Entra in vigore da oggi la nuova regolamentazione Agcom, il che significa che da oggi le medesime leggi che fino a ieri vigevano in Italia in materia di diritto d’autore sono interpretate e messe in pratica dall’Agcom secondo modalità stabilite dall’autorità stessa.

Questo avviene non senza polemiche da parte di molti diversi soggetti che hanno presentato e stanno agendo legalemente in materia. I service provider come Wind o Infostrada ma anche molti altri colossi che sarebbero seriamente danneggiati dalle modalità con le quali l’Agcom ha deciso di far rispettare la legge, stando a Repubblica stanno infatti ricorrendo in giudizio in ogni modo possibile.

 Ad ogni modo ciò che al momento la nuova regolamentazione prevede è in sostanza una maggiore libertà d’azione da parte degli aventi diritto e un ruolo di gendarme da parte di un soggetto terzo (individuato dall’Agcom nella Fondazione Bordoni) a cui spetta il compito di mettere in pratica la legge. L’attuale presidente della fondazione Bordoni, Alessandro Luciano, è stato commissario Agcom dal 1998 al 2005.

Come se non bastasse quest’anomalia anche la regolamentazione in sè per sè (leggibile qui per intero) è poco chiara, il che non mancherà di creare problemi e agevolare la repressione più che la comprensione.

Innanzitutto perchè come in molti hanno sottolineato il provvedimento parla di “opere digitali”, concetto vaghissimo in cui è facile prevedere che sarà fatto rientrare tutto quel che i detentori di diritto ritengono sia il caso di eliminare, e in seconda battuta perchè i tempi per la rimozione dei contenuti sono ridicoli: 5 giorni se non addirittura 3!

Secondo il regolamento da oggi in vigore infatti ogni detentore di diritti, compilando un form in PDF tramite questa pagina, può richiedere la rimozione di un contenuto di sua proprietà da un sito o pagina (più avanti spieghiamo la differenza operata dalla legge). La fondazione Bordoni provvede a comunicare al gestore tale imperativo e questi ha 5 giorni per rispondere e spiegare la sua situazione (qualora ci fossero i margini legali per mantenere tale contenuto) oppure rimuovere. Trascorsi i 5 giorni si passa direttamente a chi fornisce il servizio (l’isp o l’host) che ha il compito di oscurare tutto il sito in questione. In alcuni casi (quelli particolarmente gravi) come si diceva i giorni possono diventare 3.

Dunque, per fare un esempio, qualora BadTaste ospitasse un contenuto che violi il diritto d’autore o linkasse a tali contenuti chi lo detiene tramite il suddetto modulo potrebbe richiederne la rimozione. Il direttore della testata riceverebbe una notifica in materia e avrebbe 5 giorni (o 3 in caso di violazione grave) per rimuoverlo oppure reclamare qualora ce ne fossero le basi. In caso non facesse nessuna delle due cose la fondazione Bordoni si rivolgerebbe a chi ospita BadTaste imponendo a lui di rimuovere la pagina in questione o, se non potesse, inibire l’accesso a tutto il sito (comprese quindi le pagine “legali”).

A questo proposito il regolamento fa una chiara differenza tra pagine e siti ma soprattutto tra chi ospita i contenuti in sè, cioè chi ha suoi propri server il file musicale o il file video (per fare degli esempi) e chi invece linka a tali contenuti. Perchè anche un link ad un contenuto protetto da diritto d’autore costituisce reato e ne può essere richiesta la rimozione.

Qualora la pagina e/o sito in questione non risiedesse in Italia si può richiedere in blocco l’inibizione all’accesso, cioè quell’indirizzo diventa irraggiungibile da qualsiasi computer connesso dal territorio italiano.

Inoltre la suddetta inibizione dell’accesso a tutto il sito può essere richiesta anche in caso di violazioni massive (sic!) da parte di soggetti che risiedono in Italia (in questo caso ci sono 35 giorni di tempo).

Da quanto esposto si capisce anche un’altra cosa, che il regolamento copre non solo siti, blog personali e tutto quanto ospitato su internet, ma anche le pagine personali su social network come Facebook o Twitter, delle quali, ovviamente sono responsabili gli individui in primis ma i suddetti social in seconda battuta (se i primi non rispondono o non agiscono i secondi provvedono come vogliono a rimuovere il contenuto oppure a bloccare tutto l’account).

 

 

Da tutto ciò si capisce come il problema di tale regolamentazione sia non solo quanto tenga poco conto dei tempi necessari ai singoli per prendere provvedimenti o tutelare se stessi (pensando quasi unicamente alla rimozione) ma soprattutto come conferisca poteri di esercizio della legge a soggetti terzi. La Fondazione Bordoni ha infatti a disposizione un budget di 600mila di euro per mettere in pratica tali provvedimenti, senza che la legge in questione (quella a cui il regolamento Agcom fa riferimento) menzioni il fatto che un soggetto che non appartiene alle forze dell’ordine sia autorizzato a farlo.

Cosa accadrà adesso sta soprattutto ai provider e ai social network, i quali potrebbero essere i più colpiti (in quanto potrebbero ricevere un numero spropositato di richieste di rimozione da soddisfare in tempi strettissimi, dunque procedendo sommariamente), di certo tutto ciò non segna la fine della violazione del diritto d’autore online.

Come ha testimoniato il fallimento di HADOPI, la legge francese che operava anche in maniera più repressiva, il regolamento inquadra e reprime le modalità correnti di diffusione di materiale pirata ma internet si evolve con una rapidità tale che non è difficile supporre che in poco vedremo emergere nuove modalità di violazione che sfuggono alle maglie di Agcom e alla fine, da tutto questo giro, ci avrà guadagnato la Fondazione Bordoni e ci avrà rimesso qualche capro espiatorio a caso.