Edward Norton sarà alla Festa del Cinema di Roma per presentare Motherless Brooklyn – I segreti di una città, il film da lui diretto, scritto, prodotto e interpretato.

L’opera, tratta dal romanzo di Jonathan Lethem, segue il detective Lional (Norton) con la sindrome di Tourette che tenta di risolvere il caso dell’omicidio del suo mentore e unico amico, Frank Minna (CLICCA QUI per vedere il trailer italiano).

In attesa di scoprire cosa avrà da dire la star durante la manifestazione romana, segnaliamo alcune interessantissime dichiarazioni rilasciate da Edward Norton in un’intervista col The Daily Beast in cui ha affrontato un tema sempre molto caldo: quello della crisi della sala e della “guerra” al cinema condotta, secondo molti, dalle piattaforme streaming, in primis Netflix.

Quando, nel corso della chiacchierata, la discussione è virata sull’ecosistema produttivo di Hollywood, Norton non ha nascosto di dissentire con fermezza da Steven Spielberg e le sue note critiche al colosso di Los Gatos (trovate maggiori dettagli qui, qui e qui).

Lo dico con tutto il rispetto possibile e immaginabile, ma se c’è una persona con cui non mi trovo d’accordo è Steven Spielberg. Netflix ha investito per la distribuzione di Roma nelle sale – ribadisco: nelle sale – più di quanto avrebbe fatto qualsiasi “etichetta d’essai” di un qualche studio. Hanno portato nelle sale di tutto il mondo un film in bianco e nero recitato interamente in spagnolo. Centinaia di cinema, non una manciata. Un numero di sale paragonabile a quelle che avrebbe avuto un film Sony Classic. Per quel che concerne il contesto della distribuzione in sala, hanno investito un quantitativo di quattrini superiore a quello che altre realtà avrebbero deciso di spendere. Non mi puoi certo dire che ci sia la fila di gente disposta a investire in film in bianco e nero recitato in spagnolo. E non mi puoi dire che là fuori ci sono produttori in fila ansiosi di produrre una mini-serie che racconta la storia dei Central Park Five [Edward Norton sta parlando della miniserie When They See Us, realizzata da Ava DuVernay e prodotta, appunto, da Netflix, ndr.]. Le polemiche su Netfilx nascono tutte semplicemente perché rappresenta una specie di avanguardia, offre infinite possibilità di farci ascoltare una grande varietà di storie e voci nuove. Per me sta accadendo qualcosa di incredibile.

L’intervistatore gli fa poi notare che l’esplosione dello streaming ha però coinciso con il calo della presenza di film come Motherless Brooklyn nei cinema, appunto che Edward Norton commenta così:

Penso che sia una sfida, ma una sorta di sfida “elettiva” che, personalmente, ho scelto di affrontare, ovvero quella del modello del “dramma cinematografico adulto” che sta diventando sempre più raro nell’attuale contesto della distribuzione cinematografica. Ma fammi essere chiaro. Avrei potuto proporre Motherless Brooklyn a qualsiasi servizio streaming e ottenere il budget in cinque minuti. Con un cast del genere? Ci avrei messo letteralmente cinque minuti. E al posto di lavorare con 26 milioni di dollari, 46 giorni per le riprese e tutti che hanno accettato una paga ridotta, avrei potuto rendere più sostanziosa la cifra necessarioa e rimpolpare lo stipendio di tutti.

Ma l’ho fatto nella maniera in cui l’ho fatto perché ho voluto mantenere viva la mia ispirazione in un contesto in cui il sole splende ancora sul modello produttivo di questi film old-fashioned che amo. Come L.A. Confidential o Reds – che per carità non è un noir, ma è il classico film ambizioso e audace su un personaggio tipicamente americano, tre ore di film su un socialista statunitense con filmati d’epoca che Warren Beatty ha scritto, diretto, interpretato e prodotto. Volevo tentare questa strada. E in Warner ho avuto un grande alleato come Toby Emmerich che vuole ancora vedere lo studio alle prese con questo genere di film. Che sono riuscito a fare con un decimo del budget di The Irishman.

Ma allora se non è Netflix ad aver messo in crisi la sala e ci sono ancora realtà come la Warner Bros. ben disposte a percorrere certe dinamiche produttive, qual è secondo Edward Norton la minaccia più grande che il cinema deve affrontare?

