere. Ma quando hanno visto il girato, sono rimasti sgomenti. Anche tra i SEAL commentano ‘wow, questa è roba forte.’ E a chi si preoccupava che i SEAL non fossero in grado di recitare, diciamo: ‘il film è già nelle sale, andate a vederlo e giudicate voi stessi”.

 I registi guardano indietro ai quattro anni che ci sono volutiultimare il film e portarlo nelle sale con un senso di onore mista a umiltà. “Siamo stati invitati all’interno di una comunità veramente speciale,” dice McCoy, “dove siamo stati testimoni di livelli incredibili di fratellanza e di sacrificio”.
Per Waugh la realizzazione di questo film è stata l’emozione più grande della vita. “Adesso posso apprezzare più profondamente gli uomini e le donne che mettono costantemente a repentaglio la loro vita in nome della nostra libertà. Questo film è apolitico, vuole solo dimostrare solidarietà alle nostre donne e ai nostri uomini nelle forze armate”.

Act of Valor ha anche una risonanza particolare per i militari coinvolti. “Quando l’ho visto per la prima volta, mi sono venuti i brividi,” dice Ajay. “È avvincente, è intenso. Una storia di vero eroismo ben raccontata. Molte storie vere sono state fuse insieme in un racconto di finzione. Speriamo tutti che il film porti rispetto e onore alla nostra comunità”.

Rorke aggiunge: “Mi preoccupa solo che il pubblico dimentichi che ci sono tuttoradei nostri uomini in situazioni di pericolo. Noi non lo dimentichiamo mai. Da oltre un decennio viviamo in uno stato di ostilità con i nemici della nostra nazione. E la lotta continua. Ci sono nostri fratelli in missione in questo momento. Alcuni degli uomini che appaiono nel film stanno combattendo all’estero mentre parlo. L’onore, la lealtà, il lavoro di squadra, l’impegno, l’amore e l’affetto che proviamo l’uno per l'altro, per il nostro paese e per le nostre famiglie sono tutte cose ben rappresentate nel film. Se il pubblico riesce ad apprezzarle, avranno capito gli aspetti più profondi di Act of Valor. È molto più di un film di guerra. Il pubblico troverà l’azione avvincente, ma c’è un obiettivo più alto. Se riusciamo a condividerlo con il pubblico, allora credo che avremo fatto un’importante conquista”.