Due delle tre figlie di Sylvester Stallone hanno un podcast. Un podcast arrivato alla cinquantesima puntata che ha festeggiato ospitando il padre e facendogli domande private e non.

L’infanzia turbolenta

Tre parole per descriverti quando eri piccolo:

“Solitario, espressivo e molto vivace e poi un gran conversatore, sai, l’età media dei miei amici era 90 anni. Non c’erano gli asili all’epoca e i miei mi mandavano dagli affittacamere. Ogni volta che mi mettevano lì c’erano sempre persone che non conoscevo, erano commessi viaggiatori magari o gente che affittava la stanza per qualche giorno”.

È vero che eri un ragazzo di strada?

“Beh, i miei genitori non erano proprio stati cresciuti da persone stellari”.

Quante volte sei scappato di casa?

“Almeno 12 volte, ma non era mai pianificato. Non ero un figlio facile, avevo un disturbo dell’attenzione, non mi concentravo su niente e mollavo tutto quello che fosse una routine. A 16 anni ho mollato la scuola e ho deciso che sarei andato in Florida e ho cominciato a fare autostop senza soldi e con solo un cappotto. Arrivato lì ho pensato che dovevo farmi arrestare perché era l’unica maniera di tornare a casa a Filadelfia. E così sono entrato in una caserma senza essere autorizzato, che è un reato. È stato facilissimo”.

Sei stato cacciato da 13 scuole?

“Sarebbero state anche 14 se non fossero proprio finite. Non ero stato cresciuto bene e il mio cervello ha sempre funzionato al contrario, ero una minaccia, un giovane delinquente “G.D.”. Mi spostavano di scuola e non mi integravo mai, non mi volevano. Ad un certo punto mi dissero proprio che non mi volevano in interi stati, non mi volevano in Pennsylvania e ad un certo punto sono stato cacciato da tutte le scuole del Maryland. Una volta finii in una scuola di gente grossa, gente entrata a 8 anni e menata fino ai 18. Erano tosti, sembravano uomini con la barba, era la scuola dei ragazzi che nessuno voleva. Una scuola militare praticamente”.

E tu pur sapendo delle punizioni corporali hai rubato delle cose anche lì, vero?

“Sì, perché se è proibito e pensi di poterlo fare, lo fai. È stupido. Ma è anche il mio senso esagerato di competizione se qualcuno mi dice che non si può fare lo voglio fare”.

Tuttavia ancora tieni una delle tue pagelle. Perché?

“È un esempio del fatto che puoi essere bocciato in tutte le materie e lo stesso avere successo”.

Sei stato anche in una scuola per ragazzi con problemi di comportamento. Ricordi che ne volevamo fare una serie dell’orrore ad un certo punto?

“Era una scuola in cui non si tornava mai a casa. Ti testano, e ti prendono se vedono del potenziale in te in qualcosa, e per me fu nell’arte. Ma era così severa e difficile che ogni volta che avevi un problema dovevi avere a che fare con tutti gli altri, gente che aveva problemi davvero davvero seri. Se invece ci provavi con una ragazza o facevi tardi ti portavano in un posto, in un edificio a parte, che era come una prigione o un manicomio, un luogo in cui non c’è gente con cui relazionarsi normalmente. Mi tennero lì 3 settimane. Perché ci avevo provato con una ragazza”.

Ma è terribile!

“Erano gli anni ‘60, le punizioni corporali erano normali. Se avete visto Qualcuno volò sul nido del cuculo, quello era una passeggiata, quello del film è un posto divertente. Il mio non era divertente. Io non ero violento, facevo solo di tutto per scappare alla scuola”.

stallone bananas

I primi lavori

Hai lavorato come pulitore di gabbie di leoni, hai tagliato il pesce, hai fatto il venditore di libri, l’allenatore di pallavolo in Svizzera…

“Ed ero bravissimo a tagliare e pulire il pesce, una volta con tua madre andammo a vedere una casa da comprare e un signore 80enne mi riconobbe e si ricordò che gli tagliavo il pesce benissimo! Il punto è che volevo fare questa carriera e per mantenermi facevo tutti questi strani lavori, facevo anche quello che rincorre la gente fuori dalle librerie se rubano”.