La risposta è semplice: sono i cinema stessi, o meglio, la bassa qualità tecnica che offrono al pubblico:

Se ti devo dire quale sia, secondo me, la principale spinta al preferire Netflix rispetto all’andare al cinema ti posso citare senza dubbio la pessima qualità delle proiezioni offerte dalle sale, con bulbi esauriti e luminosità pessima. La gente non ha idea di quanto sia terribile la situazione delle sale cinematografiche americane. Un sacco di registi e direttori della fotografia che consco hanno cominciato ad analizzare in maniera sistematica la situazione e stando ai dati che hanno raccolto più del 60% del cinema americani usano i loro proiettori alla metà della luminosità che, per contratto, dovrebbero tenere. Sono le catene cinematografiche che stanno distruggendo l’esperienza cinematografica. Punto. La colpa è solo loro. Regalano qualità audio scadente, immagini smorte e nessuno protesta. Se l’esperienza di un film visto al cinema fosse davvero a regola d’arte, lagente penserebbe “Wow, ma questo è qualcosa che non potrei mai ottenere a casa!”. Le persone dovrebbero andare al cinema, trovare il manager della struttura e dirgli “Se l’immagine è troppo scura mi rimborsi. Perché ti sto pagando – e all’ArcLight pago anche una tariffa premium – e to sto dando dei soldi per avere un’esperienza premium”. Ti faccio un esempio pratico. Sono andato a fare il controllo qualità e i test in un cinema che stava proponendo Captain Marvel, un film che dovrebbe avere un livello di luminosità di 14 spec, ma che veniva proiettato a 6.2. In termini pratici alla metà della luminosità per cui è stato concepito. Le persone vanno educate. Se la proiezione non è della giusta qualità, chiedete dei rimborsi. La gente dovrebbe protestare per questo motivo.

Quella della pessima qualità delle proiezioni, è una tematica che abbiamo avuto modo di toccare, qualche mese fa, con Enrico Ferrari, Regional Sales Head Central Eastern & Southern Europe Theatre Solutions Sony Professional Europe.

Ecco cosa ci ha detto quando l’argomento è stato toccato nel corso della chiacchierata:

Dal tuo punto di vista professionale di Regional Sales Head Central Eastern & Southern Europe Theatre Solutions Sony Professional Europe, parlami un po’ della situazione delle sale in Italia. Ti porto un mio esempio pratico: per lavoro vedo cinema di tutti i tipi, dalle salette private delle major all’Arcadia di Melzo passando per gli IMAX londinesi. Ma sono anche un normale spettatore che va al cinema pagando il biglietto. E la differenza fra le strutture della zona che usano tecnologia 4k Sony e quelle che non la impiegano la percepisco in maniera molto netta. Secondo te dove bisogna agire per far sì che la qualità della fruizione di un film in digitale possa essere avvertita in maniera netta?

