Cannes 2021, la peggior edizione dell’epoca recente, è stata il trionfo dell’arroganza

Quello che è successo alla premiazione del festival di Cannes, con Spike Lee che inavvertitamente annuncia per primo Titane vincitore della Palma d’Oro e tutti che fanno finta di non aver sentito per riprendere la manifestazione normalmente fino al finale, è un po’ il simbolo di un’edizione scalcinata, mal organizzata, molto spaventata e soprattutto molto molto deludente sul piano dei film, in cui tutta la direzione ha fatto finta di non vedere i problemi fino a quando non sono diventati enormi.

Certo quello di Spike Lee è stato un errore di distrazione e di traduzione (gli hanno chiesto di annunciare il primo premio, intendendo il primo film da premiare, e lui ha capito il primo nel senso del premio più importante, anche se da che mondo è mondo il premio più importante si dà per ultimo) ma dopo i problemi agli Oscar è un periodo in cui c’è poco da fidarsi degli Americani quando si tratta di premiazioni.

Alla fine il palmares soddisfa abbastanza per i premi maggiori ma sembra fuori fuoco su tutto il resto. È evidente dal risultato che la giuria ha avuto molti contrasti e ha dovuto premiare tutto (un paio di premi a film come Hytti n.6 e A Hero sembravano doverosi e gli attori premiati non hanno impressionato. Quattro film ad ex aequo raccontano bene che scontri devono esserci stati. Come lo racconta bene il fatto che i due vincitori del Gran Prix siano due film lineari (Hytti n.6 e A Hero) e i due vincitori del premio della giuria siano invece due film sperimentali (Ahed’s Knee e Memoria). Evidentemente erano due correnti contrastanti tra i giurati e Spike Lee così ha accontentato tutti. E non che ci fosse granchè da premiare nonostante il numero spropositato di film in concorso…

I direttori dicono spesso che “I festival si fanno con i film che ci sono” per spiegare che possono intervenire fino ad un certo punto, poi se nessuno ha girato capolavori pronti per il periodo del loro festival hanno le mani legate. È vero, ma anche falso. Esistono molti più film di quelli che un festival prende e spesso vediamo in manifestazioni o sezioni minori opere eccezionali che non sono state selezionate nei maggiori.

hytti n.6

Cannes 2021: un festival, due annate

Per quest’edizione in particolare Cannes aveva a disposizione materiale accumulato in 2 anni e non è riuscito a tirare fuori un festival decente. C’è stato un film davvero sorprendente da colpo al cuore (Hytti n.6), uno davvero dirompente (Titane), qualche grande maestro con un gran film (Petrov’s Flu, A Hero, Red Rocket, Benedetta, Paris 13th), il solito quoziente di grandi maestri con film non sorprendenti (Tre piani, France, Ahed’s Knee, Annette, The French Dispatch, Memoria, Nitram, Belle) e un numero inaccettabile di film davvero inspiegabili per un concorso (The Story Of My Wife, La Fracture, Casablanca Beats, Everything Went Fine, Les Intraquilles, Lingui, Flag Day). Sembra il bilancio di un festival internazionale marginale, come Karlovy Vary, invece è Cannes nell’anno più difficile dell’epoca recente.

La questione Covid

Chi ha seguito le cronache ha letto di problemi di controlli, file, assembramenti e prenotazioni (e c’era la metà della stampa e dell’industria accreditata!). Sono questioni che non hanno a che vedere con i film e riguardano solo la piccola parte di persone che erano in loco, questioni interessanti fino a un certo punto che vengono dimenticate dopo poco, ma che raccontano di una macchina che ha faticato tantissimo. Dopo la mancata edizione 2020 quella del 2021 andava fatta a tutti i costi e questo è il risultato.

Il festival è stato ripreso dal prefetto locale, sono circolate voci incontrollate, ha dovuto cambiare le regole in corsa, non ha saputo arginare la paura del contagio, ha passato tutti i 10 giorni a smentire accuse e rispondere a persone inviperite. I film sono stati fischiati e derisi tanto quanto applauditi (che non è proprio la media degli esiti di Cannes). I fuori concorso sono stati terribili e l’impressione di una gigantesca marchetta per il cinema francese era evidente (sovrarappresentato anche con film di livello medio e banalità altissima).

titane

La palma a un weird horror e l’America assente

Sono mancati gli americani e quelli che sono venuti praticamente non hanno fatto attività, solo red carpet, film e via in aereo. Di fatto non hanno partecipato, hanno giusto mandato il file del film. Clamoroso poi il caso della proiezione di Fast & Furious 9 sulla spiaggia (idea bella in sé) senza cast e senza niente, tutti assembrati in fila per entrare.
È stato un festival a cui a partecipare davvero è stata solo la Francia, con la sua valanga di film e la sua premiata. Per fortuna una decisione buona (visto il mandato di premiare i francesi poteva andare malissimo!) e una volta tanto un film divisivo che vince e non il classico film che unisce un po’ tutti.

Lo sappiamo da anni che il cinema di genere è il nuovo cinema d’autore e adesso lo ratifica anche Cannes con una storia in cui Vincent Lindon interpreta un personaggio che in America sarebbe potuto andare a Nicolas Cage. Sarà difficile continuare a considerarlo cinema incendiario e fuori dagli schemi con questa palma sullo scaffale.

Che fine ha fatto la Quinzaine?

E non è andata meglio alle sezioni parallele. Anzi! Se la Semaine de la critique ha messo a segno almeno un colpaccio con Piccolo corpo di Laura Samani (il film di cui si parlava di più, tra quelli esterni alla selezione ufficiale, anche tra i non italiani), la Quinzaine des realisateurs, per il secondo anno, non si è sentita. Era la sezione che, più o meno regolarmente, regalava la perla da vedere a tutti i costi del festival, il cinema nuovo più vitale e che mostrava dove stesse andando il cinema. Sì facevano grandi file per vedere a tutti i costi i film più chiacchierati per primi e ancora adesso i nuovi registi che esordiscono nel concorso (come Sean Baker) sono arrivati la prima volta a Cannes con la Quinzaine e si sono fatti notare lì. Forse la ragione di questa riduzione in eco e capacità di incidere viene dal fatto che la Quinzaine sta cambiando e vuole diventare altro. Forse è colpa della nuova versione di Un Certain Regard, la parte della selezione ufficiale dedicata al cinema di scoperta, potenziata e volta ad occupare proprio lo spazio prima colonizzato dalla Quinzaine. Proprio Un Certain Regard infatti ha presentato il film piccolo di cui tutti parlavano, Lamb di Valdimar Jóhannsson.

piccolo corpo

Quando tra diversi anni guarderemo indietro all’edizione 2021 quel che rimarrà saranno, giustamente, solo i film. Sarà l’anno in cui vinse un weird horror che tramite la fusione con il metallo racconta la transizione e la fluidità dei sessi. Non è poco. Ma non ci sarà molto altro da ricordare, eccezion fatta forse per l’ennesimo sgarbo ad Asghar Farhadi, che continua a girare capolavori a ritmo quasi costante, a vincere gli Oscar per il miglior film straniero ma gli manca la palma, inspiegabilmente.

Di tutti i festival che abbiamo vissuto solo online e che sono saltati, questo di Cannes era quello cui non si poteva mancare. Con il senno di poi si può dire che invece si poteva mancare e come! Ha avuto ragione chi non è andato.

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