Venivi licenziato?

“Sempre”.

Hai lavorato anche come maschera in un cinema no?

“Si, guardavo i film talmente tante volte da imparare come sono fatti. Volevo fare il cinema, ma mi dicevano che non potevo fare l’attore perché parlo male e ho una bocca storta. Se mi prendevano ai provini era sempre per fare il teppista. E io che mi credevo di fare l’eroe delle commedie romantiche… Invece facevo quello che mena Woody Allen, che mena Jack Lemmon o David Carradine… No, David Carradine mena me in Anno 2000 la corsa della morte“.

E poi?

“Ho passato ore alla biblioteca di New York cercando di imparare a scrivere e cercando l’ispirazione. Ad un certo punto sono entrato in contatto con Edgar Allan Poe e tutto è cambiato. Ho cominciato a scrivere di Poe e questo era un grande passo, non parlavo più di me ma di un altro, ero un esploratore, un investigatore. Ad esempio per Woody Allen 80% del suo materiale viene dalla sua vita. Ma io non sono così e ho capito che dovevo cambiare”.

E hai scritto 45 sceneggiature.

“Esatto. Era un modo per scappare dalla mia realtà, specialmente lo scrivere di donne”.

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Rocky

“Se io sento ancora un’altra persona dire che Rocky è un film di sport guarda….”

Perché cos’è?

“È un storia d’amore su uno che è un rovinato e incontra una donna”.

Quindi ami Poe, il suo cuore e l’amore per Annabelle Lee, e poi hai sempre guardato alla figura di Ercole e la sua forza, il fatto che passa dalle stelle alle stalle. Rocky è un misto dei due?

“Forse sì. Non ero neanche appassionato di boxe, mi pareva solo facile come sport e aveva l’aspetto della vita e della morte. La simbologia della lotta, del combattimento è una delle più potenti nella nostra società in cui tutto è competizione e la vita in fondo è un’unica grande lotta. Così ho pensato di scrivere la storia di un ragazzo che è duro, ma che non ha niente nella vita, un perdente con cui la gente può relazionarsi”.

È vero che hai dipinto le finestre di nero per concentrati?

“Sì così da non sapere che ore sono e non avere scuse per interrompere la scrittura. Scrivere è duro e cerchi sempre una ragione per non scrivere, aspetti che qualcuno chiami. E infatti avevo staccato il telefono. Cercavo di concentrarmi e chiudere tutto intorno a me”.

Beh anche oggi quando devi scrivere ti svegli alle 2 del mattino e hai orari senza senso ma non sapevo che lo facevi già da Rocky…

“Avere la predisposizione genetica per scrivere è un dono, ma se non ce l’hai è una roba terribile e orribile. Ami il risultato che riesci a raggiungere, ma il processo è terribile. Guarda gli scrittori, è gente che vorrebbe morire, vivono nel loro mondo e non vivono mai nel momento, non vedono il mondo intorno a sé pensano solo alla sceneggiatura anche quando stanno con gli altri. Per questo molti sono alcolizzati”.

Alla fine l’hai scritto in 4 giorni?

“Sì 3 e mezzo. Il punto dove molti sceneggiatori sbagliano è che mollano. Bisogna concentrarsi sul finirle le sceneggiature più che farle perfette, ottenere un inizio una metà e una fine. La maggior parte delle persone si blocca a metà. Finire è un trionfo”.

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La crisi degli anni ‘90

Dopo aver ottenuto il successo sei mai andato a dire “Ve l’avevo detto” a tutti quelli che ti dicevano che non potevi farcela? Tipo agli agenti.

“No, agli agenti no, ma ai critici sì, volevo farlo. Sai, io non ho fatto la strada di De Niro o Pacino che si sono guadagnati il loro posto al cinema, io ero un’anomalia, quello di cui tutti si chiedono: “E questo chi è? Che credenziali ha?”. Al massimo mi dicevano che andavo bene ma a livello amatoriale. Ma non è così che funziona, se vinci devi prenderti la vittoria e andartene e non stare lì a lamentarti dei critici che esistono da sempre, dai tempi di Antigone!”