EF: Ti cito una ricerca di mercato fatta nel novembre-dicembre del 2017. Un pochino di tempo fa se vogliamo, ma con la stabilizzazione delle installazioni già a buon punto, un processo terminato grossomodo nel 2015 in Italia. L’81% degli spettatori dava come prioritario nelle scelte di frizione, se possibile e in zona, la possibilità di avere uno schermo in 4k. Un anno e mezzo fa c’era già una forte consapevolezza sulla risoluzione da cercare se volevi avere qualità effettiva. Questo ci ha resi ovviamente molto contenti. Anche se, lo specifico, la qualità di Sony non viene solo dalla risoluzione. Siamo sicuramente il produttore con l’80% di 4k installati nel mondo, più o meno, ma come ti dicevo i nostri livelli qualitativi arrivano sia dal 4k, che ci sembrava il minimo su cui lavorare dopo la pellicola, ma soprattutto dal rapporto di contrasto. Tradotto: tutte le sfumature di contrasto che puoi vedere in una singola immagine, ambito nel quale le nostre apparecchiature vanno da un minimo di 8000:1 fino a un massimo di 10.000:1. La concorrenza ha circa 2000, 2500:1. Si parla di quattro volte tanto nella nostra offerta. Il rapporto di contrasto massimo dell’occhio umano è più o meno considerato nel novero del 1.000.000:1 che corrisponde a
spiaggia con sole splendente o stanza buia con lume di candela in penombra. Questo è 1.000.000:1, ma noi non riusciamo a vedere tutto questo in contemporanea. Ed è per tale ragione che quando passiamo dalla spiaggia illuminata alla stanza buia ci vuole un tempo di adattamento. Proprio perché dobbiamo spostare la nostra percezione che è più o meno stimata in un rapporto di contrasto di 10.000:1. Questo è quello che riusciamo a vedere contemporaneamente. Se offri una proiezione che ha un rapporto di contrasto molto vicino alla percezione umana ottieni la vera differenza. Nella tua zona [le Marche, ndr.] hai delle sale che hanno dei proiettori Sony da 8000:1, quindi sempre e comunque 3 o 4 volte maggiore rispetto a quello offerto dai competitor. Come fatto assodato c’è assolutamente la risoluzione, quello sì, ma bisogna tenere sempre bene a mente il rapporto di contrasto che forse è la parte più difficile da spiegare. Ma che si percepisce immediatamente se lo fai vedere praticamente a una persona. Anche perché con un rapporto di contrasto così esteso si possono e si potrebbero fare – e dipende ovviamente dagli studios e dai distributori se forniscono tali contenuti – delle proiezioni dove non fai vedere qualcosa che ha le alte luci e le basse luci semplificate o viceversa, ma far vedere per esteso, contemporaneamente l’esposizione della gamma dell’immagine. Ma è una cosa che puoi fare solo se hai un rapporto di contrasto che ti permette di andare a vedere delle luci molto più alte senza perdere il vero valore del nero che sennò rischia di diventare un grigio. Mi rendo conto che è un po’ tecnico però… è intuibile nel momento in cui vedi un’immagine, magari un test ottico, di quelli con le linee o i pallini in cui la maggior percezione di un dato elemento varia in base al contrasto. Le differenze fra i puntini vengono percepite dall’occhio aumentando il contrasto.

Questa la sinossi:

“Motherless Brooklyn – I Segreti di una città” segue le vicende di Lionel Essrog (Norton), un solitario detective privato afflitto dalla sindrome di Tourette, che si avventura a risolvere l’omicidio del suo mentore ed unico amico, Frank Minna (Bruce Willis). Armato solo di pochi indizi e della sua mentalità ossessiva, Lionel svela lentamente dei segreti gelosamente custoditi che tengono in equilibrio il destino dell’intera città. In un mistero che lo porta dai jazz club grondanti di gin di Harlem ai bassifondi di Brooklyn e, infine, ai salotti dorati dei potenti mediatori di New York, Lionel si scontra con i teppisti, la corruzione e l’uomo più pericoloso della città, per onorare il suo amico e salvare la donna che potrebbe essere la sua stessa salvezza.

Recita nel film un cast stellare che comprende Edward Norton, Bruce Willis, Gugu Mbatha-Raw, Bobby Cannavale, Cherry Jones, Michael Kenneth Williams, Leslie Mann, Ethan Suplee, Dallas Roberts, Josh Pais, Robert Ray Wisdom, Fisher Stevens, al fianco di Alec Baldwin e Willem Dafoe.

Inoltre, Norton ha prodotto il film con il suo socio di produzione della Class 5 Films, Bill Migliore; Gigi Pritzker e Rachel Shane degli MWM Studios; e Michael Bederman. Adrian Alperovich, Sue Kroll, Daniel Nadler, Robert F. Smith e Brian Niranjan Sheth sono i produttori esecutivi.

Dietro le quinte, Norton ha collaborato con il direttore della fotografia due volte candidato all’Oscar, Dick Pope (“Turner”, “The Illusionist”), la scenografa Beth Mickle (“Drive”, “Collateral Beauty”), il montatore candidato all’Oscar, Joe Klotz (“Precious”, “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca”) e la costumista Amy Roth (“The Looming Tower” in TV, “Indignation”).

La musica gioca un ruolo importante nell’impostazione del tono e dell’ambientazione temporale di “Motherless Brooklyn – I segreti di una città”. La colonna sonora è composta da Daniel Pemberton (“Venom”, “Molly’s Game”) con Wynton Marsalis alla tromba.

E infine, il film presenta anche una canzone originale scritta e cantata da Thom Yorke.

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