Cats è senza alcun dubbio uno dei film più discussi di questo millennio, o quantomeno degli ultimi 12 mesi, e nella maggior parte dei casi da persone che non l’hanno neanche visto ma alle quali è bastato seguire la polemica sugli ani felini per farsi un’idea ben precisa sull’opera di Tom Hooper ispirata al musical di Andrew Lloyd Webber ispirato a un libro di poesie di T.S. Eliot ispirato ai gatti.

 

Cats Hayward

Il flop del Cats ha un psss nella mmm…

Flop clamoroso al box office quando uscì lo scorso Natale, un periodo nel quale ci sembrava che discutere delle pudenda di Judi Dench fosse la questione più urgente del mondo, e primo caso della storia di film uscito in Early Access e patchato in seguito agli input dell’utenza, Cats è arrivato ora su Netflix, che ha deciso di dare la possibilità al 99% delle persone che hanno un’opinione su Cats senza averlo mai visti di colmare questa minuscola lacuna logica nel loro ragionamento.

Noi il nostro parere l’abbiamo già espresso qui, ma non potevamo farci sfuggire l’occasione di un ripasso, per controllare se davvero quest’opera partorita dalla fantasia di un regista premio Oscar è quel disastro che ci era sembrato meno di un anno fa. Per anticipare in qualche modo la conclusione di questo ragionamento vi lasciamo questa gif tratta dal film, nella quale vi chiediamo di apprezzare in particolare la seconda parte, quella senza James Corden ma con uno spaventoso pupazzo in quasi-stop motion che si contorce come Regan MacNeil in quella famosa scena sulle scale e un gruppo di uomini-gatto che si muovono a 1,5x come se fossimo dentro Mad Max.

 

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… e noi lo ripariamo con la CGI (del Cats)

Parlare male di Cats discutendo della qualità della sua CGI è come parlare male di Batman v. Superman discutendo di Martha: troppo facile, lo sta facendo il mondo intero da mesi. Il problema è che il mondo intero, come dire, non ha del tutto torto: la CGI di Cats è un incubo, anche se non necessariamente per i motivi che credete. Quello che intendiamo dire è che, da un punto di vista prettamente tecnico, il lavoro fatto per trasformare un gruppo di volti noti di Hollywood in… nei protagonisti del film è assolutamente degno di nota, a tratti impressionante, e sicuramente promettente nel caso dovesse finire in mano a gente con una visione e un’idea.

Il problema di Cats (così restiamo sul vago senza incolpare né il regista né nessun altro in particolare, solo il film in generale) è che questi certosino lavoro di ricostruzione e modellamento dei lineamenti è al servizio di una trasformazione non tanto in gatti, quanto in esseri umani a cui è stato applicato un filtro di Snapchat per farli assomigliare a gatti. Francesca Hayward e il resto della banda mantengono non solo i loro lineamenti, ai quali sono sovrapposte orecchiette feline e ciuffi di peli, ma anche la loro forma fisica, rimanendo sempre molto chiaramente esseri umani in costume da gatto, non gatti antropomorfi. Scelta creativa anche questo, potreste obiettare, e certo quando hai a disposizione una bravissima ballerina trasformarla in un quadrupede che fa fatica a reggersi sulle zampe posteriori potrebbe sembrare uno spreco. Ma questo non cambia il fatto che l’effetto su chi guarda è quello di vedere un gruppo di gente in cosplay digitale che balla e si dimena come fosse su un palco umano e solo occasionalmente si ricorda che in teoria dovrebbe stare interpretando un felino.

 

Butthole

Early Access, beta e patch varie

C’è poi il problema, sempre restando in ambito “realizzazione tecnica”, che l’effetto perturbante da uncanny valley felina (uncatty valley?) è solo amplificato da una serie di glitch ed errorini più o meno evidenti, la maggior parte dei quali, va detto, sono scomparsi con il passare delle edizioni, ma alcuni dei quali ancora si annidano qui e là nel corso del film (drinking game suggerito: uno shot ogni volta che ne beccate uno). Ed è sconvolgente, shockante e mai visto prima il percorso che ha portato alla sparizione della gran parte degli errori: Cats è uscito al cinema con tutti i glitch al loro posto, e in seguito a pessime recensioni e lamentele da parte del pubblico (e, immaginiamo noi, almeno tre diverse pet-izioni su Change.org), è stato riparato in corso d’opera e ributtato al cinema in versione 2.0, Questa Volta Con Meno Mani Di Judi Dench Al Posto Delle Zampe.

