Qualche settimana fa, in un’intervista con Esquire, Idris Elba diceva di essere stanco delle etichette e di essere incasellato nella categoria di “attore nero”, lasciandosi a uno sfogo sulla questione:

In quanto umani, siamo ossessionati dalla razza, ma questa ossessione può minare le aspirazioni delle persone e la loro crescita. Certo, si dovrebbe parlare di razzismo. Il razzismo esiste, ma dalla mia prospettiva diventa più potente se glielo permetti. Ho smesso di definirmi “attore nero” quando ho capito che mi incasellava. Dobbiamo crescere, è necessario. La nostra pelle non rappresenta nulla, è solo pelle. Fine sfogo.

In una recente intervista con The Guardian, l’attore ha parlato dei “pericoli” dei social:

Oramai ho 50 anni e capisco la paura di dire troppo, di dire più del voluto. In quest’epoca che viviamo è davvero difficile avere un’opinione se sei una figura pubblica, perché ogni singola parola viene esaminata fino all’estremo, presa fuori contesto e buttata in qualche discussione da bar sui social media.

E ha poi fatto riferimento alle reazioni alla sua intervista per mostrare quanto i social possano essere “incubatori di conflitto”:

È una mia prerogativa decidere di non definirmi attore nero. Mia, di nessun altro. Perciò su quali basi la gente si permette di dire che sto “negando la mia identità nera”?. Ma vi pare? Dove l’avrei negata? E per cosa? È tutto così stupido.

Rivedremo Idris Elba in Luther: Verso l’inferno, il film che prosegue la storia della serie cult che arriverà su Netflix il 10 marzo.

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