Quando hai realizzato questo?

“Quando ho iniziato a perdere. Circa nel 1995 ai tempi di Copland quando feci qualcosa di fuori dalla mia comfort zone. Fu una cosa forte, sono contento di averlo fatto, ma in un certo senso mi mise fuori dal giro. Gli studios non capivano perché avessi fatto quello e non un film d’azione, dicevano “Non ci fa fare bella figura. Hai fatto quel film gratis e allora noi che ti paghiamo a fare?”. Quella fu una brutta spirale per almeno 8 anni”.

Hai scritto qualcosa in quegli anni?

“No”.

Uno iato del genere cosa fa all’ego di un attore?

“Forse è meglio chiedere a mia moglie”.

JENNIFER: “È l’epoca in cui abbiamo avuto voi ragazze, io mi tenevo occupata, lui rimaneva nevrotico, stava chiuso al cinema a guardare film tutto il giorno”.

“Per anni e anni e anni. Pensai che volevo fare un ultimo su Rocky, nessuno voleva produrlo, dicevano che piuttosto la morte. Allora una sera al ristorante incontrammo un tale chiamato Joe a cui piacque la storia e voleva lavorarci”.

E fu mamma a mandare la sceneggiatura a Joe vero?

JENNIFER :“Sì, sono stata io”

“Non è vero, non sei stata tu! Vabbè dai… Te ne darò il merito. Comunque quando la moglie di Joe l’ha letto, ha pianto, quello è il momento in cui tutto è cambiato di nuovo”.

nick lo scatenato

Il rapporto con la commedia

Qual è il peggior film che hai fatto e quale il migliore? Io adoro Nick lo scatenato con te e Dolly Parton

“Beh, quello è stato divertente, del resto è più vicino a chi sono davvero”

Sì, la gente pensa tu sia Rocky, ma in realtà sei Nick lo scatenato. E Oscar di Oscar un fidanzato per due figlie! In realtà sei un tipo da commedia…

“Sai, negli anni ti costruisci una certa immagine. Se ora Clint Eastwood venisse qui e facesse un grandissimo numero comico, non lo so se riderei, perché avrei paura che mi sparasse! E probabilmente molti lo pensano per me, non sono proprio il tipo da commedia. Ma mi ci sono volute un po’ di commedie per capirlo. Le amo, ma sono state un disastro”.

Eppure tu sei il tipo che sa tutto. Mamma è più il tipo che ripara cose e sa come funzionano, ma tu magari sai l’anno in cui Michelangelo ha fatto un certo dipinto.

“È un’intelligenza sporadica frutto di letture al bagno”

Sì, tu hai tipo una pila di 6 libri al bagno

“Magari li uso come carta igienica, ci hai mai pensato?”

Penso che se non avessi mai scritto Rocky, avresti fatto lo stand up comedian, perché dici cose inappropriate e divertenti, secondo me saresti bravo.

“Magari ma c’è gente molto più brava. Per essere un gran comico ci vuole tantissimo lavoro e passare momenti brutti. Ci vuole del tempo in cui pensi di essere una persona orribile. A me piace, ma non è che puoi ribaltare qualcosa che è in giro da 50 anni”

Molto del nostro senso dell’umorismo viene da te. Che è anche il motivo per cui siamo così single, perché nessuno ci prende sul serio e perché molti sono spaventati da te. E del resto quando eravamo piccole ci dicevi sempre che non ci era consentito di sposarci fino ai 45 anni e io davvero ci ho creduto almeno fino ai 16 anni!

“Beh, che c’è di male!? Mi pare una grande idea, che fretta c’è?”

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Il rapporto con le figlie

Com’è vivere in una casa con tutte donne?

“Fantastico”.

Hai 3 figlie, ma ci hai cresciute come dei maschiacci, ci svegliavi tutti i giorni alle 6 per fare flessioni, addominali… Avevamo gli addominali in vista alle elementari! Ma poi ci facevi recitare le poesie ogni giorno in un registratore. Ogni giorno! Nessuna mia amica lo capisce, i papà normali non lo fanno.

“E che fanno i padri normali?”

Ma non lo so, mangiano burro d’arachidi con le figlie?