È lo stesso identico approccio creativo utilizzato da molti studi videoludici più o meno indie: ti vendiamo un prodotto incompleto e da sistemare, a un prezzo ridotto, e in cambio tu ci aiuti a trovare le magagne. È tra l’altro un approccio che ha portato molte soddisfazioni a molti studi di sviluppo, quindi la nostra non è una critica al metodo in sé; diciamo che vederlo applicato da una major che ha speso tra gli 80 e i 100 milioni di dollari per mettere in piedi tutta la baracca fa un certo effetto, ecco.

 

Cats Wilson

Cosa Cats

La più che legittima domanda che dovreste farvi adesso è: “d’accordo, la CGI, ma al netto di quello il film com’è?”. La risposta è articolata, e parte da molto lontano, dalla considerazione cioè che Cats nasce da un grosso equivoco: Old Possum’s Book of Practical Cats, il libercolo di poesie scritto da T.S. Eliot (quello di La terra desolata, non un omonimo) da cui Andrew Lloyd Webber ha preso ispirazione per la sua versione musical, è un’opera assimilabile alle Lettere da Babbo Natale di Tolkien, una collezione di operette divertenti pensate per i suoi figliocci. Per qualche motivo l’autore di Jesus Christ Superstar le ha lette e ha pensato “questa non è roba per bambini, questa è la perfetta base per un musical dall’alta carica furry-erotica ambientato nei vicoli al neon di una Londra a misura di felino!”, ed è così che è nata la versione di Cats che più spesso viene associata al titolo Cats (a meno non siate fan della piece orchestrale Practical Cats di Alan Rawsthorne).

Che è un musical molto amato dal pubblico ma anche molto mal considerato dalla critica in generale, che ne ha sempre messo in evidenza la natura destrutturata e quasi casuale e l’ha sempre visto come una collezione non particolarmente coerente di numeri musicali non sempre all’altezza della fama del loro compositore. Di fronte a tutte queste critiche ormai storiche al musical, Tom Hooper ha reagito dicendo “sì!” e ha rifatto esattamente gli stessi errori: Cats è una collezione incoerente di canzoni troppo lunghe per mantenere alta l’attenzione fino in fondo, girata come se Londra fosse il set di Dick Tracy, o l’incubo acido di una gattara (o di un gattaroù). Qui e là sembra di stare in un film di Jodorowski, o in un quadro surrealista, nel quale è tutto sbagliato comprese le proporzioni tra ogni singola entità: perché i gatti con la faccia umana sono alti un metro e ottanta ma i topi con la faccia umana sono alti come topi veri? perché ci sono porte che sembrano gattaiole e finestre alte come la facciata di una cattedrale? Cats è un film talmente non euclideo che guardarlo tutto di fila senza fare mai pausa rischia di modificare la vostra percezione della realtà fisica che vi circonda; un’opera lovercraftiana senza volerlo, il film più vicino all’idea nietzschana di abisso nel quale guardare e dal quale venire guardati che sia mai stato fatto dai tempi di Battaglia per la terra.

 

Love

«Ma allora lo guardo o no?»

Domanda più che legittima: se Cats è davvero così terribile, perché dovreste perdere un’ora e quaranta della vostra vita a guardarlo su Netflix dopo che eravate riusciti a scampare il cinema? Non abbiamo una risposta univoca, ma vi proponiamo una serie di potenziali motivi:

  • Per vedere se è tutto vero perché non vi fidate mica
  • Per vedere se davvero hanno rimosso digitalmente tutti gli ani felini o se ne è rimasto almeno uno, uno sprazzo, un’occhiata, un lampo ai margini del campo visivo
  • Per giocare al drinking game degli errori di CGI
  • Perché siete fan di Taylor Swift con tendenza al completismo
  • Perché non avete niente di meglio da fare e avete già letto tutto l’Internet possibile
  • Perché vi è piaciuto il lavoro fatto da MPC Vancouver per il film di Sonic e volete godervi un’altra delle loro opere
  • Perché no?

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