In un’intervista con The Guardian, Djimon Hounsou ha raccontato la pessima considerazione di cui è stato ed è ancora oggetto nell’industria hollywoodiana. Il celebre attore, ora sugli schermi con Shazam! Furia degli dei (LEGGI LA RECENSIONE), ammette che, nonostante la sua lunga carriera:

Sto ancora lottando per cercare di guadagnare qualche dollaro! Ho avuto a che fare con persone che sono assolutamente benestanti e che hanno ben poco dei miei riconoscimenti. Quindi mi sento imbrogliato, tremendamente imbrogliato, sia dal punto di vista finanziario che dal punto di vista del carico di lavoro.

Mi è capitato di andare a fare riunioni con gli studio e di sentirmi dire: ‘Wow, pensavamo fossi appena sceso dalla nave e poi te ne fossi andato via [dopo Amistad]. Non sapevamo che fossi rimasto qui come vero attore!“. Quando si sentono cose del genere, si capisce che la visione che alcuni hanno di te, o di ciò che rappresenti, è molto limitante. Ma è quello che è. Sta a me riscattarla. Devo ancora dimostrare perché merito di essere pagato. Mi propongono sempre una cifra molto bassa: “Abbiamo solo questa cifra per il ruolo, ma ti amiamo così tanto e pensiamo che tu possa portare così tanto [al film]”.

L’attore è diventato famoso grazie soprattutto ad Amistad, film di Steven Spielberg uscito nel 1997 in cui interpreta lo schiavo che capeggia la rivolta sulla nave spagnola del titolo. La pellicola ottenne quattro nomination agli Oscar, ma nessuna per Hounsou, che riflette come oggi le cose andrebbero diversamente: “Forse ero in anticipo. Se i miei film fossero usciti oggi, sicuramente avrei già ricevuto un Oscar“.

L’attore, che poi ha ricevuto due nomination, per In America nel 2002 e per Blood Diamond nel 2006, osserva però come, anche per i colleghi che hanno sfondato agli Oscar, la parità di retribuzione è difficile da raggiungere:

Viola Davis l’ha detto in modo splendido: ha vinto un Oscar, un Emmy, un Tony e ancora non viene pagata. Film dopo film, è una lotta. Non ho ancora trovato un film per cui venga pagato in modo equo.

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FONTE: The Guardian

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