“Questo fanno?”

Le mie amiche non capivano quando gli dicevo se anche il loro di padre gli facesse recitare poesie in un registratore, tipo Il corvo di Edgar Allan Poe.

“Per essere sicuro che articolaste bene i suoni e le lettere, vi mettevo un fazzoletto davanti, così che vedeste che con l’enunciazione spostavate il fazzoletto da davanti alla bocca”.

Ci hai fatto fare lancio del peso!

“Io volevo farvi fare qualcosa che non avreste mai fatto”.

Ma quando arrivai seconda ad una gara di lancio del peso ti arrabbiasti così tanto da non parlarmi per due giorni, perché ci eravamo allenati per mesi!

“È vero [ride], vi ho fatto fare sport che solitamente le donne non fanno”

Uno dei miei ricordi migliori è di quando mamma era in giro per lavoro, tu mi portavi a scuola, ma solitamente eravamo in ritardo, i cancelli erano chiusi e continuavi a guidare. Andavamo in giro ad esplorare

“Erano avventure. Ho sempre pensato che sì impari di più così, andando in giro e vivendo avventure, che a scuola”.

Però poi per 4 anni ci hai fatto credere che fossi uno di American Idol. Io l’avevo detto a tutti in classe! Eravamo in quinta elementare, stavamo guardando il programma e tu ci dicesti che l’avevi fatto, ma ti avevano impedito di andare avanti perché eri troppo bravo. E noi ci avevamo creduto! Lo raccontavamo a tutti! Solo quattro anni dopo è uscito fuori casualmente che non era vero.

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I fidanzati delle figlie

Io non so immaginare come reagiresti o come ti comporteresti se qualcuno venisse a chiedere la mia mano. Non saresti mai il padre serio, probabilmente gli chiederesti di tirarti il dito e poi faresti una scorreggia.

“No beh, sicuramente vedrei come reagisce in una situazione di stress. Non conosci mai qualcuno fino a che non ci litighi davvero. Lì capisci com’è una persona se è uno che perdona, se è gentile o esplosivo”.

Sì ma intanto tutte le volte che abbiamo mollato un ragazzo in realtà l’hai mollato tu. Hai scritto tutti i discorsi con cui li abbiamo mollati.

“E non mi dispiace per nemmeno uno di loro”

Ma devo ammettere che non so perché sei un vero esperto di questioni d’amore di millennial.

“Io sì che so come liberarmi dei ragazzi”

Ma non solo, sai anche come convincerli ad innamorarsi di noi.

“Ecco questo non dovrei farlo, non dovremmo forzare le persone ad interessarsi a voi, perché poi finisce che scattano per qualche ragione”

Cosa pensi dei ragazzi con cui siamo state?

“Perdenti. No, dai, erano ragazzi carini”

Io sono stata la prima a portare a casa un ragazzo. Ti ricordi cosa hai fatto quando gli hai stretto la mano?

“Sì. Era una stretta di mano dura”

La tua era dura! Sei tu che hai stretto e poi gli hai detto “La prossima volta stringi la mano come un uomo”!

“Forse mi sono lasciato trasportare”

Papà, aveva 17 anni!

“Ne dimostrava di più però, era più alto della media”

Non è vero, era basso!

“Lo era?”

Ad ogni ragazzo che porto a casa per la prima volta dico di stringere la mano con forza perché quello è il primo test.

“Dai scherzo, non è vero, sono bravi ragazzi”

Papà li terrorizzi. Una volta a 19 anni esco con un ragazzo e mi riporta a casa, era il terzo appuntamento e speravo in un bacio alla fine.

“Un bacio da chi?”

Da chi vuoi che sia? Da lui! Arriviamo a casa, ferma la macchina, alza lo sguardo e ci sei tu sul balcone, non ci sono luci, solo una dietro di te, quindi si vede solo la silhouette nera che ci guarda. Ed è stata l’ultima volta che l’ho visto, non mi ha mai richiamato.

“Si chiama retroilluminazione”.

Per te tutto riguarda sempre te. La cosa peggiore che tu abbia fatto è stata farti un account instagram.

“Invece mi piace. E sto per sbarcare su Tik Tok”.

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